Le nozze di Cana

Le nozze di Cana
Giotto, Le nozze di Cana. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15884083

L’episodio delle nozze di Cana, in cui Gesù dà il primo dei suoi segni, viene spesso molto banalizzato come se si trattasse essenzialmente di un gesto di bontà di Gesù verso due sposini in difficoltà, di una benedizione del loro matrimonio, e di un gesto di intercessione materna da parte di Maria. Non dico che non vi sia questo aspetto, ma c’è molto, molto di più…

Uno strano matrimonio

Anzitutto, dove sono gli sposi? La sposa manca del tutto, non è nemmeno menzionata. Lo sposo è solo un pallido espediente letterario per far dire all’architriclino, il sovrintendente alla mensa, la frase che sappiamo. E proprio l’architriclino, da cui dipende il buon esito del banchetto, come può essere così idiota da non rendersi conto di nulla? Che manca il vino, che manca persino l’acqua? Inoltre, perché Gesù dà alla madre quella che secondo i nostri parametri ha tutta l’aria di essere una rispostaccia?

La dinamica delle nozze di Cana

Il brano inizia con una espressione strana: Il terzo giorno… ma il terzo giorno da che? Cosa significa? La madre è già sul posto, Gesù viene invitato a parte con i discepoli..

Il vino manca e la madre se ne accorge, lo fa notare a Gesù, ma questi la chiama, stranamente, Donna, e risponde che non è ancora giunta la sua ora. Imperterrita, la madre avverte i servitori di eseguire i comandi di Lui.

Non solo non c’è il vino, non c’è neppure l’acqua: le sei grandi idrie di pietra per le abluzioni rituali sono vuote. Che matrimonio scalcinato! Si dice anche la loro capacità, due o tre metrete, che espressa in litri non ha alcun senso.

Gesù le fa riempire e fa attingere ad esse per portare da bere al capo del banchetto. Questi assaggia e loda lo sposo per la bontà del vino tenuto in serbo da ultimo. Ma non era lo sposo che doveva provvedere, era proprio l’architriclino…

Che nozze strambe! Non c’è niente che si svolga come dovrebbe. Per capirci qualcosa, non è che dovremmo cercare significati profondi che ad uno sguardo superficiale sfuggono?

Il terzo giorno

Questa strana coordinata temporale non è legata, in realtà, ad un significato meramente cronologico. Il terzo giorno ci rimanda a due eventi: andando nel passato, alla rivelazione del Sinai, avvenuta “il terzo giorno”; proiettandoci nel futuro, alla Resurrezione. Dobbiamo, quindi, attenderci una rivelazione, che sarà, il terzo giorno, la gloria del Cristo Risorto. Questa gloria, in qualche modo, è anticipata da quanto avviene alle nozze di Cana.

Il vino delle nozze

Qualche critico, invero superficiale, ha considerato quello di Cana un miracolo di lusso, inintelligibile da un punto di vista etico e privo di vero scopo, e persino imbarazzante. Come osservava C. S. Lewis, c‘è gente che avrebbe preferito che Gesù avesse cambiato il vino in acqua. Tra l’altro, nell’episodio delle tentazioni, in Matteo e Luca, Gesù aveva rifiutato di cambiare le pietre in pane (Mt 4,4; Lc 4,4)… Qui troviamo invece il cambiamento di acqua in vino, una apparente stranezza in un vangelo, l‘unico miracolo neotestamentario che implichi la trasformazione di una sostanza in un‘altra.

Eppure, le nozze di Cana sono presentate nel IV Vangelo come l‘archetipo dei segni che seguiranno; non solo: sono anche la chiave che permette di leggere e comprendere tutto lo sviluppo del Vangelo stesso. Il segno che viene dato a Cana è il segno del vino, biblicamente ricco di numerose valenze. A tavola si beveva acqua, ma nel caso di un pasto completo era normale servire il vino, che è perciò menzionato insieme al pane (Gn 14,18; 1Sam 16,20; 25,18); a maggior ragione, esso non doveva mancare in alcuna festa, sopratutto in quella nuziale.

Il vino infatti è la bevanda che rallegra il cuore dell‘uomo (Sal 104,14), il simbolo della prosperità del popolo, associato all‘alleanza e al possesso del Terra promessa (Dt 7,13; 28,51) ed anche alla promessa di restaurazione: “In quel giorno, i monti stilleranno vino nuovo e le colline faranno scaturire latte” (Gioele 4,18; 2,24; anche l‘aggiunta apocalittica di Is 25,6, descrivendo il banchetto escatologico, usa il vino come simbolo della gioia che sarà sperimentata nella nuova creazione; cfr. 55,1; Os 14,8). La benedizione di Giacobbe promette a Giuda un discendente che legherà l‘asino al tronco della vite, laverà nel vino la veste, l‘abito nel sangue dell‘uva, e avrà gli occhi annebbiati dal vino (Gn 49,11 s.). Filone di Alessandria addirittura identifica il Logos con il vino.

Linguaggio profetico

Nel linguaggio profetico, che fa uso del tema sponsale in riferimento all‘alleanza tra Dio ed Israele, l‘immagine del vino esalta l‘ebbrezza dell‘amore (Is 62,5.8 s.; Gr 31,5.12; Os 2,10.17.21-24; Am 9,13 s.; Gl 2,19.22; Zc 9,17), soprattutto per quanto riguarda i tempi escatologici. Il vino è infatti nella tradizione biblica e giudaica la bevanda tipica dei momenti festosi (Sal 104,15; Sir 31,27 s.; 39,26; Ct 2,4; 5,1; 7,3.10; 8,2), particolarmente del banchetto nuziale in cui rappresenta l‘elemento caratteristico ed obbligatorio, espressione di gioia (cfr. Ct 1,2.4; 2,4; 4,10; 5,1; 7,3.10; 8,2; Tos. Shab. 7,9; Ber. 9a. 30b). Alle nozze il vino non può assolutamente mancare.

Linguaggio sapienziale

Nel filone sapienziale, il vino viene ad esprimere la Parola di Dio, la Sapienza, la Torah (Pr 9,2.5: la Sapienza in persona prepara un banchetto, mesce il suo vino e invita: “Bevete il vino che vi ho preparato”; cfr. Is 55,1: “Voi tutti che avete sete, venite a comprare senza denaro, ricevete gratuitamente il vino e il latte”; Sir 24,17.20). Questa immagine del vino, figura della Torah insegnata autorevolmente dal Messia, è sviluppata nel Targum e nel Midrash (Tg. Ct 8,1 s.; Genesi Rabbah 98,9 su 49,11). Nel Targum, l‘insegnamento della Torah viene chiamato vino squisito che Dio ha tenuto in serbo fin dalla creazione, e il Messia dovrà insegnare una dottrina paragonata al vino.

L‘abbondanza di vino ha una valenza simbolica: nel contesto giovanneo indica l‘inaugurazione del tempo messianico. Il vino provvisto da Gesù significa lo Spirito inebriante dato da Gesù stesso (Gv 7,39; 19,30). L’abbondanza di vino significa che il Messia è giunto.

(Continua)