
L’amore estremo di Dio non è colto da Nicodemo, maestro in Israele, dottore della legge, ma da Giovanni, l’ultimo e il più grande dei profeti. Giovanni campeggia nella seconda parte del cap. 3, ma il vero protagonista è Gesù. Egli infatti è la Parola, Giovanni ne è solo la voce. Gesù è lo Sposo, Giovanni è l’amico dello Sposo.
Gesù battezza, e anche Giovanni battezza. I discepoli di Giovanni non gradiscono l’attività di Gesù, che dal loro punto di vista mette in ombra l’attività del loro maestro. Giovanni invece ne gioisce: il suo battesimo non è finalizzato ad altro che a far riconoscere Gesù come l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (1,31.29), il Figlio di Dio (1,34), cui il Padre ha dato in mano ogni cosa (v. 35).
La discussione da cui nasce il dialogo fra i discepoli e Giovanni riguarda i riti per la purificazione dai peccati. Ma il battesimo di Giovanni non è solo un rito in cui si chiede la purificazione: è anche conversione e attesa dello Spirito, esprime un desiderio anche se non è in grado di realizzarlo. Invece, il battesimo di Gesù sarà il dono dello Spirito. Giovanni è testimone di questa incompiutezza che attende compimento.
L’amico dello Sposo
Gesù è lo Sposo, il Figlio unigenito: aderire a lui è avere la vita eterna. Il titolo di sposo, che nell’Antico Testamento era applicato solo a Dio (“Il tuo sposo sarà il tuo creatore”, cfr. Is 54,5), si applica ora a Gesù (2Cor 11,2; Mt 22,2s; 25,1; Ef 5,25-33; Ap 19,7; 21,2). Giovanni è l’amico, l’amico dello Sposo, che prepara la sposa per l’incontro con lo Sposo. Sta e ascolta, gioisce di gioia… La sua gioia è gioire della gioia dello Sposo, non altro. Lui bisogna che cresca, io invece che diminuisca. È necessario farsi piccoli per lasciar posto a colui che viene. La terra non può salire al cielo, ma può accogliere in sé il cielo. Essere in Cristo è avere la vita eterna. Ciò che Nicodemo non aveva compreso, il Battista invece lo fa suo.