Pensate che l’era del dinosauro sia giunta nel 1990 con Michael Crichton? Macché. Quando qualcuno, negli anni Novanta, mi parlò con ammirazione del nuovo libro di Crichton sui dinosauri – come fosse una novità strepitosa – mi venne quasi da ridere. Lettrice di Urania da sempre, avevo letto e apprezzato nel 1954 L’era del dinosauro di Richard Marsten, autore che allora non conoscevo. Il romanzo era il n. 64 di Urania, collana iniziata nel 1952 e quindi ancora agli esordi. L’era del dinosauro mi piacque molto e la rilessi più volte; è tra i non molti Urania che ho conservato. Non dimentichiamo, del resto, Il Mondo Perduto che Arthur Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes, scrisse nel 1912 nel filone della letteratura avventurosa fra Ottocento e Novecento.
Mi affascinava, tra l’altro, il mondo dei dinosauri. Già ne avevo collezionato le figurine, per quel poco che se ne sapeva allora, in un album del 1950. Potrei elencare qui a memoria i non molti nomi che allora erano noti: Tyrannosaurus Rex, Brontosauro, Diplodoco, Stegosauro, Triceratopo, Pterodattilo, Plesiosauro, Ittiosauro, Archeopterix… e poco più.
L’album delle figurine è andato perduto nelle vicissitudini familiari, il romanzo l’ho ancora. Era ben scritto e cercava di entrare un po’ anche nella psicologia dei personaggi (e persino dei dinosauri). Poi ho scoperto perché: merito dello spessore dell’autore, Richard Marsten alias Evan Hunter (Il seme della violenza che divenne un celebre film nel 1955 con Glenn Ford e Sidney Poitiers) alias Ed McBain ossia l’autore dei gialli dell’87° Distretto (ma il nome vero era Salvatore Lombino). Ha anche scritto la sceneggiatura degli Uccelli di Hitchcock (1963). Uno scrittore vero, non uno scribacchino commerciale.
L’era del dinosauro: viaggio indietro nel tempo
La trama di quel vecchio romanzo, risalente al 1953, non era basata sulla clonazione (all’epoca non si conosceva) ma sulla macchina del tempo. I dinosauri del romanzo dunque sono veri; sono gli autentici, originali, garantiti dinosauri preistorici che i visitatori della nostra epoca – beninteso, nella finzione letteraria – possono ammirare mediante un viaggio indietro nelle età preistoriche.
Naturalmente qualcosa andrà storto, il campo di forza che tiene al sicuro i turisti andrà distrutto, e cominceranno terrori e fughe. Indovinate chi sarà mangiato dall’allosauro, il grande predatore del Giurassico superiore (145 milioni di anni fa; il T. Rex in realtà è un giovanotto vissuto nel Cretaceo, appena 65 milioni di anni prima di noi)? E altrettanto naturalmente, il cattivo della storia, anzi il cattivissimo miliardario avido ed egoista che rifiuta di pensare che qualcosa possa contrastare i suoi piani… non è un antenato del John Hammond del romanzo di Crichton, che nel film è un benevolo vecchietto alla Babbo Natale, ma nel libro è un farabutto e un idiota di prim’ordine? Nel romanzo, infatti, Hammond sarà mangiato dai Procompsognathi, animaletti tanto carini ma anche tanto voraci.
Ne L’era del dinosauro la trama è poi complicata dal viaggio nel tempo; con i paradossi che questo può provocare – e provoca – se il passato viene modificato.
L’era del dinosauro: dinosauri da clonazione
L’era del dinosauro, nel senso della moda, torna negli anni Novanta grazie a Crichton. Il taglio è diverso perché quei 40 anni intercorsi hanno cambiato il mondo. Forse sono il periodo di maggiore mutamento tecnologico e sociale che si sia verificato nella storia. La guerra fredda era passata (e speriamo che tale rimanga), ma adesso l’umanità deve confrontarsi con la natura. Può l’uomo impunemente manipolarla, pensando di assoggettarla completamente a sé? Può clonare a suo piacimento, e pensare di farla franca? La risposta è un deciso no, e viene enunciata dallo scienziato Ian Malcolm, confermata ingegnosamente dai velociraptor e urlata spietatamente dal T. Rex. Un disastro.
