Tutta la predicazione profetica ha due grandi linee portanti: la fedeltà all’Unico Dio e la giustizia sociale. Abbiamo visto come Elia propugni l’Unicità di Dio e del suo culto, pagando a caro prezzo la sua fedeltà. L’altra linea della missione di Elia è la lotta contro l’ingiustizia sociale. Perciò, oltre alla condanna nei confronti del popolo che idolatrava Baal, Elia pronuncia la condanna di una monarchia indegna, che perverte la propria funzione allontanando il popolo dal vero Dio e praticando l’ingiustizia. In Israele la monarchia è ormai finita, in quanto non è più istituzione di salvezza per il popolo. La vigna di Nabot sarà la triste occasione per manifestarlo.
Elia ricompare infatti in un episodio isolato (1 Re 21) in cui rimprovera apertamente Achab per l’omicidio di Nabot e preannuncia la morte del re e della regina. La concezione cananea del diritto attribuiva ai sovrani poteri assoluti sui sudditi e sulle loro proprietà. Ad essa si contrappone la concezione israelitica, secondo cui il diritto, la proprietà e la vita dei singoli senza eccezione sono garantiti davanti a Dio, e i governanti ne sono i tutori. Di questa concezione, le tradizioni legislative e la predicazione profetica sono concordemente propugnatrici.
Una sofferenza ingiustamente inflitta dagli uomini
Achab vuole acquistare la vigna di Nabot per allargare il terreno circostante al suo palazzo in Izreel (questo nome, beneaugurante, significa Dio ha seminato). Nabot rifiuta per fedeltà al dono della terra che Dio ha fatto ai suoi padri: si presenta, quindi, come un uomo giusto che non si lascia corrompere neppure dalla prospettiva di guadagni.
Achab non è all’altezza neppure di soddisfare i suoi capricci: cade in depressione e si comporta come un bambino: faccia al muro, rifiuta il cibo. Il vero «uomo di casa» è la regina Gezabele (il nome potrebbe significare «Amante di Baal»), che incalza il suo sposo: «Tu ora saresti re di Israele?». Oppure: «Tu ora farai il re in Israele! Alzati, mangia pane, stai di buon animo, te la darò io la vigna di Nabot di Izreel!».
È lei che si adopera perché due falsi testimoni accusino Nabot di bestemmia e lesa maestà; dopo un processo farsesco Nabot è lapidato e Achab si può impadronire del tanto desiderato terreno. Non c’è dubbio che la sofferenza e l’ingiusta fine di Nabot siano da attribuirsi direttamente alle scelte perverse ed ai crimini di persone precise.
Il peccato sarà giudicato
Il duplice peccato di Achab (omicidio per interposta persona e appropriazione di un bene altrui) ricalca in tono quasi parodistico il duplice peccato di David: là era una donna, qui una vigna, ma la dinamica è la stessa, la sopraffazione del povero cui viene strappato l’unico bene insieme alla vita.
Tutti tacciono, ma non tace Elia che, come Natan con David, accusa Achab di aver oppresso e ucciso. Per questo la casa di Achab farà la fine di quella di Geroboamo, e Gezabele verrà divorata dai cani.
Achab non ha la grandezza morale di David, che una volta compresa la gravità del suo crimine se ne pente e chiede perdono. Achab, di fronte ad Elia, è solo infastidito di essere stato colto con le mani nel sacco. Si pente, perché si spaventa, solo quando Elia lo minaccia. La vera grandezza, anche se perversa, è quella di sua moglie Gezabele. Acab tuttavia si umilia davanti ad Elia, al che il Signore rettifica il proprio editto: la sciagura verrà non durante il regno di Acab, ma durante quello di suo figlio.
Nel frattempo, che cosa fa Dio di fronte all’iniquità commessa dai sovrani nei confronti del giusto? Sta solo a guardare? Certamente non interferisce nel libero arbitrio dell’uomo; non interviene ad impedire l’attuazione di scelte sbagliate ed inique. Permette che la zizzania cresca insieme al grano e che il grano ne soffra. Soltanto alla fine dei tempi, non ora, ognuno riceverà la sua mercede; questo si capirà solo due secoli prima di Cristo; ma al tempo di Elia, e di coloro che narrano la sua storia, questa prospettiva manca. La giustizia divina persegue i colpevoli, quindi ha a cuore la sorte degli innocenti, ma non si comprende come operi. Le sue vie sono misteriose.