Lettura continua della Bibbia. Deuteronomio: Leggi cultuali (cap. 12-16)

Leggi di centralizzazione
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Una caratteristica esclusiva del Deuteronomio sono le leggi di centralizzazione del culto: dei sacrifici, dell’offerta delle decime, del riscatto dei primogeniti, delle più grandi feste annuali…

a.- Leggi di centralizzazione del culto

  • Cap. 12 – Dei sacrifici

Nel cap. 12 le  leggi di centralizzazione si presentano in una triplice forma:

vv. 2-7:         contro il culto dei Cananei

vv. 8-12:       contro l’eclettismo degli israeliti

vv. 13-19:  (in 2^ persona singolare, nella forma più antica e diretta) sulla unicità del culto e liberalizzazione della macellazione profana.

Nella formulazione deuteronomica la concezione della Presenza divina è più elaborata rispetto al Codice dell’Alleanza (Es 20,24 ss.), perché lì si parla della venuta del Signore quando è invocato, mentre nel Deuteronomio si fa una distinzione più precisa tra il Signore e il luogo del culto: il Signore è personalmente in cielo (Dt 26,15); sulla terra, nel luogo di culto, abita il Nome.

Questo luogo di culto deve trovarsi “in una delle tue tribù, nel luogo che il Signore si sceglierà”, con una necessaria rottura con le tradizioni di una molteplicità di santuari legati alla memoria dei patriarchi, a causa degli abusi che vi si erano introdotti e che non consentivano più di riportare il culto dei santuari locali alla purezza della fede jahvista.

Le leggi deuteronomiche non sono rivolte ai sacerdoti su problemi specifici del rituale, ma ai laici: la richiesta che tutti i sacrifici debbano essere presentati in un unico luogo di culto, e non il come.

  • 14,22-29 – Delle decime

Questo testo regola la cessione delle decime al santuario, come atto rituale e quindi da riferirsi al santuario unico. La distanza eccessiva consente di convertire il prodotto in denaro e con esso comperare presso il santuario quanto occorre per l’offerta.

Poco chiaro è il rapporto delle decime annuali con la decima triennale ai poveri del proprio villaggio: sembra che questa sostituisca la decima “centralizzata”, allo scopo di impedire l’impoverimento dei leviti di campagna tagliati fuori dalla centralizzazione, come pure dei forestieri, degli orfani e delle vedove (vv. 28 ss.).

La normativa sacerdotale sulle decime (Num 18,28) le destina al santuario come una imposta dovuta al clero (Lev 27,30 ss.). Deuteronomio ne fa un’offerta consumata in un banchetto di comunione, per riconoscere che i frutti della terra sono dono del Signore. I rabbini, combinando queste due norme, ne ricavarono una doppia decima annuale, cui ogni tre anni si aggiungeva una terza decima da devolvere ai poveri.

  • 15,19-23 – Dei primogeniti

Anche i primogeniti devono essere offerti e quindi riscattati nell’unico luogo di culto, e non nelle rispettive dimore.

  • Cap. 16 – Delle feste di Pasqua, Settimane e Capanne

Anche le feste vengono centralizzate e divengono feste di pellegrinaggio: gli antichi riti vengono attualizzati. La Pasqua, in particolare, era nata come festa familiare, domestica: anch’essa viene trasferita al santuario, per cui assume la forma di un atto sacrificale (si “sacrifica” la vittima, mentre negli altri testi si “macella”) compiuto su animali sacrificabili, ovini e bovini, non più “arrostiti” (Es. 12,8) ma “cotti” (Dt. 16,7) nelle caldaie.

Altre forme di centralizzazione

  • 17,8-13 – Del giudizio

Nei casi in cui l’amministrazione della giustizia si presenta troppo difficile per la comunità locale, si può (la disposizione è discrezionale) ricorrere al santuario centrale, soprattutto nei casi di delitti capitali. L’iniziativa è dei giudici (gli anziani del villaggio) e non dell’imputato; non è chiaro se il giudizio, nel santuario, spetti ai sacerdoti leviti o al giudice (funzionario regio come in 16,18?); il motivo, non esplicitato, è la loro maggiore esperienza e la loro più grande autorità (divina).

  • 18,1-8 – Dei leviti e sacerdoti

Le norme più antiche sui leviti (mancanza di possedimenti, diritto alle parti sacrificali e alle primizie) sono ripetute, con un invito alla centralizzazione (disposizione discrezionale). Il Deuteronomio si prende cura soprattutto dei leviti di provincia, rimasti senza occupazione quando non officiavano al tempio. Dai testi deuteronomici sembra che tutti i leviti vengano considerati sacerdoti, e non solo, come nel resto del Pentateuco, i discendenti di Aronne. Al tempo della riforma di Giosia, d’altro canto, solo una famiglia levitica, i sadoqiti, avrà riservati gli uffici sacerdotali: i testi – più recenti – della tradizione P riflettono questo stato di cose divenuto definitivo.

b.- Altre norme cultuali

  • Cap. 13 – Contro la tentazione dell’idolatria

Un profeta (vv. 1-6), un consanguineo, un amico carissimo (vv. 7-12), degli agitatori (vv. 13-19) potrebbero indurre l’israelita a servire altri dèi, confondendolo con segni o ragionamenti o con il pericolo di spezzare l’unità familiare. Il caso dell’apostasia di un’intera città può riferirsi solo ai pericoli della concorrenza del culto di Baal, vivo nel Nord. Il male deve essere sradicato con un inesorabile rigore.

  • 14,1-21 – Questioni rituali

Sono vietate le pratiche funebri pagane (di cui sfuggiva ormai, anche all’israelita, il significato originario, ma che erano in relazione con il culto idolatrico) ed i cibi abominevoli (TÔ‘EBAH = interdetto all’uso cultuale).

  • Cap. 15,1-18 – Della remissione (Shemittah) = messa in libertà

Questa norma si riferisce, come in Lev 25, all’anno sabbatico, che comporta il riposo della terra, ma qui si estende anche al condono dei debiti, in quanto le mutate circostanze storiche avevano per lo più impoverito i contadini, che avrebbero dovuto portare tutto il peso dell’ordinamento sacrale, ed arricchito i cittadini (commercianti), la cui attività economica non subiva interruzioni. L’antica legge viene così adeguata ai bisogni dei nuovi poveri.

Anche la legge sugli schiavi è modernizzata rispetto ad Es 21,1-11: non si tratta più dell’acquisto di un uomo che non è libero, ma di un israelita che si è venduto per debiti, e si prevede anche il caso della donna, che evidentemente ha acquisito il diritto di possedere e quindi la possibilità di finire in schiavitù per gli stessi motivi degli uomini.