Rapporto uomo – natura
Questo non impedisce che si inneschi una saga in cui c’è sempre l’imbecille di turno che pensa di poter manipolare i dinosauri per i propri scopi e ne rimane regolarmente scornato – e mangiato. Il più delle volte, infatti, al primo comparire dell’antagonista nella pellicola, viene fatto di pensare: «Te, ti mangerà qualche dinosauro». Alla fine… come volevasi dimostrare. Andamento banale? È perdonabile: c’è sempre bisogno di credere che il bene trionferà. L’unico sempre scampato è il genetista dottor Wu (che nel romanzo viene invece sbranato dai velociraptor); altrimenti, come avrebbe fatto a proseguire la saga, con sempre nuovi organismi progettati da lui?
Così, la trilogia Jurassic Park, sviluppatasi in trilogia Jurassic World, porta avanti il discorso etico del rapporto fra uomo e natura; e Rexy, il terribile T. Rex del 1993, nel 2015 diviene quasi prototipo e campione dello stato di natura nel feroce combattimento con l’innaturale ibrido Indominus. Dove stia la simpatia del pubblico (quello vero del cinema e non quello virtuale del Jurassic World, troppo impegnato a non farsi divorare) è evidente; applausi e acclamazioni a scena aperta all’indirizzo del mosasauro che deus ex machina salta fuori all’improvviso e trascina il cattivissimo Indominus nell’abisso marino. Il male è sconfitto e il bene trionfa. Vincitrice sull’uomo e sui mostri della tecnica, alla fine, è la forza bruta della natura.
Rapporto uomo – animale
Un altro tema che si sviluppa nel frattempo è quello del rapporto interpersonale fra uomo e dinosauro. L’intelligenza – malvagia, a quell’epoca – dei velociraptor è mostrata nel primo film con un particolare di incredibile efficacia, che a parer mio vale tutta la pellicola; altro che bicchiere d’acqua che trema all’arrivo del T. Rex. A parte la capacità dei raptor di aprire le porte, nella scena della cucina si vede, dal basso, l’unghiolo di un raptor che ticchetta nervosamente sul pavimento. Sta pensando!
Nella prima trilogia, tutti i predatori, intelligenti e non, sono malvagi. Se c’è qualcosa che li redime è la cura parentale; perché a quanto pare gli scienziati hanno nel frattempo scoperto che anche i carnosauri allevavano i figli, li amavano e li proteggevano. Ecco arrivare i guai quando nel secondo film i ricercatori prendono a bordo del camper il cucciolo di T. Rex ferito, e quando nel terzo film un giovane scienziato ruba uova di raptor. Feroci sì, ma tirannosauri e velociraptor, se genitori, sono disposti a tutto pur di salvaguardare la prole.
Nella seconda trilogia, dato che sono i velociraptor i dinosauri più intelligenti, si inizia a stabilire un rapporto con la raptor Blue. Sarà lei, insieme al meno consapevole T. Rex, a salvare gli umani alla fine del primo Jurassic World, e sarà ancora lei a salvarli nuovamente alla conclusione del secondo. Grazie a Blue, dunque, possiamo assistere al terzo Jurassic World. Grazie anche a Rexy, che torna e trionfa di nuovo. E grazie anche a Spielberg, perché nella sceneggiatura originale del primo Jurassic il T. Rex avrebbe dovuto essere ucciso, ma il regista decise di salvarlo rendendosi conto che Rexy era la protagonista del film. L’animatronic pesa quasi 8 tonnellate.
Jurassic World – Il dominio
Questa volta, sarà Blue ad essere ricompensata della sua amicizia; perché, a costo di tante difficoltà, gli umani le riporteranno la figlia rapita, la piccola Beta; mentre di nuovo sarà Rexy, benché anziana, a sconfiggere con l’aiuto di un therizinosauro il cattivo di turno, il giganotosauro. Abbastanza irrealisticamente (ma è un film, no?) il sesto film della saga centra l’attenzione sul rapporto che si potrebbe stabilire con i dinosauri, – se esistessero, naturalmente -, ma anche con le specie esistenti, messe a serio rischio dalla sconsideratezza umana nell’uso / abuso indiscriminato della natura. Penso che ai giovani faccia bene vedere questo tipo di film, che fa passare per immagini alcune problematiche serie, anche se in modo superficiale e troppo veloce. Ecco, superficiale e veloce (e chiassoso); così potrei qualificare questo film – del resto, non so cosa si potrebbe fare di più profondo con un film sui dinosauri.
