
Madonna della Neve… che strano titolo, per una festa che ricorre il 5 agosto! È proprio questo il bello, il fatto che la neve sia giunta, a Roma, in un giorno in cui proprio non ci dovrebbe essere.
La ragione è precisa: il titolo (Sancta Maria ad Nives) è legato a quello della basilica romana di Santa Maria ad Nives sul colle Esquilino, il più antico santuario mariano dell’Occidente. In questo luogo avvenne il miracolo della nevicata che ispirò a papa Liberio la fondazione della chiesa, poi ricostruita da papa Sisto III nel 432 sul sito dell’antica basilica liberiana e intitolata alla Vergine che il concilio di Efeso aveva solennemente proclamato «Madre di Dio» (Θεοτόκος, Theotókos). Quando Santa Maria ad Nives fu ricostruita da Sisto III, nessuna chiesa romana raggiungeva la grandezza del nuovo luogo di culto. Infatti, qualche decennio dopo, le fu dato il titolo di Basilica di S. Maria Maggiore per indicare la sua prevalenza su tutte le chiese dedicate alla Madonna. Nei secoli seguenti subì vari interventi di restauro, fino a giungere nel 1750 alle forme architettoniche attuali.
Nel frattempo il culto della Madonna della Neve era andato sempre più avvalorandosi. Fra il XV e il XVIII secolo si ebbe la massima diffusione delle chiese dedicate alla Madonna della Neve. Oggi in Italia esistono 152 chiese intitolate alla Madonna della Neve. La massima concentrazione è in Piemonte (31), Lombardia (19), Campania (17: nel napoletano il culto è molto accentuato). A Roma, il 5 agosto, il miracolo viene ricordato durante la celebrazione liturgica con una pioggia di petali bianchi di rosa dalla cupola di S. Maria Maggiore.
La leggenda
Secondo la leggenda, nella notte tra il 4 e il 5 agosto 364 la Madonna apparve in sogno a papa Liberio (un’altra versione afferma che apparve anche a un certo Giovanni, un ricco patrizio che poi riferì il sogno al papa e finanziò la costruzione della chiesa) chiedendogli di costruire una cappella nel luogo in cui il mattino seguente avesse trovato della neve fresca. Durante la notte si ebbe una miracolosa nevicata sul colle Esquilino, e nella zona precisa in cui la neve si era posata venne edificata la cappella.
Il santuario della Madonna della Neve di Lacona (isola d’Elba)

Dei cinque santuari principali presenti all’Elba, quattro sono mariani, e la loro costruzione – ricostruzione risale al Cinquecento, periodo in cui essa fu resa necessaria dalla devastazione portata dai saraceni di Barbarossa e Dragut che praticamente distrussero tutte le chiese romaniche dell’isola. Così, sopra Marciana troviamo la Madonna del Monte; nel territorio di Capoliveri la Madonna delle Grazie; presso Porto Azzurro la Madonna di Monserrato, santuario legato alla fondazione della colonia spagnola; il quarto santuario, questa volta dedicato a S. Caterina di Alessandria, è situato invece nel comune di Rio; infine, la Madonna della Neve a Lacona.
Questi santuari sono stati costruiti in luoghi appartati e non, come le pievi, sugli antichi percorsi di epoca romana, vicino ai borghi. La chiesa della Madonna della Neve sorge sulla cima di una collinetta in località Lacona, nel comune di Capoliveri. L’edificio attuale presenta le caratteristiche di un rifacimento settecentesco, ma la struttura originaria, romanica, risale al XII secolo, ovvero al periodo pisano.
Per una testimonianza del 1888, QUI.
IL DIPINTO

Sull’altare è custodito il dipinto che ha dato il nome al santuario e che raffigura la Madonna con in braccio il Bambino, che tiene nella mano sinistra il Vangelo e con l’altra indica la stella posta sul manto della Madre. Esso vuol celebrare il miracolo della nevicata sul colle Esquilino a Roma il 5 agosto del 364, episodio che dette origine alla fondazione della chiesa di Santa Maria della Neve sotto il pontificato di papa Liberio. Nella parte bassa si scorgono due stemmi, forse riguardanti i donatori del dipinto. L’autore è un certo Marco Aritti, e l’attuale dipinto fu realizzato alla metà del Seicento, quando l’edificio fu restaurato e l’altare ricostruito.
Di ciò rimane anche una significativa testimonianza di Coresi Del Bruno governatore di Portoferraio:
«Il quadro di questa [chiesa] dalla lunghezza del tempo era disfatto, fu dal signor Grifoni governatore di Portoferraio fatto rifare nell’anno 1650 con l’immagine di Nostra Signora, al presente detta Madonna dell’Acona nella qual chiesa si fa festa il dì 5 agosto, concorrendovi devotamente molti popoli di quest’isola».
