
Il termine Berîth (287 volte nell’Antico Testamento) è stto tradotto in greco con Diathéke (“disposizione”) e in latino con Testamentum. La traduzione greca e latina sta a significare che non si tratta di un’alleanza fra eguali (in questo caso, Synthéke = “composizione” l’avrebbe espressa meglio), ma di un’obbedienza di Israele alle disposizioni di Dio, lasciate come ultime volontà (è l’apporto del Nuovo Testamento) di Gesù morto sulla croce. Anche in ebraico può designare un rapporto fra parti disuguali, e non solo un rapporto di parità. Spesso, anzi, l’alleanza è un patto imposto dal potente a chi gli è soggetto.
La parola ebraica può indicare sia il cerimoniale della stipulazione con il quale l’alleanza si compie, sia il rapporto fra le parti che viene in tal modo instaurato.
L’alleanza: il rito conviviale
Essendo un rapporto giuridico che implica la più forte garanzia per una comunità umana, l’alleanza richede una stipulazione con riti solenni, invocazione di Dio, banchetto sacro, auto maledizioni, ecc. Il rapporto che le due parti stabiliscono è per lo più indicato nel termine shalom = pace, cioè uno stato di armonia, di equilibrio fra i bisogni e i diritti fra le due parti contraenti, l’alleanza mira dunque ad uno stato di ordine fra le parti per consentire, su una base di legalità, una comunanza di vita.
La consegna della Legge ad Israele è perciò collegata con la stipulazione dell’alleanza, descritta con il rito antichissimo di Es 24,4-11: questo testo è fortemente arcaico, non attribuibile ad una delle fonti tradizionali del Pentateuco.
Vi si descrive un tipico sacrificio conviviale (a differenza dell’olocausto) in cui la comunità consumava in gran parte la vittima nel convito sacrificale = Shelamîm, che il Vicino Oriente al di fuori di Israele non conosceva e che è invece affine ai sacrifici greci dell’epoca micenea e dei poemi omerici: il punto di congiunzione fra l’antica tradizione greca con quella semitica potrebbe essere Ugarit, che era un importante centro di scambi commerciali fra Oriente e Occidente ed in cui si praticavano appunto, gli shelamîm. Questi sacrifici stabilivano la comunione degli uomini con Dio e fra di loro; il sangue sparso sull’altare e sul popolo simboleggia l’unione vitale, personale che si stabilisce fra le due parti.