La storia della discendenza di Giacobbe inizia con la menzione di Giuseppe, invece che con la normale elencazione dei fratelli in ordine di età, a partire dal primogenito Ruben. Rashi lo spiega come un logico riflesso della realtà narrativa, visto che è stato il ruolo di Giuseppe a permettere alla famiglia di Giacobbe di sopravvivere, ed anche come un riflesso delle numerose affinità tra la vita del padre e quella del figlio prediletto.
Molti altri commentatori ebrei suggeriscono anche che Giuseppe sia la ragione per cui esiste la famiglia di Giacobbe, poiché era Rachele che Giacobbe voleva veramente sposare, e il motivo per cui ha avuto tutti i figli precedenti. Qualunque sia la ragione della precedenza accordatagli, il versetto sottolinea la realtà della posizione privilegiata di Giuseppe nella famiglia di Giacobbe.
Uno spiccato favoritismo
Come specifica il narratore, Giacobbe amava Giuseppe più di tutti i suoi fratelli (v. 3), e i fratelli detestavano questo favoritismo, incarnato ai loro occhi dalla bellissima tunica che il padre gli aveva regalato. In conseguenza del loro odio, i fratelli non potevano parlargli in modo pacifico: il testo dice esplicitamente almeno tre volte che i fratelli odiano Giuseppe, questo anche prima dei sogni.
La risposta fredda di Giacobbe di fronte alla narrazione del sogno del sole e della luna serve a mettere ancor più in luce lo stato emotivo dei fratelli. L’odio dei fratelli diventa così estremo che decidono di ucciderlo. Ma la condizione di Giuseppe, privilegiato, borioso, e pure spione, merita davvero una reazione così estrema?
L’odio dei fratelli: il non detto
Vi sono dei fatti pregressi che non sono immediatamente evidenti a coloro che iniziano a leggere la storia di Giuseppe in Genesi 37. Tre elementi in particolare sembrano rilevanti.
- Giacobbe amava Rachele, non Lia
Il testo ci dice esplicitamente che Giacobbe amava Rachele più di Lia. Infatti, due versetti (29,31.33) si riferiscono esplicitamente a Lia come “odiata” (שנואה). Quando nasce Giuseppe, i fratelli maggiori erano sicuramente abbastanza grandi da notare la preferenza di Giacobbe e risentirsene.
2. La nascita di Giuseppe determina il ritorno alla casa paterna
Ella (Rachele) concepì e partorì un figlio, e disse: «Dio ha tolto la mia vergogna». E lo chiamò Giuseppe, che significa: «Il Signore mi aggiunga un altro figlio». Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Labano: «Lasciami andare a casa mia» (Gen 30,23-25).
La giustapposizione della nascita di Giuseppe e della richiesta di Giacobbe di tornare a Canaan non può essere contestata. Non si dice ciò che i fratelli provarono al riguardo, ma ancora una volta l’attenzione speciale su Giuseppe non può essere negata.
3. Separazione di Giuseppe e Rachele dagli altri
In Genesi 33,1-2, quando Giacobbe si predispone ad incontrare il fratello Esaù presumibilmente ancora furibondo per essere stato defraudato della primogenitura, divide la sua famiglia in due carovane pensando che se la prima non sopravvivrà alla furia vendicativa dell’altro gli rimarrà ancora la seconda. Dispone perciò davanti Lia e i suoi figli con le ancelle, nella posizione di maggior rischio, e i due più cari, Rachele e Giuseppe, strategicamente vengono posizionati per ultimi. Questa posizione viene ripetuta nel v. 7.
I fratelli sono contro Giuseppe fin dall’inizio
L’implicazione di questi tre elementi sulla nostra lettura di Genesi 37 non ha bisogno di commenti. Se anche Giuseppe fosse stato il fratello minore più accattivante possibile, avrebbe comunque dovuto superare la consapevolezza di tutti i fratelli maggiori che il loro padre amava Rachele più delle loro madri, e che Giacobbe, quando si trovò di fronte a una situazione potenzialmente mortale, scelse di proteggere Rachele e Giuseppe al di sopra di tutto. Man mano che Giuseppe cresce, l’odio dei fratelli aumenta, e la situazione si fa sempre più esplosiva.