
L’upupa: si può vedere anche a Piombino il suo magnifico volo. Sì, a Piombino, in città, nella zona verde dell’Immacolata. Un frullo di arancione e di nero nell’azzurro del cielo.
È un simpatico frequentatore del giardino e del parco dell’Orto dei Frati.
La sua presenza non è inconsueta, tuttavia rallegra sempre vedere questo animaletto coloratissimo becchettare il terreno pieno di gioia di vivere, in barba alla lugubre fama perpetuata dai Sepolcri del Foscolo che ne fanno un funereo abitatore notturno di antichi cimiteri dal luttuoso singulto.
Un animale solare

In realtà, l’Upupa epops (sciogliamo il dilemma: si dice ùpupa, parola sdrucciola con l’accento sulla prima sillaba) è uno dei più appariscenti e solari abitatori dei nostri cieli, e giustamente lo riabilita Montale:
«Upupa, ilare uccello calunniato dai poeti,
che roti la tua cresta sopra l’aereo stollo del pollaio
e come un finto gallo giri al vento;
nunzio primaverile, upupa,
come per te il tempo s’arresta,
non muore più il Febbraio, come tutto di fuori
si protende al muover del tuo capo,
aligero folletto, e tu lo ignori»
(Ossi di seppia).
Solare è il suo colore arancione, vivacemente striato di bianco e di nero, ed esuberante è il ciuffo di penne che gli si apre sul capo a ventaglio.
La sua fama

La Lipu l’ha scelta a sua icona quale simbolo del riscatto della natura, a preferenza di altri tre concorrenti: il passero solitario, il cavaliere d’Italia e il gruccione.
Animale sacro per i pagani, re degli alati per Aristofane, l’upupa è elencata fra gli animali impuri nella legislazione mosaica, il che significa semplicemente che non è commestibile; si rivarrà sulla cattiva fama venendo proclamata nel 2008 da Shimon Peres quale animale simbolo dello stato di Israele sulla base di un referendum popolare.
È nel medioevo che l’upupa rimane vittima della superstizione divenendo uccello del malaugurio; tuttavia, come rovescio della medaglia, viene additata nei bestiari come modello di pietà filiale, in quanto secondo il Fisiologo quando i genitori invecchiano se ne prende cura, li riscalda sotto le ali, toglie loro le penne vecchie e li riporta alla giovinezza.
Adesso, pienamente riscattata, l’upupa è tornata ad essere per noi annunziatrice di buona stagione, dato che al pari della rondine fa ritorno nelle nostre terre a partire da marzo, dopo avere svernato in Africa. E se la rondine ripulisce l’aria dall’eccesso di insetti come le zanzare, l’upupa fa la sua parte nel terreno, in quanto si nutre di insetti potenzialmente pericolosi come le larve di processionaria. Bentornata upupa!
La sua scheda

Per chi lo vuol vedere in azione: QUI (video di repertorio).
Qui, invece, una coppia ripresa a Bologna:
Nome: dal latino, onomatopeico (per il richiamo ritmato trisillabico dei maschi hup – hup – hup).
Habitat: Amante degli spazi aperti e dei climi miti, occupa un areale estremamente vasto in Europa, Asia ed Africa., Nelle aree temperate migra in autunno verso siti più caldi; in quelle tropicali e subtropicali è stanziale.
Dimensioni: Lunghezza 25–32 cm, apertura alare 44–48 cm, peso fra i 46 e gli 89 grammi.
Comportamento: diurno. Quando passa un rapace, l’upupa si appiattisce al suolo aprendo ali e coda, in modo da confondersi con il terreno. Può assumere lo stesso atteggiamento per prendere un bagno di sole.
Alimentazione: l’upupa è prevalentemente insettivora.
Riproduzione: il nido è una semplice cavità negli alberi o fra le pietre. Nella nostra zona climatica la covata può essere giungere anche a 12 uova. La cova dura da 15 a 18 giorni ed è effettuata esclusivamente dalla femmina, nutrita regolarmente dal maschio. Durante la cova, la femmina secerne un liquido maleodorante che spande sulle penne per tenere lontani gli intrusi. Stessa cosa fanno i nidiacei dalla nascita fino a tutto il primo mese di vita. Dal sesto giorno sono in grado di assumere la posizione di difesa a ventaglio. I piccoli si involano verso la quarta settimana di vita, restando coi genitori per un’ulteriore settimana durante la quale continuano ad essere imbeccati. Generalmente l’upupa porta avanti una sola covata l’anno,nei climi più caldi due.