
Sedici mesi di guerra! Si afferma sempre di più, per gli attacchi aerei, l’uso dei droni che, utilizzati da cinquant’anni (dalla Guerra del Kippur), stanno adesso dimostrando di essere mezzi di distruzione economici e sicuri. Sembra quasi un gioco.
La guerra con i droni
Infatti, secondo l’Institute for the Study of War, il gruppo russo di mercenari Wagner sta ingaggiando appassionati di videogiochi esperti in simulazione di volo (età ideale compresa tra i 21 e i 35 anni, in buona forma fisica) per lavorare come specialisti di droni, nel tentativo di espandersi nuovamente dopo le pesanti perdite fin qui subite sul campo di battaglia. Le reclute, dicono gli appelli, non hanno bisogno di alcuna esperienza precedente di combattimento. Riceveranno un addestramento con istruttori ben preparati, l’assicurazione sanitaria e sulla vita, un equipaggiamento moderno e la garanzia di avere tutti i pagamenti promessi.
Comoda – no? – la guerra con i droni. Si mandano all’attacco velivoli senza pilota, ed a morire sono solo le persone oggetto dell’attacco, nella fattispecie, in Ucraina, i civili. Una guerra pulita da parte di chi attacca: il drone si comanda da remoto, senza rischi per i mandanti. Sui civili, però, la guerra mostra ugualmente il suo volto orribile.
«A Taste of Armageddon»

Ora, sarà fuori luogo, ma il pensiero mi va ad un episodio di Star Trek, A Taste of Armageddon, il 23° della prima stagione (1967).
In questo episodio, il mitico equipaggio dell’Enterprise, intento a compiere una missione di pace, capita sul pianeta Eminiar VII, in cui apparentemente tutto è tranquillo, per scoprire invece che sorprendentemente lo stesso pianeta è in guerra da quasi 500 anni con un altro pianeta, Vendikar, guerra che è tuttora in atto e miete vittime in continuazione. Ma non si sentono esplosioni, non si rilevano radiazioni, tutto sembra pacifico… Finché il signor Spock non comprende che la guerra c’è, in effetti, ma avviene attraverso i computer!
Eh sì, questi due pianeti ferocemente avversi hanno trovato un modo pulito per farsi la guerra. La fanno alla scrivania, con i computer, aggredendosi e colpendosi virtualmente, senza danneggiare minimamente le strutture edilizie, l’ambiente naturale, la civiltà insomma… Una specie di battaglia navale, come la giocavamo da bambini, «B 4, colpito e affondato!».
Viene così rimosso il volto orrendo della guerra, ma non il costo di vite umane, perché coloro che sono stati dichiarati colpiti e uccisi devono presentarsi entro 24 ore alle cabine di disintegrazione per essere eliminati – anche questo in modo lindo, asettico, senza brutture. Se così non facessero, il nemico lo verrebbe a sapere, e scatenerebbe una guerra con armi vere, cui Eminiar VII dovrebbe rispondere. Le popolazioni andrebbero, allora, distrutte con le loro civiltà e con i loro pianeti.
Mentre sull’Enterprise e sul suo equipaggio pende la minaccia della totale distruzione, l’ambasciatore Fox non riesce a credere che ciò non sia scongiurabile con trattative diplomatiche, e ordina all’ufficiale in comando, l’ingegnere capo Scott, di abbassare gli scudi e farlo scendere sul pianeta. Scott, subodorando un inganno da parte degli abitanti del pianeta, rifiuta di obbedire a costo di dover poi affrontare la corte marziale per insubordinazione.
Un particolare curioso: nel suo grado di tenente della Royal Canadian Artillery, l’attore James Doohan, che in Star Trek impersona Scotty e che nella realtà storica partecipò allo sbarco in Normandia, venne minacciato davvero di essere deferito alla corte marziale per aver risposto ad un colonnello «No signore, non lo farò» perché l’ordine ricevuto avrebbe messo in pericolo la vita dei suoi uomini. Ma i superiori presero le sue parti e, come il personaggio interpretato, non andò sotto processo, anzi alla fine venne promosso capitano.
Una guerra senza maschere
Non entro nei dettagli della storia, ma come andrà a finire? Va a finire che il capitano Kirk riesce a distruggere tutti i computer da combattimento, scatenando una vera guerra, raccapricciante, senza maschere… così atroce che l’idea della sua possibilità spaventerà i due pianeti e questi inizieranno ad intendersi per negoziare la pace.
È questa realtà agghiacciante, non più resa asettica, impersonale, dai computer, a convincere gli schieramenti nemici a negoziare. «Morte, distruzione, malattia, orrore. Questo è ciò di cui è fatta la guerra, Anan. Questo è quello che la rende qualcosa da evitare». Così dice il capitano Kirk ad Anan 7, il governatore del pianeta. E Anan 7, riconoscendo al suo pianeta e alla Terra la comune matrice della guerra: «Prima un assassino, poi un costruttore. Un cacciatore, un guerriero. E, siamo onesti, un omicida. È la nostra eredità comune, nevvero?». Ma questa scelta non è obbligata. «Possiamo ammettere di essere stati assassini, ma ora non vogliamo più uccidere. È questa la soluzione», mette in guardia Kirk.
Al suo modo anche semplicistico e ingenuo, questo episodio offre una sorte di riflessione sulle atrocità della guerra (una scena QUI).
Secondo lo scrittore di fantascienza David Gerrold, che figurava tra gli autori della serie, i bollettini circa i morti di guerra che il computer forniva in questo episodio erano un riferimento ai numeri reali dei morti della guerra del Vietnam che nel 1967 iniziarono a essere comunicati.
Insomma, sotto il linguaggio fantascientifico e magari anche superficiale, trapela un vero disagio ed una forte preoccupazione per le varie guerre contemporanee, ma anche per la possibilità di una terza guerra mondiale che negli anni Sessanta sembrava ancora pericolosamente plausibile. Si poteva esprimere questo clima con tanta maggiore profondità: si pensi a Fahrenheith 451 di Ray Bradbury (1953), ad esempio, o ad Un cantico per Leibowitz di Walter M. Miller (1959). Ma anche questo spunto di riflessione nell’universo trekkiano si rivela interessante: la rimozione degli aspetti orripilanti della guerra, l’acquisizione di una maschera di nettezza e logicità, non cancellano la volontà di potere né le potenzialità di distruzione. Guerra con i droni? La vita è un gioco?