La popolazione, evidentemente, era attaccata al «suo» quadro. Vincenzo Paoli racconta sulle pagine dell’«Elba illustrata»: «Il dott. Alessandro Foresi, possidente cospicuo del piano [di Lacona], mosso dalla bruttura del sacro dipinto e da un impeto liberale verso i Laconesi, commise una tela consimile all’insigne pittore fiorentino Antonio Ciseri. Ma il giorno che l’opera egregiamente compiuta doveva essere sostituita, i beneficianti si ribellarono concordi e impedirono il baratto, sospettando il Dottore di volersi appropriare una Madonna così prodiga di grazie per mettercene un’altra che non sarebbe probabilmente stata buona a nulla».
La storia del santuario
Per quanto riguarda le origini, la fondazione della chiesa fu attribuita ai discepoli di san Giovanni Gualberto oppure ai monaci di Montecristo, ma non vi sono conferme storiche.
Come in molte chiese romaniche, nella parete longitudinale meridionale si apriva una porta secondaria, che è tornata alla luce con l’intervento del 1951. La facciata è sobria e senza particolari decorazioni; non risulta che l’edificio romanico fosse dotato di decorazioni scultoree del tipo di S. Stefano alle Trane o architettoniche come la pieve di S. Michele. Il santuario è costituito da un’unica navata a pianta rettangolare, di 13 metri per 7,4. Nella parte sud si trova l’attuale campanile, alto circa sette metri, con tetto a piramide sormontato da una croce; nell’impianto originario era probabilmente rappresentato dal consueto campanile a vela.
La chiesa romanica fu rifondata nella seconda metà del XVI secolo e da allora subì numerosi interventi strutturali. Alla metà del Seicento, sotto il governatore di Portoferraio Pietro Grifoni, fu sostituito l’altare, ricostruito il presbiterio e fondato il romitorio. Infine fu commissionato il nuovo quadro a Marco Aritti. L’altare è adesso in stile barocco, ricco di stucchi e decorazioni, in sostituzione dell’ordinaria mensa a colonnini. È formato da due colonne laterali che sorreggono un timpano curvilineo sopra il quale si trova il monogramma mariano, coronato, tra due statue di cherubini.
Il romitorio
La sagrestia fu ricostruita sui resti di un edificio molto più ampio adibito a romitorio, originariamente composto da una cucina, due stanze e due cantine. Il santuario era infatti affidato alle cure di romiti, di solito due, nominati dal magistrato di Capoliveri. Vestivano poveramente e vivevano con le questue e le vendite di vino e grano ricavati dai terreni in dotazione al santuario. Disponevano di una cantina con due tini e cinque botti, tre saccate di vigna e altre due di grano.
Nel XVII secolo si registrano molte donazioni al santuario. Il 27 aprile 1779 il luogo sacro è meta di una grossa processione di capoliveresi, per implorare la Madonna di far terminare una lunga siccità. Nel 1793, l’11 giugno, i due anziani romiti furono uccisi a scopo di furto da due soldati della guarnigione napoletana di Longone. Fra Settecento ed Ottocento le truppe inglesi e poi quelle francesi si muovevano nel territorio e pare che anche il santuario venisse saccheggiato; i romiti vi tornarono solo con la Restaurazione. L’ultimo fu Giuseppe Tosi, nel 1817. Da allora la chiesa passerà in custodia alla parrocchia di Capoliveri.
I restauri
Alla metà dell’Ottocento fu ricostruito il campanile. Nel 1890 venne aperta una finestra nella facciata, rifatto il pavimento e rinforzate le muraglie, a causa di cedimenti. Il restauro nel 1951 ha riportato alla luce gli antichi resti dell’edificio romanico, come il muro sulla parte sud caratterizzato dai tipici filari di conci ben sbozzati e le tracce di una porta secondaria sulla parete centrale. Dalle fondamenta si rilevò che la struttura medievale era lunga 9,75 e larga 5,25 metri; aveva un’abside dal raggio esterno di 1,83 metri, era mononavata ed era caratterizzata dal tipico orientamento est-ovest. Fu demolito gran parte del romitorio ormai pericolante e ristrutturata la sacrestia, ricostruito il campanile dopo che un fulmine lo aveva danneggiato, e restaurati dipinto e decorazioni. Agli inizi degli anni 1970 fu ricostruito il tetto, e nel 1996 furono consolidate le strutture murarie e ricostruita la sacrestia.
Fonti principali:
I. Moretti – R. Stopani, Chiese romaniche all’isola d’Elba, Salimbeni, 1972;
Luigi Maroni, Guida alle chiese romaniche dell’isola d’Elba, Pacini, 2004, da cui è tratta anche qualche foto;
Casini – Maetzke – Trotta, La chiesa della Madonna della Neve a Lacona, Alinea ed., 1988.