Lettura continua della Bibbia. Cantico dei Cantici: Interpretazione

L'interpretazione del Cantico dei Cantici
Marc Chagall. Il Cantico dei Cantici (1965). https://wikioo.org/it/paintings.php?refarticle=8XYHB4&titlepainting=Cantico%20dei%20Cantici%20V%209&artistname=Marc%20Chagall

In realtà il Cantico dei Cantici si presenta come una raccolta antologica di canti d’amore, di epoca varia. Ma l’interpretazione del Cantico nel mondo ebraico è stata di tipo allegorico almeno fin dal I secolo E.V., anche se con discussioni, superate grazie all’intervento di R. Aqiba (+ 135 E.V.):

«Nessuno in Israele ha mai contestato che il Cantico sporca le mani; perché il mondo intero non vale il giorno in cui è stato dato ad Israele il Cantico dei Cantici. Tutti gli Scritti sono santi, ma il Cantico dei Cantici è il più santo dei santi» (Jadaim 3,5).

E ne condannava l’uso nelle bettole:

«Chi canterella il Cantico nelle taverne e lo tratta come canzone profana non avrà parte nel mondo futuro» (Tos. Sanhedrim 12,10).

La curiosa espressione per cui la S. Scrittura «sporca [o contamina] le mani» significa che è santa, in quanto non si può maneggiare alla leggera e anzi, dopo essere stata toccata, richiede di purificarsi le mani «contaminate» [in positivo] dalla sua stessa santità. 

Dunque il Cantico dei Cantici «contamina le mani» con la sua santità: per quale motivo? Sono diversi i fattori che hanno influenzato la decisione rabbinica.

L’nterpretazione allegorica del Cantico dei Cantici

Nel Cantico dei Cantici, secondo R. Aqiba (e secondo anche molti teologi moderni), l’amore umano viene visto come espressione, voluta da Dio, dell’alleanza fra Dio e il suo popolo, interpretazione seguita

  •  dai Padri della Chiesa,
  •  dai mistici medievali
  •  e dalla liturgia,

che leggono nel Cantico, rispettivamente,

  • l’unione fra Cristo e la Chiesa,
  •  fra Cristo e l’anima fedele,
  •  fra Dio e la Vergine Maria.

Solo un padre greco (+ 428), Teodoro di Mopsuestia, interpretò il Cantico come raccolta di inni nuziali per Salomone e la principessa egizia sua sposa, minimizzandone la portata  religiosa. Questa interpretazione fu condannata dal II Concilio di Costantinopoli (553) per aver negato il carattere ispirato del libro, e non in se stessa.

Nel Medio Evo il rabbino Ibn Ezra vi ha visto l’espressione dell’amore fra la Sulammita e un pastore. Poi Erasmo e Grozio l’hanno considerato un canticum amatorium. Nel protestantesimo alcuni critici hanno iniziato a considerare il Cantico come la celebrazione degli amori di Salomone e della figlia del faraone o della Sulammita, nella prospettiva però che questo amore coniugale significava tipicamente l’unione mistica di Dio con Israele o di Cristo con la Chiesa. Era nato il senso tipico del Cantico.

Interpretazioni moderne

Nell’Ottocento un tentativo di interpretazione (H. SCHMÖKEL), non più sostenibile, è stato rappresentato dalla concezione secondo cui il Cantico sarebbe un’antica liturgia pagana di fertilità. Sarebbe, cioè, una ierogamia fra Tammuz ed Ishtar (cui erano sacre gazzelle, cerve e colombe), profanizzata da Israele (morte e discesa agli inferi del dio, ricerca da parte della dea, deperimento invernale della natura, ritorno del dio alla vita, nozze).

Abbandonata è anche l’interpretazione drammatico teatrale. Secondo questa ottica, il Cantico sarebbe un dramma con un intreccio in cui Salomone sposa l’umile pastorella e se la vede contendere da un rivale. Tuttavia, manca proprio, nel Cantico, ogni traccia di progressione drammatica. Si discute, tutt’al più, se ci sia una struttura organizzata o se si tratti di una semplice raccolta.

Per molti critici, il Cantico è una collezione di canti nuziali, distribuita a parere di alcuni secondo l’antico rituale beduino: festa di sette giorni, incoronazione dello sposo e della sposa con il titolo di re e regina, danze, inni descrittivi della bellezza della sposa e della potenza dello sposo secondo un genere letterario erotico che si ritrova nella poesia araba.

Per altri, il Redattore ha raccolto i brani nel post-esilio scegliendoli e ordinandoli secondo lo spirito di Osea, Geremia, Ezechiele, Trito-Isaia in una allegoria storica dei rapporti fra Dio e Israele dall’Esodo dall’Egitto fino al ritorno dall’esilio. Si tratterebbe di una rilettura profetico-sapienziale degli antichi canti d’amore israelitici.

L’interpretazione del Cantico. Attribuzione salomonica

È grazie alla visione allegorica (già contenuta in IV Esdra e Ode XI di Salomone) che il Cantico è stato mantenuto nella S. Scrittura, ma per altri motivi esso si trovava già fra gli Scritti. È proprio l’attribuzione a Salomone che ce ne dà un’ermeneutica: fa parte della letteratura sapienziale, che ha la funzione di descrivere le buone realtà del creato e celebrarle come buoni ordinamenti di Dio (Bonum donum Dei). R. Jonathan diceva:

«Quando un uomo è giovane, canta canzoni d’amore [il Cantico dei Cantici].

Quando un uomo diventa adulto, enunzia massime di vita [i Proverbi].

Quando un uomo è vecchio, parla della vanità delle cose [Qohelet]».

L’amore fisico  è celebrato anche nel suo aspetto ludico come un buon ordinamento di Dio, e chiede di ridimensionare la linea spiritualistica e sessuofobica del cristianesimo.

In Gn 3 era comparsa la subordinazione della donna nel mondo sfigurato dal peccato: il Cantico riporta a Gen. 2 la risposta della donna alla esclamazione dell’uomo:

«Io sono del mio Diletto

e verso di me è il suo desiderio»

(7,11; cfr. al contrario Gn 3,16).

Questa frase rovescia la “maledizione” di Eva.

Il Cantico è, esperienzialmente, antropologia biblica: questi sono la donna e l’uomo nel loro amore reciproco. Fosse anche solo questo il messaggio, avrebbe già pieno diritto di stare nella Bibbia. nella Bibbia, infatti, non c’è solo una teologia ispirata dell’uomo (la visione che l’uomo ha di Dio): c’è anche l’antropologia di Dio (la visione che Dio ha dell’uomo)!

L’interpretazione del Cantico: il messaggio

Nel Cantico abbiamo dunque la celebrazione di una realtà umana nella sua bontà naturale; il Redattore, e poi la comunità, hanno letto in questa realtà umana il segno di una realtà trascendente in cui Dio è il Diletto e la Sposa è Israele. L’unione sponsale diviene segno sacramentale dell’alleanza fra Dio e il suo popolo e costituisce lo status in cui ognuno di noi può vivere la relazione con il suo Dio. È stato di vita in cui si incarna la chiamata della maggior parte di noi; segno di una realtà superiore (tipo) e modello di tensione verso l’Atteso cui aspirare.

Lasciamo al Cantico, intatta, la sua vena di entusiasmo per il tempo dell’innamoramento. In una lettura pluridimensionale, noi sappiamo che così la Chiesa tende verso il suo Sposo, così Maria – figlia eminente della Chiesa al punto di essere sua Madre – ha vissuto il suo amore, così, con questa forza, ognuno di noi è chiamato a vivere la propria vita e il proprio amore.