Contestazione di un’omelia. Le formule di abdicazione

Le formule di abdicazione
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Giorgio Farè prosegue nelle sue argomentazioni fasulle contestando come invalido il lessico usato da Benedetto XVI nella Dichiarazione di rinuncia in quanto non trova riscontro in altre formule di abdicazione, ovvero quelle di Celestino V e di Paolo VI.

L’obiezione di Farè: le formule di abdicazione

«Il lessico usato da papa Benedetto XVI non trova precedenti nemmeno nelle formule di abdicazione utilizzate da altri Papi. Riporto due esempi. Papa Celestino V che abdicò nel 1294 disse Sponte ac libere cedo Papatui et expresse renuncio loco et dignitati, oneri et honori… (Abbandono liberamente e spontaneamente il papato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta).

Paolo VI aveva preparato una lettera di rinuncia da far valere in caso di malattia grave nella quale scriveva – cito – di “rinunciare al nostro caro nostro sacro e canonico ufficio sia come Vescovo di Roma sia come Capo della medesima Santa Chiesa Cattolica”.

Diversamente Benedetto XVI afferma di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma».

Questo, per Farè, rappresenta un indizio certo di nullità dell’atto.

Risposta

Faccio notare innanzi tutto, con le parole dei giuristi Boni – Ganarin, il nesso tra la scelta espressa nella Declaratio, e ribadita nell’udienza da Benedetto XVI, e sede vacante.

La risposta di Boni – Ganarin

Il riferimento espresso alla sede petrina vacante («sedes Romæ, sedes Sancti Petri vacet») – inteso da alcuni erroneamente, secondo un’accezione estranea al mondo del diritto, come “vuota”, poiché il papa dalle ore 20:00 del 28 febbraio 2013 si sarebbe trovato in una situazione di sede totalmente impedita – risulta perciò decisivo nell’operazione ermeneutica finalizzata ad assegnare alla rinuncia il suo corretto e univoco significato: quello d’altronde più immediato e intuitivo perché incentrato sul nesso di causalità tra la scelta del papa (rinuncia all’ufficio petrino) e ciò che è giuridicamente derivato da essa (vacanza della “sede di Roma”, espressione peraltro equipollente a quella di Santa Sede o Sede Apostolica, come si può altresì evincere dalla lettura della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis).

Non è perciò sostenibile che munus e ministerium abbiano «accezioni diverse» e dunque la rinuncia di Joseph Ratzinger sia invalida in quanto, sulla base di un approccio che dimentica quanto meno l’incidenza del diritto divino positivo, il can. 332 § 2 CIC «introduce la necessità di rinunciare esplicitamente al munus petrino» (p. 6).

Il papa, del resto, poteva usare indifferentemente una parola piuttosto che l’altra, purché fosse manifestata chiaramente la sua volontà di abbandonare il soglio petrino: cosa che effettivamente è accaduta, non potendosi ipotizzare che egli abbia rinunciato a «esercitare il ruolo di Papa, pur restando Papa» (p. 7).

È pertanto inutile e fuorviante richiamare il precedente della rinuncia di papa Celestino V del 1294, a proposito della quale, peraltro, lo stesso Ratzinger aveva dichiarato nel 2018 di essere «ben consapevole del fatto che la situazione di Celestino V era estremamente peculiare e che quindi non poteva in alcun modo essere invocata come precedente» (Peter Seewald, Benedetto XVI. Una vita, Garzanti, Milano, 2020, p. 1202).

In sintesi: le formule di abdicazione

Lo stesso Ratzinger nel 2018 aveva detto che la situazione di Celestino V non poteva costituire un precedente. Paolo VI aveva preparato una dichiarazione di dimissioni in cui usava la parola ufficio, equivalente a ministerium. La sua chiara intenzione era quella di lasciare il Pontificato nel caso in cui le condizioni di salute non gli consentissero più di portare avanti il suo incarico. Le precedenti formule di abdicazione non significano dunque alcunché.

Il riferimento di Benedetto XVI alla sede vacante come effetto della sua rinuncia non potrebbe essere più chiaro: l’uso di una parola diversa da munus non ha alcun significato se non quello di rinuncia al Pontificato.

Argomentazioni raffazzonate e pretestuose

Riprendo nuovamente l’intervento di Boni – Ganarin:

«Faré non tiene conto di questi elementi, citando in nota a sostegno della sua tesi la pubblicazione di un sacerdote argentino che si dichiara specializzato in teologia e filmati Youtube di avvocati esercenti la professione in Italia, obnubilando, dunque, i numerosi e consistenti lavori accademici dati alle stampe in questi anni da autorevoli giuristi che non da oggi si industriano nell’analisi del diritto della Chiesa e che hanno esaminato dettagliatamente e con acribia i profili giuridici della Declaratio di Benedetto XVI.

Si tratta di una lacuna grave che emerge ictu oculi dalla bibliografia finale (pp. 32-37) e comprova incontrovertibilmente l’insussistenza di un metodo rigorosamente scientifico, il quale deve necessariamente orientare l’itinerario espositivo di un intervento su questioni complesse e delicate, diffuso largamente online e quindi capace di disorientare un numero non irrisorio di christifideles.

Si ha, infatti, l’impressione che il “libello” di Faré sia stato confezionato a sostegno di una tesi precostituita, non essendo nemmeno menzionate le opinioni contrarie che pure meriterebbero attenta considerazione e – preme sottolinearlo – non provengono certamente dai cosiddetti “confundisti”, “legittimisti di Bergoglio”, “nemici della Chiesa e del papa”, “seguaci della Chiesa dell’Anticristo”, “cortigiani” o da chi sarebbe iscritto al “libro paga” del pontefice regnante, secondo deprecabili etichette che sovente e con leggerezza taluni attribuiscono, al fine non di controbattere le idee ma di denigrare le persone, rivelando così una sconcertante carenza di argomenti».

Sintetizzo

Sintetizzo questo dotto intervento: Farè non tiene conto degli studi dei giuristi, ma di presunti teologi e video Youtube di persone non qualificate, per difendere la sua tesi preconcetta. Gli argomenti contrari ad essa vengono anche da esperti non certamente simpatizzanti per papa Francesco, ma Farè non li prende in considerazione, disorientando i tanti che lo seguono online.