La vite e i tralci. Una famosa allegoria che ci viene dal Vangelo secondo Giovanni (15,1-8).
La vite e i tralci (Gv 15,1-8)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
La vite e i tralci: una domenica di festa all’Immacolata
Una domenica di maggior festa all’Immacolata per la presenza di fra Antonello… Non certo lui solo, perché erano presenti anche dieci frati ancora studenti, di cui Antonello è vice maestro, con il loro maestro, il frate piombinese Francesco Baldini. Ma per Antonello, neosacerdote, è stata la prima celebrazione eucaristica all’Immacolata, perciò è una cosa da ricordare.
Aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 20 gennaio scorso (vedere QUI), quindi l’evento è ancora fresco nella memoria e l’emozione di rivederlo, da parte di chi lo conosce fin dalle origini della sua vita religiosa, è ancora tanta. Ero francamente curiosa di sentire per la prima volta una sua omelia… una omelia che ho trovato limpida, profonda nella sua linearità.
La vite e i tralci
Il brano evangelico di questa domenica è quello, celebre, della vite e dei tralci. Il significato è palese: ma ogni volta è necessario trarne qualcosa di particolare che parli al cuore delle persone. Il primo passo è stato infatti quello di legare questo brano ad uno precedente, ben noto, in cui Gesù si presenta sotto la figura familiare e dolce del Buon Pastore. Rispetto a questa immagine, l’allegoria della vite compie un passo in avanti: ai discepoli, oltre a seguire Gesù, è chiesto di essere in Lui, come i tralci nella vite, nutrendosi della linfa che è Lui, per rimanere in vita e continuare a crescere. Un’immagine che infonde tanta pace e speranza.
Antonello però è andato oltre, ricorrendo ad un’immagine legata a quella della pianta, la necessaria potatura. L’Agricoltore (nell’allegoria giovannea, il Padre) sa quando è il tempo opportuno di tagliare, e dove è necessario tagliare perché la pianta porti frutto. Dal taglio sgorga una stilla, una specie di lacrima, è la linfa che fuoriesce: forse la pianta piange ma sa (continuando nella metafora) che il taglio le fa bene. Il taglio è operato non tanto per fare, ma perché il ramo o il tralcio porti frutto. Frutto di amore è lasciare che decida Lui che cosa è meglio per il nostro maggior bene e per mettere gli altri a parte dei nostri frutti. Felicità dei tralci è rimanere in Lui, riposare in Lui sapendo che Egli rimane dentro di noi, cammina dentro di noi e sa che cosa fare…
Grazie, Antonello, di questo tuo nuovo ministero.