Amiche api. Le api nell’antico Egitto

Le api nell'antico Egitto
Cartiglio di Ramses II (il faraone dell’Esodo) con il segno dell’ape. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15656535

Le api nell’antico Egitto erano credute nate dalle lacrime di Ra. La speciale considerazione in cui erano tenute derivava dal ricco simbolismo da esse posseduto, per il ruolo d’onore della loro regina, la loro dedizione alla comunità, l’utilità dei loro prodotti…

Il ciclo della vita

Il ciclo di vita delle api è straordinario. Solo l’ape neonata nutrita con pappa reale diventerà regina, cioè femmina fertile; le altre, nutrite dopo il terzo giorno dalla nascita solo di polline e miele, diverrano operaie neutre o maschi. Le operaie passano velocemente da un ruolo all’altro nel giro di pochi giorni: dapprima spazzine che ripuliscono le celle e le rivestono di propoli, poi nutrici dedite all’alimentazione delle neonate con pappa reale, successivamente costruttrici che producendo con le ghiandole sericipere la cera si dedicano alla restaurazione e allo sviluppo dell’alveare. Dal 21° giorno in poi divengono bottinatrici: per tutto il resto della loro vita se ne vanno in giro nel raggio di 3 km dall’alveare per fornirlo di nettare, polline e acqua. Le loro vite non hanno nessun significato individuale, sono totalmente al servizio dell’alveare.

La raccolta di miele selvatico

L’indicatore golanera guida i raccoglitori della tribù Yao in Mozambico alla scoperta del miele selvatico. Foto: © Claire N. Spottiswoode. Fonte immagine: https://www.focus.it/ambiente/animali/uccellino-che-guida-alla-scoperta-del-miele

L’uomo della preistoria in Europa, India e Africa, conosceva già il miele e il modo di raccoglierlo, come testimoniano le pitture rupestri. Oltre a quella scoperta nel 1925 nella Grotta del Ragno vicino a Valencia, una pittura rupestre, essa pure in Spagna, raffigura alcuni raccoglitori che con una scala prelevano il miele selvatico fra i rami di un albero, mentre altre persone sono in attesa della spartizione del raccolto.

In Mozambico, il raccoglitore si serve tuttora di un “uccello indicatore”, l’indicatore golanera, lungo circa 20 centimetri, che gli fa da guida verso gli alveari selvatici. Scoperto grazie a lui l’alveare, l’uomo lo apre e preleva il miele, mentre l’uccellino ha a sua disposizione la cera di cui è ghiotto (anzi, è uno dei pochi animali a poterla digerire). Questo processo simbiotico è documentato scientificamente. I membri della tribù Yao emettono un trillo particolare che richiama l’indicatore il quale si mette alla ricerca e mediante un suo verso caratteristico rivela il luogo in cui si trova l’alveare. Uno studio in proposito QUI.

Una ricca simbologia

Per la sua forte e complessa simbologia, l’ape è ben presente nella vita e nell’immaginario di tutte le civiltà e nelle loro mitologie. Nella mitologia greca le api erano considerate, per la loro sensibilità ai suoni con cui comunicano, messaggere delle Muse. Potete sentire la musica delle api nel video qui sotto.

Le api erano anche il simbolo di un popolo che obbedisce al suo sovrano. Il loro colore solare e dorato le collega alle divinità somme dei Pantheon pagani, come Ra e Zeus. La loro operosità e la dolcezza e utilità dei loro prodotti le raccomandano all’ammirazione di tutti.

Il primo documento scritto rimastoci sul miele è costituito da tavolette di argilla ritrovate a Ninive. In esse è documentata l’utilizzazione del miele come cibo (nella forma di focaccette di farina, sesamo e datteri) e come medicamento. Gli Assiro-Babilonesi impiegavano il miele anche come cosmetico, unendolo ad argilla e olio di cedro.

Gli antichi egizi

Le api nell'antico Egitto
Tempio del Sole di Niuserre ad Abusir. Di John – Andrew Ginsbury, Copyrighted free use, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=34252675. L’apicultore sembra essere in atto di adorazione, ma la sua postura ricorda anche il segno determinativo che indica un’azione, quindi sta raccogliendo il miele

Però, per quanto ci dice la storia, sono stati gli antichi egizi i primi a praticare l’apicoltura organizzata. Le prime notizie in proposito risalgono al III millennio a.C., quando troviamo la prima raffigurazione di apicoltori che forniscono alle api una cavità artificiale in cui queste possano costruire un nido e produrre miele (ricordiamo che la più antica raffigurazione di raccolta del miele selvatico risale addirittura a 9000 anni fa, nelle pitture rupestri delle Grotte del Ragno vicino Valencia).

