Comunità cristiane delle origini: fonti archeologico. L’epigrafe di Abercio

L'epigrafe di Abercio
Sant’Abercio. Miniatura dal Menologio di Basilio II. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=110821032

Nel caso delle origini del cristianesimo, le fonti scritte sono privilegiate rispetto ad altri tipi di testimonianze, perché sono coeve alla nascita e alla vita delle prime comunità cristiane (soprattutto le lettere paoline, a partire dall’anno 50 circa), mentre le testimonianze archeologiche e iconografiche seguono a distanza di oltre un secolo. La prima testimonianza archeologica, l’epigrafe di Abercio, è però molto antica. Il suo autore è un santo pochissimo conosciuto, S. Abercio vescovo di Hieropolis in Frigia, predicatore instancabile e taumaturgo. Si ricorda liturgicamente il 22 ottobre, ma le tradizioni su di lui sono talmente leggendarie che si dubitava persino della sua esistenza; poi, a sorpresa, nel 1883 un archeologo scoprì l’epigrafe del monumento funerario di Abercio, un importantissimo documento riguardante l’esperienza della fede cristiana.

Ce ne parla l’archeologo e frate minore conventuale Simone Schiavone.

L’epigrafe di Abercio, la regina delle iscrizioni cristiane (F. Simone Schiavone)

L'epigrafe di Abercio
L’epigrafe di Abercio. Foto di Giovanni Dall’Orto – Opera propria, Attribution, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3926108

Trattasi di un marmo bianco: altezza cm 59, lunghezza cm. 42, larghezza cm. 40.

Ritrovato ad Hammam presso Geropoli (Turchia). Datato 170-200 d.C. Si tratta della più antica iscrizione cristiana nota (fine II – inizi III sec.), pertinente al monumento funerario di Abercio, vescovo di Hieropolis. È un testamento spirituale in cui Abercio riassume tutta la sua esperienza di fede cristiana attraverso metafore ed espressioni simboliche dense di significato dogmatico. Già nota da leggende e da una citazione parziale in un monumento più recente (cippo di Aléxandros, 216).

L’ ara sepolcrale entrata nella letteratura scientifica con la denominazione “cippo di Abercio”.  Il cippo venne trovato dall’archeologo William Ramsay dell’Università di Aberdeen in Scozia ad Hammam presso Geropoli, incastrato nelle mura di un edificio termale e composto di due frammenti. Le due parti furono donate, dal sultano di Turchia e dallo stesso Ramsay, a Papa Leone XIII nel 1892 per il suo giubileo sacerdotale e quindi conservati nei Musei Vaticani. Giovanni Battista de Rossi, noto archeologo italiano, il primo grande scopritore delle catacombe di Callisto, nel 1888 defini l’epitafio di Abercio la regina delle iscrizioni cristiane e la più antica sicuramente databile.

Il LINGUAGGIO dell’iscrizione è simbolico, figurato e criptico risalente al cristianesimo della clandestinità che, volutamente, cerca di rendersi incomprensibile ai profani per parlare solamente a coloro che sono in grado di capire, come lo stesso Abercio avverte.

L’epigrafe di Abercio: il testo

Il testo della stele voluta dal vescovo di Gerapoli Abercio per la sua sepoltura dice:

«Cittadino di eletta città, mi sono fatto questo (monumento) da vivo per avere qui nobile sepoltura del mio corpo. Il mio nome è Abercio discepolo del casto pastore che pascola i greggi di pecore sui monti e in pianura, che ha grandi occhi che dall’alto guardano dovunque. Egli infatti mi insegnò scritture degne di fede e mi inviò a Roma a contemplare il regno e vedere la regina in aurea veste e in aurei calzari. Vidi là un popolo che porta uno splendido sigillo. Vidi anche la pianura e tutte le città della Siria (anche) Nisibi oltre l’Eufrate. Dovunque poi ebbi confratelli, avendo Paolo compagno di viaggio. La Fede dovunque (mi) guidava e (mi) presentò per cibo dovunque un pesce (derivato) dalla fonte, immensa , pura che una casta vergine concepì e questo (la Fede) diede a mangiare agli amici sempre, avendo un vino eccellente che mesceva con pane. Queste cose in mia presenza dissi io Abercio che così si scrivessero mentre mi trovavo nel settantaduesimo anno.

Queste cose chi comprende e sente come me, preghi per Abercio. Nessuno poi nella mia tomba porrà un altro. Se no, pagherà all’erario dei Romani duemila aurei e all’ottima patria Hieropolis, mille».

L’epigrafe di Abercio: interpretazione

Il simbolo del pesce e pane eucaristico, Catacombe di S. Callisto. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=566678

All’inizio egli si ritiene cittadino della “eletta città” la quale potrebbe alludere sia a Gerapoli, patria di Abercio, sia alla Gerusalemme celeste, di cui Abercio è cittadino in quanto cristiano. Si definisce discepolo del casto PASTORE (prima figura simbolica di Gesù nella sua dimensione soteriologica derivante dal Vangelo di Giovanni 10,11-18).

Un Pastore DAI GRANDI OCCHI in quanto il pastore è Dio onniveggente. Poi dice di avere appreso dal pastore la verità della Fede. Più avanti descrive il suo viaggio a Roma dove conosce il centro della Chiesa universale che si manifesta come una REGINA VESTITA D’ORO e un POPOLO cioè la comunità cristiana MUNITA DALLO SPLENDIDO SIGILLO, cioè il Battesimo della fede cristiana.

Dice che l’apostolo Paolo è il suo compagno spirituale e che la Fede lo guida ovunque e gli dà come nutrimento il PESCE mistico. Il pesce è il diffuso simbolo di Cristo che deriva dall’acrostico greco ΙΧΘΥΣ (Ichthỳs – Gesù Cristo di Dio Figlio Salvatore) CONCEPITO DALLA VERGINE CASTA (Maria). Qui c’è chiaro riferimento all’Eucaristia che in quei primi secoli era rappresentato come pesce accanto ai pani. Abercio poi invita a PREGARE PER LUI (qui abbiamo un riferimento alla fede nella preghiera per i defunti che, come si vede, appartiene agli inizi). Intìma poi una pena pecuniaria molto forte per dissuadere qualcuno dal violare il sepolcro.