
Delle tre parabole degli smarriti (la pecora, la dracma, il figlio minore), le prime due sono parabole della ricerca, la terza una parabola del ritorno: perché la pecorella e la monetina non hanno la capacità del ritorno, devono essere cercate, mentre il ragazzo può trovare consapevolezza e volontà di tornare con le proprie facoltà.
Come Luca fa volentieri, alla parabola della pecorella smarrita, relativa ad un mestiere, quello del pastore, coniugato al maschile, l’evangelista unisce una parabola relativa ad una sfera femminile, quella domestica.
Parabole della ricerca: la pecorella smarrita
Nella parabola della pecora smarrita (4-7), le immagini utilizzate sono quelle della vita rurale: il paradosso sta nella gioia smodata del pastore, che riflette la gioia di Dio nel prendersi cura del suo gregge.
L’antecedente veterotestamentario più diretto, oltre al Salmo 23, è il cap. 34 di Ezechiele, in cui i pastori di Israele sono accusati di aver abusato del proprio ufficio facendo il proprio tornaconto, mentre Dio stesso si presenta come il vero Pastore che cerca le sue pecore e le conduce ad ottimi pascoli: «Quella che s’è perduta l’andrò a cercare, quella che s’è allontanata la farò tornare, quella che s’è fratturata la fascerò, quella ammalata la farò ristabilire; veglierò sulla grassa e sulla robusta!». Il gregge non è una massa indistinta che confonde le individualità, ma una popolazione organica dove ciascuno ha le proprie specificità, non solo i deboli, ma anche i forti: le pecore lasciate al sicuro non hanno motivo di essere gelose! Dio ha amorevole cura anche di loro.
La dracma smarrita
La brevissima parabola della dracma smarrita (8-10) è la gemella, al femminile, della precedente e la ribadisce: ancora più paradossale è l’ansia della ricerca e la gioia del ritrovamento, gioia comunitaria per un oggetto inanimato (una dracma equivaleva ad una giornata di lavoro di un operaio).