
Con sapiente arte narrativa, Luca intreccia le storie affiancate di Pietro e di Cornelio. Alla visione di Cornelio corrisponde una visione di Pietro: a loro insaputa, la preghiera del pagano Cornelio e la preghiera dell’apostolo Pietro scorrono parallele, ma sono collegate da una traccia invisibile. La visione di Pietro, mentre gli inviati di Cornelio si stanno avvicinando senza che egli lo sappia, prende spunto da una banale situazione di fame e di bisogno di cibo:
«Il giorno dopo, mentre essi erano per via e si avvicinavano alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare. Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi. Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi. In essa c’era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo. Allora risuonò una voce che gli diceva: “Alzati, Pietro, uccidi e mangia!”. Ma Pietro rispose: “No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo”».
La visione di Pietro
Pietro è sulla terrazza, impegnato nella preghiera del mezzogiorno (quella intermedia dei tre momenti di preghiera nel corso della giornata), mentre gli preparano il pranzo. Un pranzo rigorosamente kasher, secondo le regole della Legge, che proibisce l’uso alimentare di numerosi animali, in pratica consentendo, quanto alla carne, di cibarsi solo di ovini, bovini, pollame da cortile e pesci propriamente detti (e anche di cavallette…).
La visione di questi cibi con l’invito a mangiarli sconcerta Pietro. A proposito di questo invito, ho sentito una interpretazione fuorviante, come se fosse un ordine, l’ordine perentorio di mangiare quegli animali, di nutrirsi di carne. Sbagliato: non è un ordine, ha piuttosto il valore simbolico di una concessione, col senso di “Mangia pure…”. Comunque sia, Pietro non ha mai mangiato nulla di immondo, ma il cibo contenuto in questa tovaglia calata dal cielo è un cibo impuro che fa contrarre impurità. La tovaglia contiene infatti, senza distinzione di sorta fra puri e impuri, quadrupedi, rettili della terra e uccelli del cielo, quasi in una sorta di nuova scena creazionale. La tovaglia ha quattro capi, ai suoi quattro angoli, e questo è un simbolismo cosmico che esprime la totalità della creazione.
Forse sarebbe meglio tradurre tela, che è il significato generico di othòne, anziché tovaglia, che ne specifica un solo uso, in modo abbastanza ridicolo. Da bambina – poiché la mia familiarità con la Bibbia è molto antica – arrivata a questo punto immaginavo una enorme tovaglia bianca con le sue quattro cocche annodate, calata dal cielo con un carico di giraffe, leoni, animali esotici di ogni tipo… le giraffe non mancavano mai nella mia fantasia.
Fatto sta che a Pietro vengono offerti in cibo alimenti proibiti dalla legge, cosa cui si ribella. Avete fatto caso? È tipico di Pietro ribellarsi quando non capisce qualcosa: all’annuncio della Passione, alla lavanda dei piedi…
E adesso deve accettare un’altra novità che gli ripugna: l’abolizione dei confini tra ciò che è puro e ciò che è impuro. Ma Dio, nella sua azione creatrice richiamata dalla tripartizione degli animali, ha fatto tutto buono e puro.
«E la voce di nuovo a lui: Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano».
Questa scena simbolica si ripete tre volte, a rafforzare il suo valore. Questa tela che scende e sale tra cielo e terra collega il mondo celeste col mondo terreno, santificato ormai dall’Incarnazione, dalla Passione e dalla Resurrezione del Figlio di Dio. Le distanze tra cielo e terra sono state colmate, le barriere sono state abbattute. E non si tratta solo di cibi…