La Bibbia dall’ABC. L’uscita dal giardino e gli spiragli di salvezza

Cacciata dal paradiso. Mosaici del duomo di Monreale. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3660120

L’uscita dal giardino di Eden è una sorta di autogol. L’adam non può rimanere nel giardino, perché il giardino rappresenta l’amicizia con Dio, che l’adam ha unilateralmente infranta. Ma la situazione non è irrimediabile: l’uomo potrà ricostruire un mondo nuovo riallacciando l’amicizia con Dio.

La consegna delle vesti

Dio non ha maledetto l’adam, opera delle sue mani, e non lo abbandona alla sua nudità, alla sua vulnerabilità. Come un padre di famiglia, provvede le vesti per i suoi figli. La consegna delle vesti appare come una prosecuzione della protezione divina, sia dalle intemperie, sia dalla reciproca vergogna. Dio copre la vergogna degli uomini, consentendo loro una nuova possibilità di comunanza.

Questo è, in realtà, il terzo spiraglio di luce. Il primo era rappresentato dal Protovangelo (Gn 3,15), e il secondo dal nome imposto alla donna: Eva, Chawwah, viene spiegato dal testo col significato di «Madre di ogni vivente», e in effetti significa «Vita» (chaj). Si è però fatto notare che in aramaico (la prima lingua parlata dagli ebrei) «chewja’» vuol dire serpente, e quindi forse vi è anche un amaro gioco di parole per assonanza, intelligibile solo a quell’epoca: la vita continua attraverso la donna che ascoltò il serpente

L’uscita dal giardino

La porta del palazzo di Sargon custodita da cherubini. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=49671684

Dunque, l’adam non può rimanere nel giardino che è l’amicizia con Dio; il suo è un autogol. Il Signore lo invia sulla terra da cui è stato tratto. Ci sarà però un ritorno: si ricordi che nel IV Vangelo è in un giardino che il Risorto si manifesta alla Maddalena nelle vesti (così crede lei) del Custode del giardino stesso. Ci sarà un ritorno nel giardino, perché il Custode lo riaprirà all’adam. Ma intanto il giardino rimane sbarrato.

A difesa del giardino sono posti i cherubini e la fiamma della spada sfolgorante (accanto ad essi, non in loro mano).

Kerûb, cherubino, probabilmente deriva dal verbo accadico karabu = intercedere, pregare; in Mesopotamia il Karibu = intercessore è spesso il dio o la dea che presenta alla divinità principale la preghiera del fedele. Nei templi, è associato ai geni alati (shedu, lamassu) che vi montano la guardia.

Iconograficamente, i kerubîm sono dei colossi in forma di tori o leoni alati con faccia umana, che fanno la guardia ai templi e ai palazzi; però possono essere anche rappresentati come leoni androcefali ed alati che affiancano un albero (di solito una palma) e spesso ne mangiano i frutti. Questo motivo si trova largamente diffuso in Siria, Palestina e nell’Arabia meridionale preislamica.

La fiamma della spada sfolgorante è raffigurata in Mesopotamia come un fulmine a zig zag: il fulmine di bronzo (bereq siparri), posto sulle mura di una città distrutta, doveva impedirne la ricostruzione (cilindro di Tiglatpileser, 1100 a.C.).