L’ape nel mito greco assume una grandissima importanza. Il termine designante l’ape, Mélissa, appare più volte nella mitologia greca come nome di numerose figure femminili, divenendo anche appellativo fisso delle sacerdotesse di Rhea, Demetra, Persefone, Artemide, Apollo Delfico: divinità che avevano a che fare, mitologicamente, con le api stesse.
Il mito di Zeus neonato, sottratto con un inganno al padre Crono che intendeva divorarlo come tutti gli altri suoi figli, vuole che il bambino sia stato nascosto dalla madre Rhea in una grotta del monte Ida a Creta. Qui fu nutrito dal latte della capra Amaltea, ma anche dal miele prodotto dalle api locali. Latte e miele: quanto occorre alla vita felice degli uomini (e degli dei).
Zeus veniva addirittura chiamato Melisseo, ovvero uomo-ape, proprio perché da bambino venne, appunto, nutrito dalle api, e ad esse avrebbe fatto dono del colore dell’oro.
L’ape nel mito greco: il cibo degli dei
Il mito greco vuole che le prime divinità fossero Urano (il Cielo) e Gea (la Terra), dato che in tutte le cosmogonie pagane è la materia ad essere preesistente al cosmo. I guai però iniziarono con i loro figli Crono (il Tempo) e Rhea (la Magna Mater degli dei), in quanto Crono temeva che uno dei suoi figli lo detronizzasse e per scongiurare il pericolo se li faceva consegnare appena nati e li divorava. Questa fu la sorte dei primi cinque, Ade (Plutone), Demetra (Cerere), Era (Giunone), Estia (Vesta) e Poseidone (Nettuno); ma non temete, in quanto divinità gli dei neonati erano immortali e rimasero tutti sullo stomaco al padre finché il sesto figlio, Zeus, glieli fece risputare tutti incolumi e lo detronizzò davvero.
Ma come si era salvato questo sesto figlio dall’essere divorato dal Tempo edace? Ci aveva pensato la madre, la quale aveva avvolto una pietra nelle fasce del neonato e l’aveva porta allo sposo come se fosse il bambino; questi, il Tempo che tutto divora, non si era accorto di nulla e aveva divorato la pietra… uno stomaco di ferro, veramente.
Zeus nel frattempo era stato messo al sicuro affidandolo a Melissa, una ninfa figlia del re Melisso di Creta. Melissa e le altre ninfe sfamarono il bambino col latte della capra Amaltea (il cui nome potrebbe significare Nutrice o Alleviatrice), unito al miele per addolcirlo. Quando Zeus ebbe spodestato il padre, trasformò un corno di Amaltea in un Corno dell’Abbondanza che non si svuotava mai, e mutò Melissa in un’ape: il nome Melissa, infatti, questo significa: Ape. La capra Amaltea fu premiata venendo eternata in cielo nella costellazione del Capricorno.
Anche Dioniso venne allevato col miele da una ninfa. Si deve invece ad Aristeo, figlio di Apollo e della ninfa Cirene, l’insegnamento agli uomini dell’arte dell’apicoltura.
Il piccolo Eros e l’ape
Gli dei, nella mitologia greca e romana, si nutrivano di ambrosia e nettare, miele purissimo da cui ottenevano incorruttibilità e immortalità. Inoltre, il dio dell’amore, Eros, prima di colpire la vittima di turno con le sue frecce per farla innamorare, intingesse la punta delle frecce nel miele. Ma potevano anche avvenire piccoli incidenti. In una deliziosa poesia anacreontea l’anonimo poeta scrive:
«Eros un giorno
non vide un’ape
fra le rose, e fù punto
al dito. Strillò,
sbattè le mani,
volò di corsa
dalla bella Citerea
e disse: “Ahi, mamma!
Io sto per morire!
Un piccolo drago con le ali
mi ha ferito: lo chiamano ape,
i contadini!”.
E lei rispose: “Se il pungiglione
di un’ape ti fa tanto male,
quanto pensi che soffrano,
Eros, quelli che tu ferisci?”».
La sacralità dell’ape
L’ape era sacra anche ad Artemide e, in quanto simbolo di produttività, poteva essere perfino identificata con la dea greca Demetra e con le dee romane Cerere e Opi, divinità dei raccolti e dell’abbondanza. Per la sua scomparsa nei mesi invernali e il suo ritorno in primavera, l’ape ha potuto simboleggiare l’eterna rinascita della natura; per questo era presente anche nei culti della Grande Madre. Greci e Romani offrivano il miele alle divinità come dono votivo.
Ad Efeso, dove esisteva un grande tempio dedicato ad Artemide, sono state trovate come ex voto delle api d’oro, usate come pendagli o come capocchie di spilloni. Le api d’oro sono state trovate anche a Creta (VIII-IV sec. a. C.), e in altri luoghi come Rodi e Thera. Le api erano addirittura presenti nella monetazione greca: si pensi alle dracme coniate dalla zecca di Efeso.