C. S. Lewis: I Quattro Amori

Lewis: I Quattro Amori (1960)

Immagine da me realizzata con AI tramite www.crayon.com

L’amore, inteso genericamente come atteggiamento benevolo verso gli altri, presenta diverse dimensioni e sfaccettature. Ripropongo qui l’analisi che C.S. Lewis nel fece nel suo bel saggio “I Quattro Amori” (Edizione italiana Jaca Book, Milano 1996), di cui raccomando vivamente la lettura. Il libro, completato nel giugno 1959, uscì nel marzo 1960. Raccoglieva una serie di conversazioni radiofoniche tenute da Lewis per la Episcopal Foundation di Atlanta, Georgia (USA). Il successo delle trasmissioni lo indusse a rivedere i testi e a pubblicarli. Giovanni Paolo II ne ebbe una grande considerazione. Lo citò persino nell’udienza di mercoledì 5 novembre 1980 in riferimento all’eros. Si tratta di un saggio che possiede ancora una grande validità, benché per alcuni aspetti possa risultare un poco «datato».

Niente è troppo piccolo per l’amore

Il primo aspetto che balza agli occhi è che niente è troppo piccolo per l’amore. «Agli affetti naturali viene richiesto di diventare tramite di carità, pur restando quello che sono, cioè affetti naturali [… ] Niente è troppo insignificante, o troppo animalesco, perché non possa subire questa trasformazione. Un gioco, uno scherzo, una bevuta in compagnia, chiacchiere futili […] qualunque cosa può diventare un mezzo attraverso il quale dare, o accettare perdono, con il quale consolare o venire rappacificati, oppure dimenticare il nostro profitto personale. In questo modo proprio nei nostri istinti, nei nostri appetiti e svaghi l’amore prepara per sé un corpo».

I quattro amori: Storghé, philìa, eros, agàpe

Lewis tratta delle dimensioni dell’amore in quattro categorie (ricordando che «il più alto non regge senza il più basso»), basandosi sulle quattro parole greche per amore : storghé / affetto, philìa / amicizia, eros e agape / carità. 
Storghé
Storghé (στοργή) è l’affetto della familiarità, l’affetto naturale, come quello di un genitore per il proprio figlio, il più ampiamente diffuso degli amori, comune anche al mondo animale: l’immagine di base che Lewis ne dà è quello della cucciolata, scodinzolii, nasi umidi frementi, guaiti e odore di latte. L’affetto, per Lewis, è responsabile di nove decimi di tutta la felicità umana solida e duratura.
Philìa
La Philia (φιλία) è il forte legame esistente tra persone che condividono valori, interessi o attività comuni. L’amicizia non è necessaria per la stretta sopravvivenza della specie umana, ma è un amore di livello superiore perché è liberamente scelto, come l’amicizia tra Davide e Gionata nella Bibbia. 
Eros
L’Eros (ἔρως) per Lewis consiste nell’innamoramento di coppia, un’esperienza estremamente profonda che per questo trascende la cruda sessualità che lui chiama, invece, Venus.

Agàpe
La carità (ἀγάπη) è l’amore disinteressato, il più grande dei quattro amori, una virtù specificamente cristiana cui le altre dimensioni dell’amore devono essere subordinate.
Lewis continua infatti ad affermare la sostanziale bontà del creato e dei beni materiali, ma solo gli affetti naturali che hanno fatto spazio a colui che è lAmore potranno entrare nell’eternità.
«Noi siamo stati creati per Dio: le persone che abbiamo amato su questa terra hanno risvegliato il nostro affetto solo in quanto avevano qualche elemento di somiglianza con lui, manifestazioni della sua bellezza, della sua tenera benevolenza, della sua saggezza e bontà. Il nostro errore non è stato quello di amarli troppo, ma di non esserci resi conto di che cosa veramente stavamo amando. Non ci sarà chiesto di abbandonare quei visi così familiari per rivolgerci a uno sconosciuto [… ]. Tutto ciò che in essi era autentico amore, anche qui sulla terra, è stato più suo che nostro, e nostro soltanto perché suo».

La natura e la grazia

In un suo sermone del 1939, del resto, Lewis aveva già chiarito il rapporto fra la natura e la grazia. «Tutte le nostre attività meramente naturali verranno accettate, se saranno offerte a Dio, persino le più umili, e tutte, persino le più nobili, risulteranno peccaminose se non lo saranno. Il cristianesimo non sostituisce semplicemente la nostra vita naturale rimpiazzandola con una vita nuova; si tratta piuttosto di una nuova organizzazione che sfrutta, per i suoi fini soprannaturali, questi materiali naturali». Un esempio, di quelli semplicissimi e chiarissimi in cui Lewis è maestro: «Una talpa deve scavare per la gloria di Dio e un gallo cantare». «Possiamo quindi ricercare la conoscenza in quanto tale, e la bellezza in quanto tale, nella ferma convinzione che così facendo avanziamo personalmente verso la visione di Dio o aiutiamo indirettamente altri a farlo» [L’Onere della Gloria 43-55].