Lettura continua della Bibbia. Isaia: l’Emmanuele

L'Emmanuele
La Madonna del Segno. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2975047

Un grande tema del messaggio di Isaia è il motivo messianico davidico, espresso in brani meno diffusi ma assai importanti e di ampio respiro.

Lo sfondo storico di questa parte, la più celebre del libro di Isaia, è la guerra siro-efraimita (734 a.C.): i re di Damasco e di Samaria vogliono costringere Giuda ad un’alleanza con loro, ed ottenendone un rifiuto marciano contro Gerusalemme. Il messaggio profetico va oltre le prospettive umane di alleanze militari: è un messaggio di speranza centrato sull’intervento divino, mediato da un concreto discendente di Davide, l’Emmanuele, probabilmente, nell’ottica del profeta, Ezechia. Anche il blocco poetico costituito dai capp. 7-12 è, però, eterogeneo, e si muove sul registro dell’attesa dell’intervento imminente di Dio, oltre che su quello dell’attesa di un mondo rinnovato. Tre sono i testi fondamentali: Is 7 è il primo.

Isaia 7,10-14

In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».

L’Emmanuele: una profezia messianica?

Questo oracolo è stato considerato fino al secolo scorso la profezia messianica per eccellenza; vediamo quale ne è il significato originario.

L’esortazione di Is 7,1-9 è indirizzata a mantenere la calma e a non temere durante la guerra siro-efraimita, perché l’attacco dei nemici di Gerusalemme sarà vanificato. Però, l’attenzione è concentrata sulla disposizione interiore dei protagonisti, sulla  fede  nell’intervento liberatore del Signore che agisce in modo pienamente autonomo, senza alcuna cooperazione umana. Damasco e Samaria, alleati, muovono contro Giuda. Il giovane re Acaz decide di invocare l’aiuto di una grande potenza, l’Assiria, e per ingraziarsi la divinità in questo grande momento «fa passare il figlio attraverso il fuoco» (2 Re 16,3), con una reale immolazione o con una cerimonia simbolica nella valle di Hinnon.

L’invito alla fede e alla calma

Isaia, che tiene per mano il figlio Shear-Jashûb (“Un resto tornerà”), è una protesta vivente contro il sacrificio del primogenito e la mancanza di fede nel Signore: è ora di convertirsi. Acaz, in particolare, deve rinunciare al suo  progetto di alleanza, sarà il Signore a proteggere la sua comunità. Rifiutando invece di chiedere un segno, egli dichiara di non voler rinunciare al suo progetto di salvezza. L’opera politica e militare dell’uomo non può che sbarrare la strada a Dio: l’unica cosa che Dio chiede all’uomo è mantenersi calmi, quella calma (nachath) che equivale a volgersi con fiducia a Dio salvatore.

Il segno

Il termine ’ot = segno non indica di per sé un miracolo, ma si riferisce a ciò che è presente ed imminente, come i figli stessi di Isaia sono segni per Giuda. Naturalmente, un segno può essere anche prodigioso, ma è soprattutto qualcosa di materiale che rappresenta e garantisce il contenuto della parola di Dio. Lo schema letterario è quello dell’annunciazione della nascita di un salvatore, come per Isacco, Sansone, Samuele, da una madre solitamente sterile. Qui la madre è designata con il termine ‛almah che i Settanta e Matteo 1,23 rendono con vergine, mentre significa semplicemente giovane donna che non ha ancora partorito. Storicamente si pensa che alluda ad Abi, la giovane moglie di Acaz che non gli aveva ancora dato un erede.

Che senso ha l’atteggiamento di Acaz?

Charles Antoine Bridan (1786-1789), Elia dà un segno al re Acaz. Di Le Passant – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=75886425

Acaz è un re devoto, a suo modo: ha fatto passare il figlio attraverso il fuoco (II Re 16,3), ha praticato il culto sulle alture, e farà costruire al sacerdote Uria un altare secondo il modello che avrà visto a Damasco, e vi offrirà sacrifici (2 Re 16,10-15); ma tiene la sua fede lontana dalla politica. Teme gli eserciti nemici, fa alleanza e fa guerre, e non vuole tentare il Signore, lo vuol tenere fuori dalle sue decisioni, non vuole un segno. In questo modo, si fa servo dell’Assiria.

L’Emmanuele

La speranza di Israele si appunta invece, secondo Isaia, su un re fedele che nascerà dalla casa di Davide, che sarà veramente il segno dell’Emmanuele = Dio con noi.

Il nome Emmanule = Dio con noi è simbolico come i nomi dei figli di Osea e di Isaia, e può evocare il tema della guerra santa.

Cronologicamente, la profezia ben si adatta alla nascita del futuro buon re Ezechia, figlio di Acaz e di Abi, databile al 733/732 a.C. (siamo nel 735/734 a.C.). Questo principe sarà il re del resto fedele, e vivrà tempi difficili con il suo popolo finché non sarà spezzato il giogo della schiavitù assira imposto dalla politica di Acaz. Ezechia sarà il re attraverso cui Dio salverà il suo popolo.

Questo annuncio, pur concretizzandosi probabilmente in Ezechia, lascia aperti anche gli spazi per una speranza più grande, ancora lontana. È in questi spazi che si svilupperà l’attesa del messia perfetto. Di questa profezia infatti i LXX, che non l’avevano ancora vista adempiersi, e Matteo, che la vede compiersi nella concezione verginale di Gesù, danno il sensus plenior, cioè il senso più pieno, la portata più vasta e profonda leggibile solo nell’evento Cristo, di cui la profezia è come un’ombra anticipatrice.