
Gli Atti degli Apostoli sono un’opera che nei manoscritti resta anonima, mentre del Terzo Vangelo la tradizione manoscritta ci indica il nome dell’autore, quello di Luca discepolo e collaboratore di Paolo. Non c’è dubbio, dal punto di vista dell’attribuzione letteraria, che l’autore di Atti sia lo stesso delTerzo Vangelo.
L’autore degli Atti: Luca
S. Ireneo (+ 202: Contro le eresie 3,14,1; 15,1) afferma che Luca, discepolo di Paolo, raccontò negli Atti i suoi viaggi con Paolo. Attribuiscono gli Atti a Luca anche Tertulliano (+ 230: Contro Marcione 4.2.2), Clemente Alessandrino (+ 215: Pedagogo 2.1.15 e Miscellanea 5.12.82) e il Frammento muratoriano del II secolo.
Luca sarebbe il medico citato più volte nelle lettere di Paolo.
- Colossesi 4,14: Vi saluta Luca, il caro medico;
- Filemone, 24: Saluta Epafra con Marco… e Luca miei collaboratori;
- 2 Timoteo 4,11: Solo Luca è con me…
Per quel che sappiamo Luca dovrebbe essere stato un pagano di Antiochia di Siria, nato verso il 9 d.C. e vissuto fino al 93 circa. Dimostra una buona cultura e si serve di un greco fluente. Proprio in virtù della sua cultura premette sia al Vangelo che agli Atti una tipica dedica (a Teofilo) come era in uso al suo tempo per le opere di carattere letterario o storico.
Luca era medico?
Della professione di medico dell’autore del Terzo Vangelo e degli Atti degli Apostoli non vi è prova certa, dato che il linguaggio da lui usato appare non più specifico di altri autori dei quali sappiamo che non erano medici. All’epoca, infatti, il sapere della persona colta era pressoché universale.
Un indizio interno, involontario, della professione medica esercitata dall’autore sta nel commento con cui Luca, nel racconto della guarigione dell’emorroissa, sembra voler difendere la categoria medica (Nessuno poté guarirla: Lc 8,43) contro la chiacchiera alquanto maligna riportata invece da Marco: Aveva sofferto molto sotto molti medici spendendo tutto il suo patrimonio senza averne alcun giovamento, anzi piuttosto peggiorando (5,26).
Le Sezioni Noi
Una prova della partecipazione diretta dell’autore alle vicende narrate in Atti potrebbero essere le cosiddette Sezioni Noi, in cui, alla narrazione in terza persona singolare di un narratore esterno ai fatti, subentra la narrazione in prima persona plurale. Non si tratta di una prova inconfutabile, anzi ci sono critici che ne hanno negato il valore considerando il passaggio al “Noi” solo un espediente narrativo.
Vengono viste, come elementi a sfavore del rapporto diretto dell’autore di Atti con S. Paolo, alcune divergenze di ottica teologica: l’autore di Atti non conoscerebbe
- Il tema della liberazione dalla Legge
- La teologia paolina della Croce
- Le fragilità che Paolo confessa nelle sue lettere…
Emerge invece dagli Atti la figura di Paolo come indefesso evangelizzatore e taumaturgo. D’altra parte, l’autore di Atti non omette affatto gli insuccessi di S. Paolo e i pericoli da lui corsi e, se non parla esplicitamente della fondamentalità per la salvezza della liberazione dal giogo della Legge, impronta però tutta la sua opera al dinamismo dello Spirito, che si riscontra in Paolo e che è l’equivalente in positivo di ciò che la liberazione dalla Legge è in negativo. Né si può negare che anche negli Atti la vita di Paolo sia tutta un apostolato, e che il Vangelo di Gesù Cristo consista nella predicazione di Lui crocifisso e risorto…
Le differenze di prospettiva tra lettere paoline e Atti dipende, evidentemente, dal diverso taglio letterario dei rispettivi scritti piuttosto che da altri fattori.