Secondo la cronologia di Marco, la domenica precedente alla Pasqua Gesù entra in Gerusalemme, il lunedì scaccia i mercanti dal tempio, il martedì sostiene delle controversie e pronuncia il discorso escatologico. Siamo adesso al mercoledì, e secondo la cronologia di Marco tra due giorni sarà Pasqua, in coincidenza con il 14 Nisan.
Verso la Pasqua
14 1Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturarlo con un inganno per farlo morire. 2Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».
La morte di Gesù viene decisa, e stabilita prima del giorno della festa, «perché non ci sia un tumulto di popolo», da sommi sacerdoti e scribi, quindi dagli esponenti di rilievo del Sinedrio. Il sommo sacerdote in carica era uno solo, Caifa, dal 18 al 36, ma così venivano chiamate le grandi famiglie sacerdotali. Gli scribi invece erano gli specialisti della legge.
La Pasqua è evocata con la menzione degli Azzimi (il pane a-zymos, non lievitato): torna anche qui, pertanto, il tema del pane che è centrale in quanto Marco gli dedica la sezione 6,1-8,26.
Il pane della Pasqua non contiene lievito perché il lievito è fattore di corruzione; tale immagine era già stata usata da Gesù per esprimere l’ipocrisia. Sarà l’ipocrisia, di chi baratta la vita di un innocente per calcoli politici, a condurre a morte, e a morte di croce, Gesù, e sarà il pane senza lievito della Pasqua la forma in cui il Signore resterà presente ai suoi.
A Betania una donna, di cui solo Giovanni ci dice il nome, Maria sorella di Marta e di Lazzaro, compie su Gesù un gesto che da alcuni (in particolare Giuda, ci dice ancora Giovanni) viene giudicato un inutile spreco e un’offesa ai poveri.
L’unzione di Betania (14,3-11): il testo
14 3Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. 4Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? 5Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
6Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. 7I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. 8Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».
10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. 11Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.
L’unzione di Betania: non è uno spreco ma un gesto d’amore
È un gesto d’amore, invece, compiuto dalla donna (che Marco lascia nell’anonimato) spezzando l’anfora (comporta, dunque, una frattura, un sacrificio) contenente un profumo di nardo puro preziosissimo. Marco e Giovanni ne riportano il prezzo presumibile, più di 300 denari ovvero il salario di oltre dieci mesi di lavoro, che per un pasto basterebbe a sfamare migliaia di persone. Sembrerebbe, se messa in confronto con la moltiplicazione dei pani (6,35-44), una moltiplicazione mancata: 200 denari avrebbero sfamato cinquemila famiglie e ne sarebbe avanzato, 300 ancora di più… Questi calcoli, che Marco sinteticamente riporta, non sono certamente un caso. Con la moltiplicazione dei pani, Gesù ha sfamato i poveri partendo dalle povere cose disponibili ai discepoli. Adesso, i discepoli gli negano il contraccambio: in questo momento, il più povero dei poveri è Gesù, che sta andando alla morte.
Nella loro beata incoscienza, i discepoli pensano che la situazione del momento duri per sempre, come Pietro aveva desiderato trattenere Gesù con Mosè ed Elia sul monte («è bello per noi stare qui!»), e gli vogliono anche lesinare le spese. L’amore, invece, non bada a spese, e Gesù lo accetta nella sua generosa prodigalità, come da il Diletto del Cantico dei cantici.
Un gesto eucaristico
Ma Gesù legge il gesto anche profeticamente: questo gesto d’amore prelude in realtà alla sua sepoltura, è connesso al mistero del Crocifisso risorto, e perciò sarà fatto conoscere ovunque sarà predicato il Vangelo. Maria di Betania è da lui costituita «apostola»: non con le parole, ma con i gesti, con la vita.
L’atto della donna, infatti, è già un atto eucaristico: rompe il vaso (syn–tribo) e versa il profumo (kata–cheo) come durante la Cena Gesù spezzerà il pane (klao) e verserà il suo sangue (ek–cheo).
A questo punto, dinanzi all’annuncio simbolico che Gesù sta andando alla morte (l’unzione) e che il discepolo deve spezzare la sua vita seguendolo (la rottura dell’anfora), precipita la decisione di Giuda che si accorda con i sommi sacerdoti per consegnare in mano loro Gesù. Marco non ci informa minimamente sulla ragione di tale decisione.