
Erroneamente si pensa che Israele, in quanto popolo eletto, credesse di avere la salvezza tutta per sé. È invece molto chiaro, soprattutto nei profeti, l’universalismo della salvezza.
Nel cap. 19 del libro di Isaia, di cui abbiamo precedentemente citato un passo (QUI), l’universalismo di Isaia è espresso mediante la descrizione di una storia della salvezza per l’Egitto, oppressore storico del popolo di Israele, che vivrà in armonia con il tradizionale nemico, l’Assiria.
Il testo
19,16 In quel giorno gli Egiziani saranno come femmine,
tremeranno spaventati di fronte alla mano
che il Signore degli eserciti agiterà contro di loro.
17 Il paese di Giuda diventerà un terrore per l’Egitto;
ogni volta che Giuda sarà ricordato, se ne avrà timore
a causa del progetto che il Signore degli eserciti
ha formato contro di esso.
18 In quel giorno vi saranno in Egitto cinque città
che parleranno la lingua di Canaan
e giureranno per il Signore degli eserciti;
una di queste si chiamerà Città del sole.
19 In quel giorno vi sarà nel mezzo del paese di Egitto
un altare dedicato al Signore,
presso la sua frontiera una stele in onore del Signore.
20 Ci sarà un segno e una testimonianza
per il Signore degli eserciti nel paese di Egitto.
Quando invocheranno il Signore di fronte agli oppressori,
egli invierà loro un salvatore e un difensore, che li libererà.
21 Il Signore si farà conoscere all’Egitto;
gli Egiziani riconosceranno il Signore in quel giorno;
lo serviranno con sacrifici e oblazioni,
faranno voti al Signore e li manterranno.
22 Il Signore percuoterà ancora gli Egiziani,
li percuoterà, ma poi li guarirà;
si convertiranno al Signore,
che sarà loro propizio e li guarirà.
23 In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto fino all’Assiria.
L’Assiria verrà in Egitto e l’Egitto andrà in Assiria
e gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri.
24 In quel giorno Israele, il terzo con l’Egitto e con l’Assiria,
sarà una benedizione in mezzo alla terra.
25 Il Signore degli eserciti li benedirà dicendo:
«Benedetto sia l’Egitto, popolo mio,
l’Assiria, opera delle mie mani, e Israele mia eredità».
Un cammino di conversione e di salvezza
In questo brano si profila un vero e proprio cammino di conversione fatto dal popolo egiziano:
- dalla menzione dei castighi divini (vv. 16-17), accolti con tremore,
- al contro-esodo dei credenti che tornano in Egitto come presenza benefica fondando cinque città (come le cinque città conquistate da Giosuè in Gios. 10,5-23) e iniziando la conquista religiosa del paese (v. 18) [il nome esatto della città qui menzionata è controverso: è Città di giustizia secondo i LXX, Città del sole = Eliopoli secondo 1Qisa, censurata nel TM in Città della distruzione in ossequio alla rigida centralizzazione del culto che non ammetteva la costruzione di templi al di fuori di quello di Gerusalemme],
- alla costruzione di un tempio e di un altare al centro del paese (nella città di Elefantina) e di una stele alla frontiera ad indicare il superamento di ogni barriera (vv. 19-20),
- alla conversione dell’Egitto a Dio, che invierà se necessario un salvatore e castigherà il popolo ma come un padre castiga il figlio (vv.20-22),
- alla conseguente armonia tra i popoli, anche quelli accanitamente nemici, con una perfetta riconciliazione (la strada un tempo percorsa dagli eserciti sarà a servizio dell’unione) (vv. 23-24)
- e con una perfetta parità, senza più privilegi (v. 25)
Cfr. Ef. 2:
14 Egli infatti è la nostra pace, che ha fatto di due popoli una sola unità
abbattendo il muro divisorio, annullando nella sua carne l’inimicizia,
15 questa legge dei comandamenti con le sue prescrizioni,
per formare in se stesso, pacificandoli, dei due popoli un solo uomo nuovo,
16 e per riconciliare entrambi con Dio in un solo corpo mediante la croce,
dopo avere ucciso in se stesso l’inimicizia.
17 E venne per annunciare pace a voi, i lontani, e pace ai vicini.