
Delle vicende dell’Esodo di Israele dall’Egitto non può essere solo seguito lo schema narrativo: dell’Esodo occorre fare una lettura teologica che vada più in profondità.
Lettura teologica dell’Esodo
Lo schema dell’Esodo è dato dalla coppia verbale uscire – entrare, che indica il cammino esistenziale e di fede di Israele e di ogni credente. I punti estremi di questo schema sono l’Egitto e la Terra promessa.
L’Egitto
Per 400 volte nella Bibbia l’Egitto è menzionato come il luogo o la situazione da cui il popolo è liberato,
- Dalla schiavitù politica (faraone),
- dalla schiavitù sociale (lavoro forzato),
- e dalla schiavitù economica (lavoro non pagato).
La tradizione più tarda intende l’Egitto come simbolo
- Della schiavitù religiosa (idolatria)
- Della schiavitù morale (peccato).
Uscire dall’Egitto perciò significa
- Essere liberati da una terra straniera che rende impossibile la libertà e la condivisione fraterna: libertà e condivisione dovranno essere attuate nella terra promessa
- Essere liberati da un lavoro disumano che rende l’uomo schiavo di un altro uomo (Es 1,8-14; 5,5-18; 6,6-9) per servire il Signore (Es 3,12; 19,4): è questa la relazione che dà la dignità di uomini.
Si passa così dalla schiavitù al servizio, vissuto come festa (Es 5,1-14) e come alleanza (Es 19-24).
La Terra promessa
È il punto di arrivo dell’esodo, ma resta fuori dalla Torah di Mosè, resta una prospettiva mai raggiunta in pienezza che stimola il cammino.
È un dono, e non una conquista dell’uomo (Dt 2,2-23), il luogo privilegiato in cui si vive la pienezza del rapporto con il Signore iniziato al Sinai, l’alleanza (Dt 4,1-40), nella sua duplice dimensione di
- Relazione a Dio (Dt 5; 10,12-22)
- ed a i fratelli (Dt 15,7-11).
La possibilità di fedeltà all’alleanza è data dal continuo fare memoria di quanto Dio ha operato (Dt 7,1-6; 8,6-20 ecc.). nel momento in cui ciò non avverrà più, il popolo dovra rifare l’esperienza dell’esodo.