
Analizziamo i primi tre giorni di creazione nel racconto di Genesi 1, cioè quelli che costituiscono l’Opus distinctionis.
Teniamo però presente che, oltre a svilupparsi su di una struttura letteraria particolare (otto opere in sei giorni), la narrazione di Genesi 1 utilizza anche particolari formule che ricorrono un preciso numero di volte nel racconto esteso su tutto il capitolo.
«E Dio vide che era cosa buona»: 7 volte. Il numero 7 indica perfezione. La parola tov (buono) in ebraico ha più significati:
- bontà morale
- utilità pratica
- bellezza estetica.
Il greco preferisce partire invece dall’estetica, utilizzando l’aggettivo kalós (bello) che ha il significato anche di buono.
«E fu sera e fu mattina»: 6 volte, perché il settimo giorno sarà il giorno senza fine.
«E Dio disse»: 10 volte. Questo perché:
«Con dieci detti Dio creò il mondo, anche se uno solo sarebbe bastato: questo, per far sapere quanto sia severa la punizione del malvagio che distrugge un mondo creato con ben dieci detti, e quanto sia dolce la ricompensa del giusto, che salva un mondo creato con ben dieci detti» (Pirqe Abot V,1).
Il nome ’Elohim: ricorre 35 volte (7 X 5).
Il verbo Bara’ (creare): 7 volte.
Formula di compimento dell’ordine divino: 7 volte.
Giorno Uno: creazione della luce (Gn 1,3-5)

La prima creatura è la luce. Qui non si parla ancora della luce fisica, che sarà prodotta dagli astri solo a partire dal quarto giorno. Nella logica narrativa, l’alternanza luce / tenebre e quindi giorno / notte è necessaria per ottenere e utilizzare lo schema dei sei giorni creazionali. È, in sostanza, la creazione del tempo e quindi della storia, in cui Israele farà esperienza del suo Dio; ma, teologicamente, la creazione della luce corrisponde alla vittoria della luce sulle tenebre.
La tradizione rabbinica intende la luce anche come Torah (la Legge), luce per il cammino degli uomini (Sal 119,105). È molto importante questa immagine della notte del mondo in cui Dio si manifesta con la sua luce per rischiarare le tenebre:
«La prima notte fu quanto il Signore si manifestò sul mondo per crearlo. Il mondo era confusione e caos e la tenebra era diffusa sulla superficie dell’abisso. E la parola del Signore era la luce e brillava».
Questo dice il«Targum Neofiti» a Es 12,42, in quanto sono quattro le grandi notti del mondo:
- la prima notte, quella della creazione;
- la seconda, la notte in cui Dio apparve ad Abramo;
- terza, la notte della Pasqua in cui il Signore liberò Israele dall’Egitto;
- la quarta notte sarà quella in cui verrà il Messia.
Il Giorno Uno
Questo giorno non viene chiamato, nel testo biblico, «primo», con un aggettivo ordinale, come tutti gli altri, ma viene chiamato «Giorno Uno», designandolo con un numero cardinale, e non è certo un caso o una vista dello scrittore.
«Giorno Uno»: perché non è semplicemente il giorno che viene prima degli altri, ma il giorno del Principio, il Giorno dell’Uno, ossia il Giorno di Dio, del Dio Unico, che è solo nel creare, senza che altri esista per dargli aiuto. Il Giorno Uno, lo Yom ’Echad.
Secondo Giorno (Gn 1,6-8)

Dopo la creazione della luce che brilla nelle tenebre, nella seconda opera l’elemento acquatico minaccioso ed oscuro viene ordinato, diviso dall’ambiente aereo, e resi entrambi capaci di ospitare la vita. Questo mediante la creazione del firmamento (raqîa‘), concepito come una superficie solida, una volta celeste che suddivide le acque inferiori (l’abisso) dalle acque superiori (i depositi celesti che raccolgono pioggia, neve, grandine ecc.).
Questa immagine, che non ha niente di scientifico, corrisponde alla visione che gli antichi avevano del cosmo, come di una terra circolare ma piatta, circondata dall’Oceano, sopra la quale si innalzava una cupola, il firmamento, al quale erano fissati gli astri. Sopra il firmamento, i depositi delle acque.
Terzo giorno (Gn 1,9-13)

Poiché le opere devono essere quattro nei primi tre giorni, questo giorno ne contiene due: la formazione della terra emersa e il germogliare della vegetazione.
La terra
Nella narrazione di Genesi, la terra si forma perché la massa delle acque si ritira raccogliendosi tutta insieme. Le grandi acque obbediscono alla Parola di Dio, e il mare, considerato dai pagani una potenza divina, è qui presentato come una creatura docile a Lui e delimitata nei suoi confini. Solo Dio domina le acque nonostante il loro tremendo potere: per questo gli evangelisti mostreranno Gesù che zittisce il mare e cammina su di esso.
La vegetazione

Anche qui possiamo cogliere la complessa struttura letteraria del testo biblico:
- 3 volte ricorre nel testo la radice “verde”
- 3 volte il sostantivo frutto
- L’espressione Secondo la propria specie ricorre anch’essa 3 volte
- 3 volte la parola terra
- 6 volte la radice “seme”.
Qui la creazione appare mediata, indiretta: Dio ordina alla terra di germogliare, cioè la chiama ad una creatio continua, la riproduzione.
È la terra da sola che per ordine di Dio produce la vegetazione. Ciò equivale a dire che Dio dota la natura di leggi proprie, insignendola di una dignitosa autonomia e di una autonoma dignità che il paganesimo non conosceva.
Secondo le religioni dei popoli in mezzo ai quali Israele viveva, ad esempio quella dei cananei, il dio della pioggia (Baal) feconda la terra, muore in essa e rinasce sotto forma di vegetazione. Natura e divinità sono un tutt’uno, e se non si fanno cerimonie sacre, come le ierogamie, la terra resterà sterile. Occorre il meccanismo magico del rito perché si induca il dio in questione ad agire procurando la fertilità: della terra, del bestiame, degli esseri umani. Senza di questo, la natura non va avanti.
In Israele invece la terra produce l’erba e gli alberi naturalmente, perché Dio ha innescato in essa un processo che va avanti autonomamente, nella sua dignità di realtà naturale. Tutto, nella natura, è allo stato di semplice creatura, rispetto al quale il Creatore è del tutto trascendente, non si mescola con esso.
Come nel caso delle acque e della terra, la realtà naturale prodotta non è una massa disordinata e caotica di verde, ma è un insieme ordinato secondo la propria specie (min). scrive Enzo Bianchi:
«La specie (min) prosegue quell’opera di separazione e di distinzione che è ordinamento armonico e dunque vita… La separazione e le diverse specie (di vegetali come di animali) ordinano la vita come armonia nella differenza» (E. Bianchi, Adamo, dove sei? p. 125).
Ovviamente, niente di scientifico nella tripartizione attraverso la quale la vegetazione è presentata:
- Erba verde, foraggio per gli animali
- Erba che porta in sé il seme (commestibile), i cereali
- Alberi che fanno frutti contenenti il seme.
Questa classificazione è operata, evidentemente, secondo il punto di vista dell’utilizzazione umana , per gli uomini (cereali e frutti) e per gli animali (foraggio).
Con questo, è completata la serie dell’Opus distinctionis, consistente in quattro quadri statici in cui saranno messi, nell’Opus ornatus, gli elementi dinamici, dotati di movimento: gli astri e il mondo animale.