C.S. Lewis e il perdono

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Per trattare del perdono in C.S. Lewis, riprendo l’ultima parte di una intervista televisiva che rilasciai dopo la pubblicazione del mio saggio Clive Staples Lewis maestro dello spirito. Dopo aver parlato della sua conversione (QUI),

del suo apostolato (QUI), dell’ecumenismo e delle dimensioni dell’amore (QUI), tocchiamo un ultimo aspetto, quello dell’amore per gli altri e del perdono.

Il video integrale dell’intervista QUI.

C.S. Lewis e il perdono

Nell’intervista televisiva mi venne chiesto questo:

Domanda. Anche un altro passaggio mi ha colpito. A pagina 170 lei scrive che un problema con cui si è misurato Lewis per tutta la sua vita è stato il problema del perdono. In che senso, professoressa?

C.S. Lewis stentava a perdonare. Non solo, ma si trovava anche in corrispondenza o di fronte a persone che anche loro avevano difficoltà nel perdonare gli altri. Ora, di Lewis non abbiamo soltanto la scrittura ufficiale, cioè gli scritti che lui ha preparato per la pubblicazione; abbiamo anche migliaia di lettere, cioè scritti informali di risposta a persone che gli si rivolgevano di continuo. Erano ammiratori, lettori dei suoi libri – libri che hanno causato una messe immensa di conversioni al cristianesimo. Tra gli altri ve ne cito uno solo: Collins, lo scopritore del genoma umano il quale anche pubblicato un suo libro in cui racconta la propria esperienza.

Collins era un ateo di ferro fino a 30 anni, quando da scienziato con la mentalità positivista lesse un piccolo libro di Lewis, Mere Christianity. Questo gli distrusse le basi su cui aveva costruito il suo ateismo e divenne anche lui un cristiano fervente.

Chiusa questa parentesi riguardante i lettori dei libri di C.S. Lewis, dicevamo che Lewis riceveva lettere da tutto il mondo e rispondeva personalmente a tutte, a mano. A volte erano semplicemente lettere di amici oppure lettere di apprezzamento dei suoi libri. A volte invece si trattava di persone che gli chiedevano consiglio. Attraverso queste epistolario Lewis ha svolto anche una sorta di funzione di direttore spirituale. Lui riderebbe se sentisse usare questa espressione nei suoi confronti, ma in pratica ha dato molti buoni consigli di orientamento nella vita spirituale a chi glielo chiedeva, e uno dei problemi principali era proprio la difficoltà nel perdonare.

Difficoltà a perdonare

Egli stesso conosceva bene questa difficoltà perché se la portava dietro da tutta la vita. Lewis stesso scrisse verso la fine della sua vita che soltanto pochi giorni prima era riuscito a perdonare il maestro di scuola che gli aveva avvelenato l’infanzia! Aveva avuto infatti esperienze scolastiche disastrose, non per cattiva volontà del padre, ma perché le sue opzioni erano state poco felici nello scegliere le istituzioni scolastiche per i figli, i quali si erano ritrovati un direttore scolastico e insegnante sadico che distruggeva gli studenti che erano ancora dei ragazzini, ancora dei bambini. Tant’è vero che Lewis, nella sua autobiografia, a questa scuola dà il nome di un lager, di un campo di concentramento. E precisa: «Soltanto adesso ho capito cosa vuol dire perdonare».

Però, cosa vuol dire perdonare per Lewis?

Lewis distingue molto appropriatamente quello che nell’amore c’è di sentimento e quello che c’è di scelta. Cioè, il comandamento dell’amore non si riferisce alla necessità di provare un sentimento di benevolenza, una passione per l’altro, perché questo può anche non essere praticamente possibile. Amare vuol dire invece scegliere il bene dell’altro come si farebbe per per noi stessi; e così anche il perdono non consiste nel dimenticare umanamente quella che si ritiene essere stata una ferita nella nostra vita, ma consiste nello scegliere di perdonare, anche se poi non si riesce a provare il sentimento corrispondente.

Lewis fa delle considerazioni molto interessanti su questo che sarebbero da approfondire, ma qui mi limito a una sorta di battuta  che però è orientativa per la nostra vita.

Lewis scrive così a una sua corrispondente americana che aveva grosse difficoltà nel perdonare dei parenti che l’avevano molto ferita: quando noi pensiamo molto male di una persona che ci ha fatto del male, possiamo ritenere che questa in fondo non sia proprio cattiva come noi pensiamo. Quindi, che in realtà la persona sia molto meglio di come noi la riteniamo. Ma se invece fosse proprio così cattiva come come ci sembra, allora quanto bisogno ha che noi preghiamo per lei!

Vedete che si tratta di una scelta e non di un sentimento a comando…

Intervistatrice. Esatto, esatto! Io rimarrei a parlare con lei di Lewis per un’altra ora circa anche perché ha un modo così coinvolgente di raccontare e di narrare, soprattutto di farti entrare nel personaggio. Però vorrei consigliare a tutti i nostri telespettatori il suo libro per un approfondimento per capirne di più. Edito dal Messaggero di Padova a firma di Anna Maria Giorgi, Clive Staples Lewis maestro dello spirito. Grazie davvero di cuore per essere stata con noi professoressa e magari alla prossima pubblicazione, al prossimo libro speriamo di averla nostra ospite: grazie, grazie.

A presto. Grazie, arrivederci.