
Effettivamente, l’ipotesi di Jeremias è affascinante, ma non ha a suo sostegno che la semplice possibilità lessicale e il bisogno di spiegare la singolarità di un’espressione che rimarrebbe, altrimenti, alquanto isolata (vedere QUI).
L’ipotesi resta dunque fragile, benché teoricamente plausibile e indubbiamente suggestiva. Niente autorizza a pensare che il Battista abbia scelto l’espressione ţaljâ anziché ‛abdâ: Basta la semplice possibilità a far supporre che Giovanni abbia scelto intenzionalmente il termine ţaljâ avendo in vista l’agnello di Is 53,7? E inoltre: è veramente isolato il modello cristologico dell’Agnello? Di quale agnello si tratta?
L’agnello vittorioso come modello messianico
Nel giudaismo apocalittico il Messia era raffigurato come un agnello vittorioso. Nel Libro dei sogni di Enoch etiopico (83-90), anteriore alla morte di Giuda Maccabeo (+ 161 a.C.), si ripercorre la storia di Israele rappresentando i personaggi come animali, docili o feroci, bianchi o neri, a seconda che si tratti di giusti o di iniqui.
I dodici figli di Giacobbe sono raffigurati come altrettante pecore; il popolo di Dio è rappresentato come un gregge che appartiene al Signore delle pecore e da cui di tempo in tempo sorge un agnello a guidare gli altri (Mosè, Giosuè, Samuele: I En. 89, 42 ss.), mentre Saul e Davide sono presentati mediante il simbolo del caprone (I En. 89, 45 ss.) e così pure Salomone: “e una piccola pecora divenne caprone al suo posto e divenne giudice e guida di quelle pecore” (89,48 s.). In I En. 89,52 anche Elia viene presentato come una pecora perseguitata e assunta in cielo, fino agli ultimi tempi in cui un toro bianco si trasforma in un grande agnello bianco con corna nere, il Messia (90,37 s.).
L’Agnello combattente vittorioso
Inoltre, nella recensione armena, più vicina all’originale del testo greco, del Testamento di Giuseppe, in XIX,1-12, si racconta che una fanciulla della tribù di Giuda mette al mondo un agnello che distruggerà i nemici del suo gregge:
Vidi in mezzo alle corna [del vitello, che rappresenta la tribù di Giuda] una vergine con vesti variopinte. Da lei uscì un agnello e dalla sua sinistra l’assalirono tutte le bestie e tutti i rettili; l’agnello li vinse (19,8).
Anche se vi sono rimaneggiamenti cristiani, è pur sempre in questo modo attestato l’uso della figura dell’Agnello per rappresentare il Messia che sconfigge il leone (con la forza e non con una morte espiatrice). In Test. Ben. 3,8 una profezia annuncia un futuro condottiero salvatore di Israele sotto la simbologia dell’agnello-ariete combattente vittorioso (cfr. anche I En. 89 s.).
Questi testi mostrano come l’immagine messianica dell’agnello potesse essere diffusa nel giudaismo prima dell’affermarsi del cristianesimo, come base della figura dell’agnello vittorioso dell’Apocalisse (6,16; 7,17; 17,14; 22,1.3; 19,7 ss.).
Questa immagine guerresca sarebbe conforme alla predicazione del Battista, che annuncia l’ira di Dio, il fuoco e il giudizio. Non c’è dunque difficoltà a comprendere il titolo Agnello di Dio come una designazione messianica di Gesù, per il suo riferimento, soprattutto, all’agnello regale della tradizione apocalittica. Questa interpretazione sarebbe dovuta al Battista, coerentemente con le sue caratteristiche di predicatore escatologico, mentre estranea gli risulterebbe la concezione di un Messia sofferente come un agnello condotto al macello. Dovremo, però, per una retta interpretazione, distinguere fra il senso che l’espressione poteva avere per il Battista e per i suoi uditori e il senso che assume per l’evangelista. L’Agnello vittorioso non ne esaurisce certamente il senso.