
Le norme contenute in questa sezione, che ha per centro la rottura e la nuova stipulazione dell’alleanza, sono dovute alla tradizione P come retroproiezione del culto nel tempio sull’epoca arcaica, e sono vicine alla visione del tempio escatologico di Ezechiele 40-48, ma il nucleo storico iniziale suppone proprio l’esistenza del santuario nomade del deserto.
Il santuario, miqdash da qdsh = santità, definisce l’aspetto sacrale, intoccabile dal profano, dell’area occupata. Il termine mishkan = dimora evidenzia la presenza di un Dio nomade con il suo popolo. ’Oel mo‘ed, tenda del convegno, è il nome che sottolinea l’aspetto dialogico del culto.
L’arca
Al centro dell’intera legge c’è l’arca, lo ’aron, cuore del santuario, una cassa rettangolare di m. 1,25 per 0,75 per 0,75.
’Aron ha‘edut, arca della testimonianza, è espressione che allude all’elemento più sacro, le tavole della testimonianza, luchot ha‘edut.
Il Kapporet (femminile in ebraico) = coperchio, la lastra d’oro che ricopre l’arca, è il punto più sacro dell’arca stessa, raffigurato come lo sgabello dei piedi di Dio che “siede sui cherubini” (1 Samuele 4,4; 2 Samuele 6,2; 2 Re 19,15; Sal 80,2; 99,1) e nella cui direzione il sommo sacerdote asperge, nel rituale del Kippur, il sangue dei sacrifici. Per questo viene concepito come strumento di espiazione (nel greco dei LXX Hylastérion, nella Volgata Propitiatorium).
Il Santuario
Il velo, una cortina interna, separava il Santo dei Santi, contenente l’arca e accessibile solo una volta l’anno nello Yom Kippur dal sommo sacerdote che vi pronunciava il nome di Jhwh, dall’aula interna più ampia, l’hekal, contenente il candelabro e la tavola dei pani. I 12 pani della presenza rappresentano le 12 tribù in comunione con Dio, poste davanti a Lui; il candelabro, formato da un tronco centrale e 6 rami, è ripreso dalla Menorah giudaica.
Nell’atrio interno si trovava l’altare degli olocausti, di m. 2,50 per 2,50 per 1,50, fornito di 4 corni che assicuravano l’immunità a chi vi si aggrappava (1 Re 1,50; 2,28), e il mare di bronzo per le abluzioni. Dopo l’esilio l’atrio era rigorosamente diviso in settori per uomini, donne e stranieri: a questo si riferisce Paolo parlando del muro di separazione che era frammezzo, abbattuto da Cristo nostra pace, che ha fatto dei due un popolo solo (Ef 2,14).