Tecniche di apicoltura

Gli alveari degli antichi egizi erano diversi da quelli attuali, essendo a forma di cilindri orizzontali fatti di fango essiccato. Il miele veniva conservato in vasi di forma sferica.

Gli apicultori non indossavano alcun equipaggiamento protettivo, ma si servivano di un turibolo d’incenso per affumicare l’alveare ed estrarre il miele, e al tempo stesso per onorare il dio Ra e le api che erano nate dalle sue lacrime (TT100, tomba di Rekhmira, Visir della XVIII dinastia).

Gli antichi egizi erano apicoltori provetti: avevano addirittura inventato un sistema di arnie mobili, cioè arnie artificiali di argilla che venivano trasportate su chiatte avanti e indietro sul Nilo, per poter seguire dal fiume la fioritura delle piante! La pratica,  immutata con il passare del tempo, è descritta ancora nel Settecento da C.E. Savary:

«Si raggruppano su grandi barche le api di numerosi villaggi in ottobre. Ogni proprietario affida loro i suoi alveari contraddistinti da un segno particolare. Quando la barca è carica, gli uomini addetti a condurla risalgono lentamente il fiume e si fermano in tutti i luoghi in cui trovano del verde e dei fiori. Le api, dopo aver estratto i profumi dei fiori d’arancio di Said, l’essenza delle rose di Fayum, i dolci aromi del gelsomino arabo, e di ogni fiore, dopo tre mesi di soggiorno sul Nilo, a febbraio vengono riportate con i loro alveari ai luoghi da cui erano state prelevate e nei quali trovano nuove ricchezze. Questa attività frutta agli egiziani un miele delizioso e cera in abbondanza. Al ritorno i proprietari pagano ai battellieri una retribuzione proporzionale al numero degli alveari che essi hanno portato in giro da un capo all’altro dell’Egitto» (Lettere sull’Egitto, 1788).

L’ape e la sovranità

Le api nell'antico Egitto
Frammento del cartiglio di Senusert I. Il Nesut-bity, il nome dell’incoronazione, letteralmente si traduce “Colui che governa sul giunco e sull’ape” (ovvero l’Alto e il Basso Egitto). CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=268263

Il faraone Ramses III faceva scortare gli apicoltori nomadi da drappelli di arcieri, per garantirsi l’approvvigionamento di miele. In un graffito del 1100 a.C lo stesso faraone è rappresentato mentre rende omaggio al dio Nilo con alcune migliaia di giare colme di miele. Il miele veniva portato in dono dai sudditi. La stessa ape era sacra e oggetto di culto comune.

In Egitto, fin dal 3200 a.C. circa, l’ape viene addirittura scelta come simbolo della regalità dei faraoni. Il geroglifico dell’ape regina è presente ad esempio nel cartiglio del nome del sovrano Nebkaure Kheti III della X dinastia e in quello di Analknos. Si ricordi che cinquemila anni dopo Napoleone Bonaparte farà ricamare sul suo mantello imperiale uno sciame d’api. Il Basso Egitto aveva l’ape come proprio simbolo territoriale e il faraone lo usava insieme al giunco (simbolo dell’Alto Egitto) quale emblema reale, simbolo di sovranità. L’autore egiziano Orapollo, nel V secolo d.C., scrive che «quando gli egiziani vogliono rappresentare un popolo che ubbidisce al proprio re, dipingono un’ape».

Le lacrime di Ra

Per gli antichi Egizi l’ape stessa aveva un’origine divina: era nata dalle lacrime di Ra, ed era considerata come una forma assunta dall’anima, capace di riportare in vita il defunto se entrava nella sua bocca. Infatti, per garantire all’anima del neonato di poter restare a lungo nel suo corpo, era prescritto un rito in cui al piccolo veniva somministrato il sacro miele.

«Il dio Ra pianse, le lacrime scese dai suoi occhi caddero a terra e si trasformarono in api. Le api fecero il loro alveare e si adoperarono con i fiori di ogni pianta per produrre miele e cera. Così anche il miele e la cera d’api fuoriuscirono dalle lacrime di Ra».

Questo testo conservato su di un antico papiro egiziano (Salt 825, papiro di epoca tolemaica custodito al British Museum di Londra) dimostra come gli antichi egizi credessero che le lacrime del dio sole Ra si trasformassero in api e che il miele e la cera fossero associati alle lacrime del dio.

Secondo gli antichi egizi il miele, essendo sacro, aveva proprietà magiche e terapeutiche, quindi era adoperato nella medicina ma anche nella cosmesi. La cera d’api era adoperata come collante e come materiale artistico, ed anche nella stregoneria, per confezionare statue ai danni di qualcuno. Le api non sono responsabili dell’eventuale cattivo uso umano dei loro prodotti…