L’appunto che gli faccio è quello della eccessiva frenesia dell’azione e del frastuono quasi continuo; ma capisco che si possa trattare del taglio oggi necessario a farsi seguire dai giovani. Ben giocata la carta del ritorno della squadra originale Neill – Goldblum – Dern, di nuovo insieme dopo 30 anni. Un trentennio che non sembra trascorso per il paleontologo Alan Grant / Sam Neill e neppure per il teorico Ian Malcolm / Jeff Goldblum; ma che pesa invece sulla paleobotanica Ellie Sattler / Laura Dern, che a parer mio recita in un modo un po’ caricato (forse per colpa del doppiaggio?) e va ad assomigliare alla signorina Silvani di Fantozzi.
Tra difetti e pregi, il film è già comparso in 15 mercati principali questa settimana, tra cui Italia, Messico e Brasile; e ha già quasi incassato 20 milioni di dollari in due giorni. Si prevede un incasso di più di 45 milioni di dollari in questo fine settimana, prima ancora dell’uscita nelle sale americane il 10 giugno.
Potrebbe essere l’occasione per leggere (o rileggere) i due romanzi di Crichton, Jurassic Park (1990, edizione italiana Garzanti) e Il mondo perduto (1995, edizione italiana Garzanti). Due bei libri, il primo anche abbastanza impegnativo.
«Dio gioca con il Leviatan»
C’entrano qualcosa i dinosauri con la Bibbia? In fondo sì, perché sono i grandi mostri, non solo marini, i Tanninim, che Dio ha creato e la natura ha prodotto prima dell’uomo, ben più possenti dell’uomo. Il Behemoth e il Leviatan sono cantati dal libro di Giobbe come portenti del creato, anche se non sono certo dinosauri; anzi, in sostanza, sotto il tono epico ed enfatico, sono soltanto l’ippopotamo e il coccodrillo: piccoli rispetto a un T. Rex, ma bastanti anche da soli a far tremare un uomo a cui soprattutto, infondendo terrore, insegnano ad abbassare la superbia.
Solo Dio domina il mare, le grandi acque con tutto ciò che di misterioso e di spaventoso esse contengono; e quegli esseri che nelle mitologie pagane sono mostri divini, e rappresentano le forze invincibili del caos, nei testi poetici della Bibbia sono solo bestioni gioiosi che guizzano e giocano nel mare, creature come tutte le altre, e non dèi. Rappresentano, in effetti, l’aspetto ludico della creazione, tanto da dar luogo al seguente midrash:
«Che cosa fa tutto il giorno il Santo, Benedetto Egli sia? Nel primo quarto della giornata Egli contempla la Torah. Poi, nel secondo quarto, siede a giudicare la terra. Nel terzo quarto, dà il cibo a ogni vivente. Nell’ultimo quarto, gioca con il Leviatan!».
Lo spunto diretto viene dal Salmo 104, uno straordinario Cantico delle creature che al v. 26 recita: «il Leviatan che hai plasmato per giocare con lui», traduzione adottata dalla nuova versione della Cei a fronte dell’altra, pure possibile, «perché giochi in esso nel [mare]». Dio, dunque, gioca con il Leviatan, ed anche noi dovremmo imparare a giocare di più.
In Jurassic World invece c’è poco da scherzare. Sì, ci sono i pacifici erbivori con i cui cuccioli i bambini possono trastullarsi; ma, naturalmente, il pericolo incombe. Infatti, la solita protervia umana, seguendo le leggi del profitto e non dell’etica o del semplice buon senso, e non avendo imparato niente dalle disavventure precedenti, gioca a fare Dio pasticciando con una miscela letale di Dna o mettendo insieme ciò che la natura ha voluto diviso; il risultato sarà, al solito, catastrofico.
Il monito non è fuor di luogo, tanto più che non sappiamo che cosa stanno davvero combinando gli scienziati: non dimentichiamo che, qualche anno fa, il paleontologo Jack Homer ha annunciato di star lavorando ad un progetto di chickenosaurus o pollosauro, una involuzione da gallina a rettile; mentre qualcuno pensa seriamente alla creazione di un ibrido di mammut lanoso… La saga giurassica quindi, anche se in modo ingenuo, ci mette davanti il confronto natura – tecnica, e il fatto che alla fine vinca sempre la prima vorrebbe forse farci riflettere. È il monito del sesto film: «I dinosauri ridimensionano l’uomo». In fondo, è la lezione del libro di Giobbe, una lezione di cui far tesoro. Semplicistico, come è logico che sia in un film di dinosauri, ma vero.