
Fortunatamente, c’è ancora nella scuola l’Irc (Insegnamento religione cattolica) che accompagna i più giovani verso il Natale, in una società che lo sta dimenticando per sguazzare nel consumismo.

Non voglio fare un discorso retorico, tutt’altro. Ma mi dicono che alle Superiori gli alunni non sono nemmeno in grado di comprendere un quadro della Natività perché vedono un accostamento di figure (un neonato, una coppia, un asino, un bue e magari qualche altro personaggio) ma non sanno decifrarne il senso. Non conoscono più il significato del Natale. Luci, musica, regali e divertimento: tutto qui.
Quando non c’era l’Irc ma si andava verso il Natale

Rammento che tanti anni fa, quando la scuola elementare era quasi quella del libro Cuore, o almeno dei Ricordi di scuola di Giovanni Mosca, non si faceva un gran che di religione (per quello c’erano gli insegnamenti familiari, e la dottrina in parrocchia), ma si seguiva passo passo il corso delle stagioni e il succedersi delle feste liturgiche come parte del patrimonio tradizionale italiano.

Appena iniziata la scuola il 1° di ottobre, ecco arrivare S. Francesco, il più santo degli italiani e il più italiano dei santi, e si faceva festa. Poi veniva Ognissanti, e subito dopo i Morti, e si faceva festa doppia. Il 4 novembre, festa civile. L’11 novembre, S. Martino, non era festa, ma era inevitabile il racconto del cavaliere che divideva il suo mantello col povero, ed ecco un ritorno di estate perché il cielo manifestava la sua gioia per l’atto di carità compiuto. Seguiva l’Immacolata, ed a ruota l’attesa delle feste natalizie, momento forte dell’anno almeno per i bambini! Erano tante le letture e le poesie che si facevano in occasione di questo momento.

Naturalmente, il periodo di Natale era comprensivo anche del Capodanno e dell’Epifania, con l’arrivo dei Magi ma anche della Befana… Si faceva festa l’11 febbraio per i Patti Lateranensi, ma non era cosa che riguardasse i più piccoli.

Il Carnevale non comportava vacanze, ma recava con sé un pizzico di allegria. Si andava verso la primavera, ed ecco il 19 marzo S. Giuseppe vecchierello col suo cestello di erba fresca e fresche viole, nidi, uccelli e lieto sole, senza dimenticare le famose frittelle. Altro giorno di vacanza a scuola.

Con il ritorno della buona stagione ecco la Settimana Santa con i suoi riti suggestivi e commoventi… E come dimenticare la leggenda del pettirosso che bagna di sangue il suo piccolo petto cercando di svellere la corona di spine di Gesù? Poi il Primo Maggio, che era anche festa religiosa, e si parlava di S. Giuseppe lavoratore. Naturalmente, Maggio era il mese della Madonna, e quindi svariati racconti e poesie, praticamente quasi tutti i giorni, ci ricordavano questo legame con la Madre di Gesù.

Fra maggio e giugno si susseguivano le varie feste conclusive del tempo pasquale, a ruota: Ascensione (di giovedì: festa!), Pentecoste e Corpus Domini (di giovedì: altra vacanza!)… Ed eravamo alla fine delle lezioni, mettendoci per corredo il 2 giugno festa nazionale, e se necessario anche S. Pietro e Paolo…

Così, di mese in mese e di festa in festa, si trascorreva l’anno scolastico lasciandoci portare come in un alveo materno dallo scorrere del tempo e della storia.

Oggi ho l’impressione che siamo trascinati avanti da un vortice di feste commerciali d’importazione. Non c’è più S. Francesco a scuola, ma imperversa Halloween. Il Natale festaiolo è rimasto, reliquia di quello che era un tempo. San Valentino è d’obbligo per i più grandi, ma i piccoli non scampano alla festa del Babbo, la festa della Mamma, la festa dei Nonni e non so che altro. Ancora non ci hanno propinato il 4 Luglio e la festa del Ringraziamento, in futuro chi sa…

No, non ce l’ho con queste feste, caso mai quello che mi dà noia è come facilmente ce le beviamo senza nemmeno accorgerci della loro natura commerciale: d’altronde, viviamo in un villaggio globale, come potremmo estraniarci?

Mi veniva soltanto da riflettere che un tempo, quando la società era più o meno cristiana, la scuola elementare non impartiva un insegnamento confessionale, ma seguiva il corso dell’anno cogliendone le tradizioni che facevano parte della cultura italiana.

Oggi, dal momento che la società non è più cristiana (e non lo giudico, ma lo prendo come un dato di fatto), ben venga l’Irc come insegnamento specialistico ad accompagnare i bambini verso il Natale, visto che tra le omissioni della famiglia e le distorsioni dei mass media non saprebbero più nemmeno di cosa si tratta, mentre è un evento che non si può ignorare in quanto ha lasciato tracce fondamentali nella storia e nella cultura del mondo occidentale!