Lettura continua della Bibbia. Il sabato

Dio riposa il settimo giorno. Una immagine inconsueta di Vasiliy Koren’ (ca. 1640 – 1700s) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3877828

L’osservanza del sabato. Forse su di essa abbiamo dei pregiudizi negativi, basati sulla rigorosissima esecuzione delle norme che proibiscono ogni lavoro o attività, ad esempio accendere o spegnere la luce. Ma il sabato era giorno di festa e di gioia, dedicato alla preghiera e allo studio della Legge.

L’osservanza del sabato

Effettivamente, le proibizioni vigenti in giorno di sabato sono numerosissime, circostanziate, per ottenere una osservanza scrupolosa della Torah. Sull’astensione del lavoro la legge scritta già conteneva diverse disposizioni, che però vennero interpretate, esplicitate e moltiplicate dagli scribi. Qualche esempio:

«Un sarto, all’approssimarsi del tramonto, deve lasciare a mezzo il lavoro con il suo ago per tema di dimenticare e terminare la cucitura. Uno scrivano non può terminare con la sua penna; non si possono cercare insetti nelle proprie vesti. Non è lecito leggere alla luce della lampada» (Shab. 1,3).

Le proibizioni

Non si potevano prendere medicine o qualcosa che potesse essere assimilato ad una medicina, tranne che vi fosse pericolo di vita. Secondo Shammaj non era lecito neppure, la vigilia, mettere a macerare tinte e materiale colorato e veccia (la veccia serviva di cibo al bestiame), che avrebbero continuato a macerare di sabato; Hillel invece lo ritiene lecito (1,5), come pure raccogliere l’uovo deposto dalla gallina la domenica, in quanto è stato gestato di sabato. La lista principale delle proibizioni è questa:

«I principali lavori proibiti sono quaranta meno uno:

chi semina e ara e raccoglie e lega covoni;

chi trebbia e ventila e sceglie;

chi macina e setaccia e impasta e cuoce;

chi carda la lana, la candeggia, la scapeccia, la tinge e la fila;

chi tesse e tira, intreccia due fili e separa due fili;

chi fa un nodo e lo scioglie e cuce due punti e li scuce per cucire due punti;

chi caccia una gazzella, la sgozza e la scuoia;

chi la sala e concia la sua pelle e la raschia e la taglia;

chi scrive due lettere e le cancella per scriverne altre due;

chi edifica e demolisce; chi spegne e accende;

chi martella; chi porta da un luogo a un altro.

Sono questi i lavori principali» (7,2).

Il principio alla base di tutti questi divieti è che per sei giorni, a imitazione di Dio, l’uomo altera la natura con il proprio lavoro; il settimo giorno, l’uomo non può invece intervenire sulla natura, ma solo seguirla e rispettarla.

I motivi dei gesti

Poi c’è tutta una casistica utile ad interpretare le prescrizioni. Ad esempio:

«Chi spenge una lampada in quanto ha paura dei non ebrei, dei ladroni, di uno spirito cattivo o se fa questo perché un malato deve dormire, allora non è colpevole. Ma [se lo fa] per risparmiare la lampada e per risparmiare l’olio è colpevole» (2,5).

Quindi, in uno stesso gesto, si distingue fra il compierlo per un motivo serio e il compierlo semplicemente per risparmiare, ad esempio, l’olio di una lampada. Certamente, la mentalità nei cui confronti Gesù si poneva in urto era la mentalità dell’ipocrita, che rispetta ossessivamente i precetti esteriori mentre non si fa scrupolo di guardare ai propri interessi calpestando i bisogni degli altri. Ma la spiritualità del sabato è tutt’altro. Il grande rabbino Abramo Heschel ha scritto che Israele non ha potuto costruire a Dio nello spazio un tempio che non venisse distrutto dagli uomini; l’ha costruito, invece, nel tempo, perdura, ed è il Sabato.