Viaggio nella Bibbia. La tragedia di Jefte: punti di vista

La tragedia di Jefte
Jefte e la figlia. Di Charles Amédée Philippe van Loo (1719-1795) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=138971469

La tragedia di Jefte è sicuramente una tragedia auto procurata. Per Jefte, il mondo ruota intorno a lui, e tutto serve pur di accaparrarsi il successo. Le sue umili origini, il suo esasperato bisogno di costruirsi uno status eccellente hanno certamente inciso sul suo egocentrismo. E la tragedia della figlia?

La tragedia del voto dal punto di vista di Jefte

La reazione inorridita di Jefte quando si rende conto di aver fatto voto di sacrificare l’unica figlia serve a confermare quanto fosse in gioco per lui il successo della battaglia. Non sembra particolarmente preoccupato per il possibile destino di sua figlia. La ripetizione enfatica del verbo כרע, “inchinarsi”, prostrarsi, “piegare il ginocchio”, l’accusa “mi hai sicuramente fatto cadere”, mostrano che sono le sue stesse speranze ad essere state deluse, e forse questo riecheggia il suo desiderio di diventare un capo eminente del popolo, ראש, perché adesso il suo capo è letteralmente chino.

Jefte infatti getta la colpa sulla figlia, descrivendola come la sua “problematica” o “disturbatrice” (עכרי). Sua sarebbe la colpa della rovina del padre! Il testo l’aveva presentata come l’unica figlia di Jefte, “a parte lei non aveva né un figlio né una figlia” (Giudici 11,34). Perderla avrebbe significato la fine di qualsiasi linea dinastica che Jefte avrebbe potuto avere.

In fondo, Jefte era un parvenu. Nato da una donna al di fuori del contesto familiare, ora non sarebbe stato più in grado di trasmettere a un’altra generazione lo status prestigioso che si era costruito. Le sue origini problematiche rendono cruciale per lui il ripristino del suo status nella società. L’effetto del suo voto lo avrebbe derubato del suo futuro. Jefte è una figura tragica, chiusa nel suo egoismo.

La tragedia del voto dal punto di vista della figlia di Jefte

Fosse destinata al sacrificio, o, come sostengono alcuni, alla consacrazione totale a Dio nella forma della verginità perpetua, accettando una vita di reclusione e la privazione della possibilità di avere figli, la figlia di Jefte è chiaramente turbata dal fatto di dover rinunciare al suo futuro di madre.

Tuttavia, la sua storia è a doppio taglio. Piange per due mesi, così come fanno le sue amiche con lei, e poi tutte le donne di Israele per quattro giorni ogni anno. Eppure, la sua figura non è solo tragica, è eroica. La fama che suo padre avrebbe voluto conseguire spetta a lei.

Alcuni critici, che ne sostengono non l’uccisione ma la consacrazione perenne al Signore, ne suggeriscono un valore aggiunto. La figlia di Jefte sarebbe il simbolo di quello che potrebbe essere stato un esperimento unico nella spiritualità femminile, “appartenente al Signore”, come espresso nelle parole iniziali del voto di Jefte (vedere sul sito www.thetorah.com). Forse questa forma eccezionale di xonsacrazione dovrebbe essere intesa come una variante estrema della tradizione del nazireo: vedere Numeri 6,1-21, norma secondo cui un uomo o una donna possono fare voto di astinenza per un periodo limitato.

Inoltre, quando suo padre sembra indeciso se rispettare o meno il voto, è lei che si assume la responsabilità della sua fede e lo spinge a fare ciò che ha giurato. In quanto tale, non è solo una donna da compatire, ma anche da ammirare.

Una sofferenza voluta… ma non offerta

Protagonista del libro dei Giudici è un’umanità che cade nel turbine delle più sciagurate passioni. E non siamo ancora arrivati al culmine con Jefte, ci sarà ben di peggio.

Certamente, i racconti dei Giudici conservano più un valore simbolico che storico, volendo ammonire che non si debba scendere a compromessi con l’idolatria. La vicenda di Jefte in questo senso è esemplare. Non si può mescolare la fiducia in Dio con la pretesa di uno scambio alla pari; pena la perdita di ciò che è più caro, e in definitiva di se stesso, perché Jefte perdendo la figlia perde anche la sua speranza di una discendenza.