L’ospitalità di Abramo è feconda. Abramo mette in moto un cerimoniale sontuoso di accoglienza. Altro che un po’ di acqua e un boccone di pane, come aveva detto inizialmente! Il cibo da lui ordinato e in parte da lui stesso preparato basterebbe per un reggimento (tre staia di farina equivalgono a 40 – 60 kg). E con quale sollecitudine! La coppia è anziana, ma il racconto è animato da espressioni di movimento, all’insegna della fretta: è tutto un affrettarsi, correre… il contrasto è evidente.
Abramo è ormai vecchio, e sua moglie Sara è anziana e sterile: è l’ospitalità che rende fecondi i giorni di questa vecchia e infeconda coppia, il figlio della promessa – e da lui una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come i granelli di sabbia sulla riva del mare – nascerà proprio da questo gesto di accoglienza, come ricompensa di questo gesto di accoglienza: l’apertura all’altro genera vita, la chiusura all’altro produce sterilità e morte. E questa vita genera gioia: la nascita di Isacco è preceduta e accompagnata e seguita dal tema del riso, dapprima di incredulità, poi di gioia.
Nella cultura del luogo e dell’epoca, Sara, come donna, non può presentarsi agli ospiti, ma da dietro la tenda non si perde niente. Ride e lo nega, e la sua negazione serve nel racconto a rinforzare il tema del riso.
Il nome stesso, Isacco, significa Egli riderà: uno scherzo di Dio, veramente. Lo stesso verbo zachaq può presentare tante sfumature diverse, dallo scherno alla gioia: e la nascita di Isacco, la cui notizia suscita il riso, sarà motivo di tanta gioia.
Questa fecondità sarà in forte contrasto con la sterilità di Sodoma, la grande città che calpesta i diritti dello straniero. L’ospitalità di Lot, ricalcata su quella di Abramo, sarà la sua salvezza; l’inospitalità di Sodoma, la sua violazione dell’uomo, la renderà sterile come il sale che incrosta le sponde del Mar Morto.