Lettura continua della Bibbia. Le città di rifugio e l’eredità femminile

Le città di rifugio
Le città di rifugio. Illustratori di Charles Foster, The Story of the Bible, Philadelphia 1884 – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18507159

Il Signore ordina a Mosè di riservare, sparse nel territorio delle altre tribù, 48 città con relativi pascoli per i leviti. Sei di queste città saranno città di rifugio, dove gli omicidi involontari potranno scampare, per diritto di asilo, alla vendetta del go’el. Presumibilmente, le città di rifugio erano quelle legate all’esistenza di qualche santuario, poi sacrificato alle leggi di centralizzazione della riforma di Giosia.

La tribù di Levi, come tribù particolarmente consacrata al Signore, non ha titolo al possesso della terra, perché è il Signore la sua parte di eredità in mezzo a Israele. Tuttavia, le viene riconosciuto il diritto di abitare in città levitiche, e di possedere i territori circostanti per un complesso di 100 ettari.

Le città di rifugio

Questa normativa nasce in un’epoca in cui non esiste ancora un sistema giudiziario centralizzato, ma l’esercizio del giudizio e della sanzione era affidato al capofamiglia, chiamato go’el-haddam o vendicatore del sangue. Diverrà, poi, semplicemente il go’el che ha il dovere di riscattare il parente caduto in prigionia o schiavitù o le terre del parente caduto in miseria. Nel contesto dell’esilio in Babilonia, Dio sarà il Go’el di Israele, il Capofamiglia che restituisce il suo popolo alla libertà.

La legge di Mosè tutela l’uccisore in caso di omicidio preterintenzionale o colposo e gli attribuisce il diritto di asilo in una città di rifugio, purché non se ne allontani mai; alla morte del sommo sacerdote in carica vi è una sorta di amnistia che dà libertà a tutti coloro che sono rifugiati nelle città levitiche.

Eredi al femminile

Abbastanza curiosamente, il libro dei Numeri si conclude riprendendo, nel cap. 36, la questione dell’eredità delle figlie in caso di mancanza di figli maschi. Le figlie di Zelofchad comportano ancora un problema, perché, pur avendo diritto all’eredità del padre (Num 27,1-11), sposando uomini di altre famiglie, in realtà invece di preservarla la disperderebbero fra le altre tribù. Mosè risolve il problema vincolando la recezione dell’eredità paterna al matrimonio endogamico, cioè interno al proprio clan familiare o almeno alla propria tribù.

La concessione dell’eredità alle figlie dunque non mette in questione il patriarcato biblico contro i valori dell’identità femminile, ma lo mette in crisi se contrastante con il valore del possesso della terra. Il principio del possesso della terra è vincente perché non riguarda solo l’economia, ma anche Dio. Dio possiede la terra e gli Israeliti su di essa sono solo gerim,  stranieri soggiornanti.

Sarebbe stata disponibile una soluzione alternativa: Mosè avrebbe potuto legiferare che se una donna che ha ereditato si sposa al di fuori della tribù, la proprietà terriera che possiede non passa al marito ma rimane come un’eredità all’interno del clan originale. Ma l’emancipazione delle donne non era certo una priorità per gli agiografi del Libro dei Numeri. Quello che rimane dominante, nella conclusione del libro, è il valore del possesso della terra come dono di Dio. Il brano sottolinea il legame di alleanza tra Dio e la Terra in virtù della proprietà del Signore su di essa, chiudendo il libro dei Numeri con l’idea che ogni famiglia e ogni individuo, attraverso ogni generazione, deve essere beneficiario della stessa alleanza  che Dio concesse ad Abramo e alla sua famiglia. Il cerchio si chiude: si riaprirà con il Deuteronomio.