
Un evidente significato biblico della figura dell’agnello si trova in riferimento al tamid, il sacrificio quotidiano, perenne, di due agnelli, uno al mattino e uno alla sera, compresa la vigilia della Pasqua (Es 29,38-42; Nm 28,3-8; Ez 46,13 ss.; Jub. 6,4; 50,11; T. Pesahim 4,2-3.162), l’agnello come sacrificio espiatorio quotidiano dei peccati. Questo significato potrebbe essere alluso nell’espressione Colui che toglie il peccato del mondo in Gv 1,29. In verità, non è l’agnello l’offerta caratteristica nell’Antico Testamento per il sacrificio espiatorio, ma il toro e il capro (Lv 4,1-5,13; 9,2-4; 16),
Uno dei possibili riferimenti biblici è, in effetti, quello al capro espiatorio di Lv 16,21 s.:
“Aronne imponga tutte e due le mani sulla testa del capro vivo e confessi su di esso tutte le iniquità dei figli d’Israele e tutte le trasgressioni di ogni loro peccato; le metta sulla testa del capro e lo mandi nel deserto, per mezzo di un uomo che è a disposizione. Il capro prenderà su di sé tutte le loro iniquità, portandole verso una regione arida”.
Fine dei riti sacrificali
Il fatto che in Gv 1,29 non si parli di un capro che porta i peccati, bensì di un agnello, è probabilmente dovuto al fatto che nel vangelo di Giovanni Gesù è concepito come l’Agnello pasquale (cfr. la cronologia della crocifissione ed i riferimenti in 19,33.36). Il termine “agnello” evocherebbe i riti sacrificali di Israele, ma Gesù elimina proprio tali sacrifici; non viene a costituire, a sua volta, una nuova vittima sacrificale, ma Colui mediante il quale Dio offre agli uomini la perfetta riconciliazione con Se stesso: non dunque nel senso di una vittima per il sacrificio espiatorio, ma nel senso di sopprimere, con la sua venuta, la necessità di riti cruenti, essendo il Messia colui con il quale l’attesa d’Israele termina.
F.J. Moloney, che non nega il riferimento pasquale (Gv 19,14), preferisce tuttavia spiegare il significato dell’appellativo “Agnello di Dio” in riferimento alla pratica rituale di Israele, cioè all’uso dell’agnello per i riti sacrificali di comunione e di riconciliazione mediante i quali Israele stabiliva e rinnovava la sua unione con Dio, ma con una sfumatura particolare: Gesù non è una offerta cultuale, una vittima, come quelle umane, ma viene da Dio e in quanto tale è colui attraverso cui Dio toglie/perdona il peccato del mondo, colui attraverso cui Dio entra nella storia umana offrendo la riconciliazione con lui.