Le Suore Compassioniste spiccarono certamente tra gli istituti religiosi che nella capitale nascosero e protessero gli ebrei.
Le case religiose femminili presenti a Roma nel 1949 erano 475, appartenenti a 274 istituti, mentre gli istituti maschili erano 146, distribuiti in circa 270 case e parrocchie. Il numero era assai superiore a quelli delle altre città italiane, come anche superiori alle altre città erano i numeri degli appartenenti alla comunità ebraica nella capitale, tra 10.000 e 12.000 ebrei sui circa 30.000 presenti in tutta Italia.
Le informazioni sugli eventi però si hanno solo su circa 200 case religiose (di cui 133 femminili), poco meno di un terzo. Gli ebrei ospitati in vario modo furono più di 4300.
Le Compassioniste e gli ebrei: l’ora dei martiri della Carità
In molti casi l’adesione all’operazione di salvataggio degli ebrei fu autonoma; in altri casi, si attesero indicazioni. Una suora Compassionista Serva di Maria ricordava che Pio XII aveva esortato ad aprire le porte e il cuore agli ebrei: «Ci sono stati i martiri della fede, ci siano ora i martiri della carità».
Un episodio particolarmente divertente fu raccontato dalla nonna di Isa Di Nepi, ospitata presso le suore Canadesi di via Guerrazzi a Roma. Ogni sera, la superiora spegneva le luci invitando tutti a dormire, ed a quel punto era solita pronunciare la frase: «Sorelle dobbiamo morire da martiri». A questa invocazione le religiose rispondevano con un pio cenno di assenso.
Le suore utilizzavano frasi di questo tipo per ricordare a se stesse l’importanza del martirio. Ma questa signora, ebrea romana genuina, non sopportava tali affermazioni, e ogni volta che le sentiva si metteva a imprecare e a fare gli scongiuri ad alta voce, dicendo che lei non voleva affatto essere martirizzata (Intervista a Isa di Nepi, nipote della signora, raccolta il 29 agosto 2002 da Matteo Bottazzi, riportata nella sua tesi di laurea: «L’opera di assistenza della Chiesa agli Ebrei di Roma (16 ottobre 1943 – 4 giugno 1944)», Università La Sapienza, Roma, Facoltà di Lettere e filosofia, 2001/2002).
Le Compassioniste e gli ebrei: Suor Maria Angela Goglia delle Suore Compassioniste Serve di Maria
Le Suore Compassioniste erano state fondate a Scanzano, nei pressi di Castellammare di Stabia, da Costanza Starace (1845-1921). Il 16 luglio 1869 la Starace aveva vestito l’abito del terz’ordine dei Servi di Maria e iniziato a condurre vita comune insieme a quattro compagne. La congregazione aveva il fine di assistere gli orfani.
Suor Maria Angela Goglia
Terzogenita dei quattro figli (Luigi, Maria Antonia e Guido) di Mariano Goglia e Teresa Di Maria, suor Maria Angela era nata il 25 novembre 1910 a Vitulano in provincia di Benevento. Dal 1935 al 1946 fu vicaria a Roma nell’istituto delle Compassioniste di Via A. Torlonia, 14. Nel gennaio del 2018, grazie alla testimonianza di due donne ebree, è stato avviato il processo per il riconoscimento di Suor Maria quale «Giusto tra le Nazioni». Questo perché la religiosa, insieme alle consorelle, mettendo a rischio la propria vita, aveva nascosto e assistito numerosi fuggiaschi, tra cui 20 familiari di ufficiali italiani e 63 ebrei. Inoltre aveva procurato viveri ai rifugiati sparsi nella capitale, come pure documenti anagrafici ed annonari falsi. Le signore ebree con le figlie erano regolarmente registrate come suore, con nomi ben congegnati, ed erano capaci di pregare come le altre.
Croce al valor militare
Per questa sua azione, il 5 giugno 1946 ricevette dal Comandante civile e militare Roberto Bencivenga la Croce di guerra al valor militare «sul campo» e nel 1954 l’attestato ufficiale dal Ministero della Difesa, unica religiosa a ricevere un così alto riconoscimento quasi in rappresentanza di migliaia di religiose avevano profuso il loro impegno di fronte a tale appello. «Da parte degli uomini – disse Bencivenga al momento del conferimento – io consegno nelle sue mani, Suor Maria, il brevetto e l’insegna metallica della croce di guerra al valor militare; più alta e ambita ricompensa riceverà in cielo dalle mani del Signore».
Questa la motivazione:
«Vicaria di un Istituto di religiose, sprezzante dei gravi rischi cui continuamente si esponeva, si prodigava instancabilmente a favore del Fronte della Resistenza distinguendosi per attività e alto rendimento.
Durante i mesi dell’accanita lotta contro l’oppressione aiutava validamente numerosi patrioti dando loro assistenza morale e materiale, trasfondendo alle consorelle del suo Istituto i suoi elevati sentimenti patriottici.
Nobile esempio di elette virtù di cristiana carità, abnegazione e coraggio».
Testo del discorso di conferimento della croce di guerra
Testo del discorso pronunciato al momento del conferimento della croce di guerra, dal generale Roberto Bencivenga del comando civile e militare di Roma il 5 giugno 1946.
«Rev.ma Madre Superiora, Rev.da Vicaria, Suore, Signore e Signori,
ho l’onore di comunicare che il Comandante Civile e militare di Roma ha conferito la croce di guerra al valor militare “sul campo” a Sr. Maria Goglia, Vicaria dell’Istituto delle Suore Compassioniste Serve di Maria.
Con questa ricompensa, unica concessa a religiose e della quale pochissime donne sono state insignite, il fronte Militare Clandestino di Roma intende riconoscere l’opera altamente patriottica svolta con profondo spirito umanitario, grande capacità organizzativa, sereno sprezzo del pericolo da Sr. Maria durante il periodo di occupazione tedesca.
Un’opera multiforme
Chi ha avuto la ventura di seguire tale opera di assistenza morale e materiale sa quanto grande e multiforme essa sia stata: accogliere, sistemare, far vivere e alloggiare un centinaio di perseguitati, non importa se di religione diversa dalla sua, dalla nostra; dar ricetto, vestire, alloggiare e nutrire militari sfuggiti all’arresto e alla deportazione; immagazzinare viveri e favorirne la distribuzione ai patrioti sparsi nella capitale; a tutti procurare documenti anagrafici ed annonari che consentissero di vivere e di muoversi.
Basta questa schematica elencazione a far intravedere la complessità dei problemi organizzativi e finanziari che Sr. Maria ha dovuto affrontare e risolvere; a far comprendere a quali pericoli si sia esposta in un periodo in cui il sospetto, l’insidia, la delazione avevano irretito l’intera capitale. Per ben tre volte, però, la Suora, certo ispirata dall’alto, seppe sventare ogni intrigo.
L’obbedienza a un più alto comandamento
Indubbiamente durante i nove mesi la sostenne nella pericolosa vicenda la sicura coscienza di agire in obbedienza ad un più alto comandamento, ben superiore, se pure in contrasto coi decreti di un governo illegale servo dello straniero e che, in nome di un passato ormai sepolto, perseguitava i suoi figli migliori. Era per la salvezza di questi che suor Maria combatteva, anche a rischio della stessa sua vita; ed io sono sicuro di interpretare i sentimenti unanimi di tutti i beneficiati esprimendo alla Suora la loro riconoscenza, così come sono certo che in questo momento di gioia il pensiero di lei ritorna ad essi accompagnato da sempre viva benevolenza».
Anche il paese natale di suor Maria ha voluto ricordarne la figura, con l’intitolazione di una strada.