
I titoli sotto cui si venera la Madonna sono svariati e talvolta fantasiosi, ma sapevate che esiste anche una Madonna delle Galline?
Sotto questo titolo, la Madre di Gesù si venera a Pagani in quel di Salerno, per una ragione che affonda le sue origini nella leggenda e nella storia.
La Madonna delle Galline fra storia e leggenda
Una antica tradizione vuole che, in una chiesa sui monti ormai fatiscente, fosse custodita una tavola lignea raffigurante la Madonna del Carmine. Una notte, il sacrestano sognò che la Madonna gli chiedeva di dire al prete di riparare la chiesa, altrimenti sarebbe andata in un paese dove le avrebbero voluto bene anche le galline. Il prete non volle saperne. Dopo di che si scatenò un forte temporale e il fango trascinò via il quadro seppellendolo a valle. Nel Cinquecento, in un giorno dell’ottava di Pasqua, alcune galline, razzolando, riportarono alla luce questa piccola tavola lignea.
La tavola fu posta in un locale della parrocchia di S. Felice adibito a spogliaturo (spogliatoio), ma nel 1609 uno storpio, che si era addormentato lì davanti, vide in sogno la Madonna che lo invitò ad alzarsi e a gettar via le stampelle: era guarito. Si racconta che fra il 1609 e il 1610 si siano verificati altri sette miracoli che attirarono l’attenzione dei fedeli e la loro devozione alla Madonna del Carmine, ribattezzata Madonna delle Galline.
Si iniziò allora a costruire una chiesa più degna grazie alle generose offerte del popolo devoto, e nel 1615 la nuova chiesa era già realtà. In essa l’immagine miracolosa rimane sempre esposta sull’altare, mentre la statua lignea successivamente creata a scopo processionale resta velata.
I festeggiamenti
A Pasqua, per effettuare i preparativi della festa, si chiudono le porte del santuario, poi solennemente riaperte ad iniziare i festeggiamenti.
La festa religiosa si svolge la Domenica in Albis portando in processione la statua della Madonna del Carmine cui i devoti offrono galline, ma anche anatre, colombe, tacchini, pavoni o gallinelle, insieme a dolci o torte rustiche. È uso che le mamme avvicinino i loro bambini alla Vergine, affinché li protegga. I pennuti stanno appollaiati, imperterriti, sul capo, sulle braccia e ai piedi della statua. Davanti alla basilica di Sant’Alfonso avviene il rito dello scambio: la statua della Vergine riceve in dono dai Padri Redentoristi una coppia di galline, secondo la tradizione cui dette inizio lo stesso sant’Alfonso, che riceve a sua volta il dono di due colombe. Dopo la celebrazione eucaristica, la processione torna al santuario, dove si canta il Magnificat.
L’intera festa è accompagnata dalla tammurriata, dal Venerdì in albis all’alba del lunedì successivo. La tammorra è un tamburo a cornice, i cui suoni cupi sono sintonizzati con quelli più alti delle nacchere,
All’alba del lunedì, i tammorrari si recano in corteo al santuario, dove depositano i loro strumenti ai piedi della Vergine e tornano indietro senza mai voltare le spalle all’altare, intonando l’antico canto popolare Madonna de la Grazia.
La storia

Questa è la leggenda accompagnata dal fervore del paese, tutto degno di rispetto. Tuttavia mi chiedo: la vera storia qual è?
Animali che ritrovano immagini e le venerano
È un tema ricorrente agiografico che siano gli innocenti, animali, bambini o infermi, a ritrovare immagini miracolose; ad indicare che Dio si rivela ai poveri, agli umili, ai semplici. Il ritrovamento della bella immagine della Madonna di Montenero, patrona della Toscana, è attribuita ad un pastore storpio nel 1345; la Madonna di Sorso in Sardegna, detta Noli me tollere (perché miracolosamente non riuscirono a toglierla dal luogo del ritrovamento), si fece scoprire nel 1208 da un giovane muto.
Ritrovamenti da parte di animali
Ma sono soprattutto gli animali che appaiono degni di ritrovare le immagini sacre. Nel caso della Madonna del Frassine, nei pressi di Massa Marittima, il ritrovamento della statua miracolosa si attribuì alla devozione di un bue, o vitello, che ogni giorno si staccava dalla mandria per andare nascostamente a venerarla.
