Siamo arrivati ai libri di Samuele. Dopo la terribile storia con cui si conclude il libro dei Giudici, riprendiamo respiro con i primi capitoli di questa parte dell’Antico Testamento, di cui è protagonista il piccolo Samuele, appunto.
Come per la storia dei patriarchi, le fonti non esitano a presentarci i personaggi nel bene e nel male, con innumerevoli dettagli realistici impossibili e inutili da inventare.
Il libro di Samuele e la storia
Il quadro storico è rispondente al periodo che va dal 1100 a.C. in poi. Un periodo che vede come uniche forze vive in Palestina non più l’influenza dell’Egitto, dell’Assiria e della Fenicia, ma solo dei cosiddetti popoli del mare, fra cui emergono i filistei. L’archeologia conferma alcuni dati biblici come la presenza dei filistei, l’uso del ferro al tempo di Saul, l’introduzione del cavallo sotto Davide.
Mai siamo in presenza di un lavoro storico in senso proprio. I libri di Samuele (in ebraico è un unico testo) non consentono di ricostruire la storia di Israele in modo chiaro. Per esempio, nel primo libro sembra che la monarchia nasca per richiesta di tutte le tribù, al cap. 8 per essere pari agli altri popoli, nel cap. 12 per difendersi dalla minaccia degli ammoniti (12,12), ma nel cap. 9 è Dio che sceglie Saul per liberare Israele dalle mani dei filistei (9,16). Come e perché, allora, è sorta la monarchia in Israele?
Il fatto è che la Bibbia non è mai un manuale di storia, neppure nelle parti narrative radicate nella storia. Il senso fondamentale, al solito, è, invece, quello religioso: il re è un personaggio sacro che Dio elegge perché realizzi i suoi disegni in mezzo al popolo. Saul fallisce perché confida nelle forze umane; Davide incarna l’ideale del re perché interamente votato al suo Dio, non ostante i suoi peccati. Tramite la sua persona, Dio elegge la dinastia davidica adottandone i figli per un governo perpetuo su Israele (2 Samuele, cap. 7). In questo modo la storia di Davide acquista un senso profetico e messianico: non per niente la tradizione giudaica annovera Samuele fra i “Profeti anteriori”.
La storia per Israele è il punto d’incontro con Dio. È attraverso gli eventi che Dio rivela il suo amore (carattere storico, e non naturalistico, della religione ebraica). «Non è una rivelazione che cade dal cielo, perfettamente sbozzata e concretata in tutti i suoi dettagli, una volta per sempre. Dio si rivela a poco a poco, un po’ alla volta, non attraverso un libro, ma lungo il corso della vita» (José Luis Sicre, Il primo libro di Samuele, Città Nuova, Roma 1997, pp. 20 s.).
Dentro gli avvenimenti della storia, la lettura di Samuele vede l’azione di Dio, che guida a buon fine la storia della salvezza non ostante – e attraverso – gli errori e i peccati dell’uomo. E la logica di Dio non rientra negli schemi umani: Dio sceglie il piccolo e l’umile per operare le sue grandi cose.
Gli inizi: il profeta Samuele (1 Sam 1-8)
Viene narrata in questi primi capitoli la nascita di Samuele (da una donna sterile, Anna) e la sua consacrazione al tempio di Silo; la disfatta degli israeliti ad opera dei filistei, la conseguente perdita dell’arca e la sua successiva restituzione a seguito di una peste scoppiata fra i filistei; l’attività religiosa di Samuele e la guerra vittoriosa contro i filistei; l’unzione ed elezione di Saul, la sua vittoria sugli amaleciti e il ritiro di Samuele. L’inizio del regno di Saul è databile al 1020 a.C. circa.
L’istituzione dei giudici si era rivelata ormai inadeguata alla situazione, per la pressione dei filistei e la minaccia degli ammoniti dall’est. Lo stesso popolo di Israele è abbandonato alla corruzione, rappresentata dai suoi capi, il debole Eli e i suoi loschi figli, Ofni e Finees, perciò Dio non parla più con le sue guide, ma cambia regime, compie una svolta, attraverso una donna sterile e un bambino.