Viaggio nella Bibbia. Le donne nel libro dei Giudici

Le donne nel libro dei Giudici
Donne della Bibbia. Saint-Germain-des-Prés à Paris. Di GO69 – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=113363117

Inevitabile, a questo punto, qualche parola sulle figure femminili presenti nel libro dei Giudici. È indubbia la loro importanza, che attira continuamente l’attenzione del lettore, quasi a commentare negativamente le figure degli “eroi” maschili.

Deborah (“ape”, ma con le consonanti di DBR, “parola”) è la profetessa e giudice che mostra a Baraq (“fulmine”, appellativo probabilmente ironico) come deve condursi, e gli fa coraggio con la sua presenza in battaglia. Deve lasciare la sua staticità, tipicamente femminile nell’età antica: «Domum servavit, lanam fecit» («custodì la casa, filò la lana») era la frase che, anche con varianti (del tipo «domi mansitlanam fecit o domi mansitcasta vixitlanam fecit: «rimase in casa, visse pudica….») descriveva nelle iscrizioni funebri latine le virtù domestiche della donna. Ma la Bibbia assegna alla donna una importanza assai maggiore. Deborah sta seduta sotto la palma, ma è giudice e profetessa, è madre in Israele, e si alzerà ed andrà in battaglia per rassicurare il pavido Baraq / Fulmine!

Giaele, debole donna senza esitazioni, conficca un paletto nella tempia di Sisara alleato di suo marito, dopo che questi si è rifugiato nella sua tenda fiducioso e stremato. E il commento è: Tu sei benedetta fra le donne… Non nelle mani di Baraq, forte condottiero, cadrà il possente nemico Sisara, ma nelle mani delicate di una donna della tenda, che esce dalla sua dimora (anche lei spezza la staticità della sua condizione) per intrappolare l’uomo.

L’anonima sichemita, con la stessa logica di piccolezza, abbatte Abimelech, reo di aver trucidato i suoi 68 fratellastri per carpire il potere, per poi cadere come una pera ai piedi delle mura che aveva posto sotto assedio – per mano di una donna!

È ammirevole la delicata figura della innominata figlia di Iefte, vittima di un voto superstizioso. La sua fede spontanea denuncia la fede venale del padre, che voleva manipolare il divino per ottenere una vittoria che già gli era stata promessa.

La sterile moglie di Manoach, anch’ella senza nome, beneficia per prima di un episodio di annunciazione e diviene la madre di Sansone.

Nella saga di Sansone ci sono poi figure femminili negative, che potenzialmente lo espongono alla rovina; cosa che l’ultima, Dalila, compirà davvero. Anche in questo caso, la forza maschile è annientata dalle più sottili armi femminili.

La concubina del levita, smembrata in 12 pezzi, dopo che non ha avuto dignità matrimoniale e neppure un nome, ridotta ad oggetto, perde anche l’identità e l’unità personale. Ma la sua vicenda, forse metafora delle lacerazioni del paese, è paradossalmente funzionale a richiamare Israele all’unità nazionale. L’uso maschile della forza, nell’atto di violenza nei suoi confronti, ma anche, poi, nella punizione della tribù di Beniamino, si rivela dissennato.

Le donne nel libro dei Giudici

Le donne, nel libro dei Giudici, rappresentano così l’elemento sorpresa, inatteso dagli uomini, che per le righe storte scritte nella storia umana porta a compimento il progetto di salvezza di Dio. La forza dell’uomo viene infatti imprevedibilmente vanificata dalle figure femminili.

Sono due donne, Deborah e Giaele, e non Baraq, a liberare Israele; così pure, è un’anonima donna di Sichem ad abbattere l’arroganza di Abimelech. È l’accettazione umile e devota della figlia di Iefte a rendere possibile il compimento del voto sconsiderato, che sarà ricordato per sempre in Israele. La sterile madre di Sansone rassicura il marito davanti al  Tremendum  dell’apparizione celeste. È Dalila, e non un esercito di filistei, a sconfiggere il supereroe Sansone. E infine, è la disgraziata, cosificata, anonima concubina di Betlemme a costituire un appello all’unità delle 12 tribù. Avrebbe certamente preferito farne a meno; e certamente, da donna, non avrebbe voluto il quasi totale sterminio della tribù di Beniamino che sarebbe seguita.

In tutti questi casi, la sofferenza che gli uomini (e le donne) si infliggono reciprocamente è dovuta al cattivo uso che viene fatto della libertà umana. C’è bisogno di un riscatto. Occorre assolutamente capire che la Bibbia non è un libro edificante che ci presenta solo delle belle storie perché ci siano di esempio. La Bibbia contiene l’uomo nella sua realtà integrale, sia nobile che abietta. La storia della salvezza continua fra le storture degli uomini.