Nel 1501 dei cani da caccia scoprono e segnalano abbaiando ai padroni l’esistenza, nel mezzo di una quercia, del quadro della Madonna della Sughera. Questo avvenne presso Tolfa a una ventina di chilometri da Civitavecchia. La Madonna della Strada a San Lorenzo Maggiore in provincia di Benevento fu trovata da un cane che era andato ad abbeverarsi ad una pozzanghera,
La statuetta della Madonna di Monte Lussari fu trovata nel 1360 in un cespuglio da un intero gregge di pecore, che lasciarono il loro pastore per andare ad inginocchiarsi intorno all’immagine della Vergine con il Bambino. Il luogo è significativo perché, trovandosi al confine fra tre stati, è meta di pellegrinaggio di persone di lingua neolatina (fa parte del comune di Tarvisio), tedesca (Austria) e slava (Slovenia): un vero condensato di Europa.
Anche il ritrovamento dell’immagine della Madonna della Coltura, a Parabita in Puglia, nel Trecento, fu dovuto ad una coppia di buoi che, arando, si inginocchiarono nel punto in cui fu scavata l’immagine; stessa cosa per il SS. Crocifisso di Castagneto Carducci e per la Madonna della Pace a Giugliano.
La Madonna dei Serpenti
Esiste anche una Madonna dei serpenti a Markopoulo sull’isola greca di Cefalonia: per una quindicina di giorni (dalla solennità della Trasfigurazione, il 6 agosto, a quella della Dormizione di Maria, il 15), i serpenti velenosi escono dai boschi e cominciano a strisciare ovunque nella chiesa, e in particolare intorno ad un’icona della Vergine Maria. Il 6 agosto è, per questo, la festa della Madonna dei serpenti (un video QUI).
La leggenda vuole che, nei primi anni del XVIII secolo, le monache minacciate dagli attacchi dei pirati turchi fossero difese da numerosi serpenti per liberarsi dei quali i pirati appiccarono un incendio che distrusse il convento e buona parte del villaggio; dall’incendio si salvò soltanto un’icona d’argento della Vergine Maria. Gli abitanti decisero allora di costruire una chiesa sulle rovine, e durante la consacrazione della chiesa notarono sul campanile molti serpenti che scesi a terra si radunarono tutti intorno all’icona della Madonna, e alla fine della celebrazione si allontanarono, tornando da dove erano venuti.
La storia. Madonna delle Galline o del Magnificat?
Che icone sacre nei secoli VIII-IX siano state portate in Italia dai monaci fuggiti dall’Oriente per salvarle dall’iconoclastia è un fatto storico. Nel sud Italia la cultura bizantina, con l’uso della lingua greca, è rimasta più a lungo: a Salerno, fino al 646, quando i bizantini sono stati sconfitti dai Longobardi. Nel frattempo si è verificato anche un fenomeno linguistico di intreccio tra greco, latino e dialetto italico. Nei secoli, a Pagani, è stata tramandata la devozione alla «Madonna di galini», forse senza capirne più il significato. Quando una espressione non si comprende più, si cerca di avvicinarla a qualcosa di più familiare: così si è costruito il racconto delle galline che trovano il quadro della Madonna, perché la parola più vicina a “galini” è proprio “galline”.
Μεγαλύνει: Il Magnificat
Ma se invece di essere la Madonna «di galini» fosse la Madonna del «megalini»? Infatti, «Megalini» è la pronuncia bizantina del termine greco Μεγαλύνει («megalynei»), la prima parola di quello che noi chiamiamo Magnificat (Lc 1,46): Μεγαλύνει ἡ ψυχή μου τὸν Κύριον, («Magnifica l’anima mia il Signore»). Così la Madonna del (Me)galini, cioè del Magnificat, è diventata la Madonna delle galline.
Per quanto sia simpatico pensare alle galline che razzolando portano allo scoperto l’immagine miracolosa, dobbiamo riconoscere che la realtà storica possa essere quella della «Madonna del Magnificat», divenuta, per uno strano ma comune fenomeno linguistico legato ad un grecismo, la «Madonna delle Galline». Tra l’altro, il Magnificat è proprio il canto che conclude la processione in basilica.
Devo questa ricostruzione al gesuita padre Domenico Marafioti, docente presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (fonte: https://www.insiemenews.it/2021/04/10/madonna-delle-galline-o-madonna-del-megalini/) che conclude:
«Allora, usando il linguaggio popolare, bisogna ringraziare la Madonna delle Galline che ci ha conservato la memoria della Madonna del Megalini, del Magnificat. Non c’è spazio per sorrisi più o meno ironici, non c’è posto per l’aria di sufficienza degli intellettuali accondiscendenti verso il popolo ignorante, la Madonna del Megalini è una perla preziosa della pietà cristiana e della spiritualità mariana».