Lettura continua della Bibbia. Amos: l’azione divina (Amos 2,9-16)

L'azione divina
Il profeta Amos. Cattedrale di N.S. del SS. Rosario,Toledo, Ohio – Di Nheyob – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=30179453

L’azione divina, che viene sottolineata dal soggetto «io» in 2,9, si oppone a quanto operato da Israele. La terra, in cui il popolo entra per abitarvi, è dono del Signore e non frutto della conquista di Israele contro i popoli la cui forza è simboleggiata dall’altezza dei cedri  e dalla forza delle querce come segno di potenza.

Il testo

9. Eppure io ho distrutto l’Amorreo davanti a loro,

     la cui statura era come quella dei cedri

     e la forza come quella della quercia;

     ho distrutto i suoi frutti in alto

     e le sue radici di sotto.

10.  Eppure io vi ho fatti uscire dal paese d’Egitto

       e vi ho condotti per quarant’anni nel deserto,

       per prendere possesso del paese dell’Amorreo.

11. Ho fatto sorgere profeti tra i vostri figli

       e nazirei tra i vostri giovani.

       Non è forse così, o Israeliti? Oracolo del Signore.

12.  Voi avete fatto bere vino al nazirei,

       e ai profeti avete ordinato: non profetate!

13.   Ecco, io vi affonderò nella terra,

        come affonda un carro pieno di paglia.

14. Allora l’uomo agile perirà,

      l’uomo forte non potrà usare la sua forza,

      il prode non potrò salvare la sua vita;

15.  non  resisterà l’arciere,

       non si salverà l’uomo agile,

      e non si salverà il cavaliere.

 16. Il più coraggioso tra i prodi

       fuggirà nudo in quel giorno.

L’azione divina

La liberazione compiuta dal Signore è espressa mediante lo schema dell’esodo nelle sue tre parti:

  • uscita (salita) dall’Egitto
  • attraversamento del deserto
  • possesso della terra.

Un nuovo «io» sottolinea ancora l’iniziativa del Signore in contrasto con l’azione di Israele, e ricordando i quarant’anni nel deserto Amos sembra voglia mostrare la cura di Dio per il suo po­polo (Dt 2,7; 8,4) ma anche il peccato di Israele, che lo risospinge nel deserto in attesa che si estingua la generazione peccatrice (Gs 5,6).

Ma l’azione divina non si è limitata a liberare Israele dalla schiavitù: il Signore ha suscitato nella terra promessa «profeti e nazirei». I nazirei (Nm 6,1-21; Gdc 13,5.7; 16,17) sono uomini consacrati, che seguono regole alimentari di astinenza e non si radono il capo, qui da intendersi come dei carismatici inviati a liberare Israele, come Sansone.

Eppure Israele ha dimenticato le opere del Signore e anzi vi si è opposto, col «far bere il vino ai nazirei» e con l’impedire ai profeti di profetizzare. Ha rifiutato l’azione del Signore misconoscendo e rifiutando i suoi inviati.

Il giudizio

Ed «ecco» (hinnê) la nuova azione del Signore, «io» (che si ripete per la terza volta). L’azione divina è espressa con l’immagine forte di un carro che affonda nella terra («vi affonderò sotto di voi»), tanto più che è evidente l’assonanza tra’emōrî («Amorreo») e ‘āmîr («paglia»), tra mittachat («di sotto») e tachtêkem («nella terra»).Come il possente Amorreo, il piccolo Israele, introdotto nella terra solo per l’azione divina, sarà affon­dato, come un carro pieno di paglia viene inghiottito quando la terra si spacca.Il carro pieno di paglia sarebbe segno di raccolto abbondante, ma nella terra che Dio gli ha donato Israele è di­ventato simile all’Amorreo ingiusto e ribelle, perciò non può sussistere.

La conseguenza delle colpe di Israele è descritta con le immagi­ni di un esercito in fuga. «L’uomo agile», «il forte», «il prode», «l’arciere», «l’uomo veloce», «il cavaliere», «il più coraggioso» sono sette espressioni che designano i componenti di un esercito con le loro caratteristiche: ma agilità, forza, eroismo, co­raggio, resistenza, velocità, capacità, non potranno nulla in quel giorno. Per tre volte si ripete il verbo «salva­re»:nessuno può scampare con la propria forza a ciò che sta per avvenire.

Alla fine compare alla fine un termine, «nudo» (‛ārôm), assonante con «paglia» (‘āmîr) e «Amorreo» (’emōrî). È ironico:Israele ha creduto di divenire forte come l’Amorreo, ma davanti all’intervento del Signore fuggirà «nudo», come si scoprirono nudi i progenitori dopo la loro colpa. Di fronte a Dio si può solo riconoscere la propria piccolezza.

Il messaggio

Israele, rifiutando di riconoscere e accettare la salvezza del Signore, perde il senso della sua identità e diventa come l’Amorreo, un uomo forte e arrogante che schiaccia il povero. Prestare culto a Dio nell’ingiustizia verso l’uomo non è onorare Dio, è profanarlo.

La parola dei profeti insisterà frequentemente su questo binomio inscindibile, fede e giustizia sociale, le dimensioni verticale e orizzontale della vita (cfr. Is 58; Ger 7,1-15; 0s 6,l-6; Mic 6,1-6). Non si tratta solo di carità, ma di legge; non di elemosina, ma di diritti dei poveri. È su questo che saremo giudicati (cfr. Mt 25,31-46). Per Israele e per i cristiani l’accusa di ingiustizia presenta un’aggravante: l’azione divina salvifica che precede ogni nostra scelta e l’aiuta ad orientarsi.