Dimissioni di Benedetto XVI: La testimonianza di mons. Georg Gänswein

Le dimissioni di Benedetto XVI
27 marzo 2014. Mons. Georg Gänswein accompagna Barak Obama all’udienza con papa Francesco. Di Pete Souza – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=33227382

In merito ai detrattori di papa Francesco, la questione della rugiada dello Spirito Santo (QUI) è minima, rispetto alle elucubrazioni principali del sedicente Codice Ratzinger: cioè, di quell’ammasso di illazioni senza fondamento che qualcuno vuole desumere o si illude di desumere dalla lettera di dimissioni di Benedetto XVI. Prima di tutto sentiamo cosa dice lui stesso:

Le dimissioni di Benedetto XVI. Esiste un Codice Ratzinger?

Che le dimissioni di Benedetto XVI possano essere state sollecitate o pilotate da altri è ammissibile: il papa è un uomo con tutte le umane debolezze, Ratzinger era vecchio e stanco ed è possibile che abbia subito pressioni psicologiche in tal senso. Non è mia intenzione negare l’eventualità di una simile situazione.

Che invece abbia finto di dare le dimissioni per far eleggere un antipapa è una congettura delirante che io nego recisamente.

Le memorie di don Georg Gänswein

Partiamo dal vissuto di questo Papa. Leggo nelle memorie di mons. Georg Gänswein suo segretario particolare, relative al 25 settembre 2012, affermazioni del genere da parte di Benedetto XVI:

«“Ho riflettuto, ho pregato e sono giunto alla conclusione che, a causa del diminuire delle forze, devo rinunciare al ministero petrino”. Di getto, reagii con il cuore: “Padre Santo, se le forze non sono più adeguate, si può diminuire il carico di lavoro, si possono ridimen­sionare gli impegni nell’arco della giornata, delegando e accentrando meno”.

Con pacatezza, scandì in estrema sintesi le motivazioni della sua decisione, dimostrandomi nei fatti quanto a lungo e con scrupolosità avesse ponderato ogni aspetto. Immedia­tamente mi resi conto che ogni mio tentativo di convinci­mento sarebbe stato del tutto vano. Ormai conoscevo Be­nedetto a fondo, da molti anni, e sapevo bene che quando aveva preso una decisione – particolarmente, come in que­sto caso, dopo intensa preghiera e riflessione – era deter­minato nel portarla a compimento» (Georg Gänswein con Gregorio Gaeta, Nient’altro che la verità, Piemme 2023, p. 196).

Significativa l’affermazione di Benedetto XVI in merito a Giovanni Paolo II:

«Io ormai sono Papa da tanti anni quanti sono stati quelli della sua malattia e non vorrei finire come lui. Del resto, quello che potevo fare l’ho fatto e per la Chiesa sarebbe meglio la mia rinuncia, con l’elezione di un nuovo Ponte­fice più giovane ed energico. È questo il momento giusto in cui, dopo che hanno trovato conclusione le problemati­che vicende di questi ultimi mesi, posso passare il timone a un altro senza troppe difficoltà».

Evitare spazi di potere

Di fatto, una sua evidente preoccupazione, commenta don Georg, era di evitare che ci fosse l’acquisizione di spazi di potere da parte di qualsiasi suo collaboratore, ben consapevole com’era che papa Wojtyła, nel tempo finale del pontificato, non aveva più mantenuto pienamente le redini del governo. Ratzin­ger all’epoca si era tenuto fuori dai giochi, ma aveva visto come influenti membri della curia ave­vano conquistato sempre più influenza, talvolta anche in competizione fra loro, ed avrebbero potuto consolidare questa influenza anche sotto il suo pontificato. Mons. Gänswein fa i nomi possibili del segretario particolare di Giovanni Paolo II don Stanislao e del segretario di Stato Sodano, del sosti­tuto Leonardo Sandri e del prefetto della Congregazione per i Vescovi Giovanni Battista Re, e poi nell’ambito italiano il presidente della Cei Camillo Ruini; infine, il cardinale Bertone e, addirittura, mons. Gänswein stesso (p. 197).

Secondo la testimonianza di don Georg, il papa intendeva annunciare le proprie dimissioni nel contesto degli auguri natalizi il 21 dicembre, con effetto dal giorno successivo al 25 gennaio festa della conversione di S. Paolo. Fu proprio il segretario, con altri collaboratori, a sconsigliarlo, onde evitare di rattristare le feste di Natale con un simile annuncio.

La decisione

«Benedetto comprese le nostre motivazioni e alla fine scelse l’11 febbraio, giorno festivo in Vaticano per l’anni­versario dei Patti lateranensi fra l’Italia e la Santa Sede, nel quale era già previsto un Concistoro cosiddetto “bianco”, per l’annuncio di alcune canonizzazioni (mentre il Conci­storo “rosso” è quello per la creazione dei nuovi cardinali). Per di più, era anche la memoria della beata Vergine Ma­ria di Lourdes e in quel giorno, nel santuario di Altötting a lui carissimo, si celebrava la Giornata mondiale del ma­lato: spiritualmente, il Papa esprimeva anche così la vici­nanza a quanti vivevano «un difficile momento di prova a causa dell’infermità e della sofferenza», come aveva scritto nel messaggio per l’occasione, associandosi idealmente alla loro fatica» (p. 198).

Quindi, la decisione di Benedetto XVI appare volontaria, convinta e ben ponderata, anche se dolorosa.