Lettura continua della Bibbia. La strage degli Innocenti

Erode il grande nell’interpretazione di Peter Ustinov. Fonte immagine: https://m.facebook.com/fondazionefrancozeffirelli/posts/849934992008647/

La conclusione del Vangelo dell’Infanzia di Matteo è tragica. Erode, nel timore che un nuovo re sorga a scalzarlo, ordina quella che chiamiamo la strage degli Innocenti. La persecuzione porta la Sacra Famiglia in Egitto; il rischio che i successori di Erode la riprendano induce Giuseppe a prendere dimora nell’insignificante villaggio di Nazareth. Con questo iniziano gli anni nascosti di Gesù, su cui Matteo non fornisce alcun dato.

Il primo articolo della serie QUI.

La strage degli Innocenti

Matteo 2,16-18

16 Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. 17 Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:

18 Un grido è stato udito in Rama,

un pianto e un lamento grande;

Rachele piange i suoi figli

e non vuole essere consolata,

perché non sono più.

L’eccidio

I Magi, anch’essi avvertiti in sogno, hanno ingannato l’ingannatore, il re Erode che protestava di volersi prostrare davanti al Bambino e meditava invece di eliminarlo come rivale. La sua sagacia nel male è ripagata con altrettanta sagacia nel bene: i Magi l’hanno giocato (verbo em-pàizo, da pais / fanciullo, prendersi gioco) come un bambino, lui, il Grande, e contro i bambini (amara ironia) Erode il Grande si scaglia per cautelarsi. Pur di uccidere il supposto antagonista, Erode ordina una strage.

Nessuno storico profano ha registrato questo episodio che suscita per noi tanto scalpore; eppure – già basterebbe pensare questo – una strage degli innocenti ci è contemporanea: ogni secondo che passa, un bambino nel mondo muore di fame; nel tempo che avete impiegato a leggere per intero questa frase, ne sono morti quindici. Nell’antichità, poi, quando la vita umana valeva tanto poco, poteva avere solo scarsa rilevanza la morte di qualche decina di bambini in un oscuro villaggio di un’oscura provincia dell’impero… non registrata, dunque, ma perfettamente in linea con lo stile di Erode il Grande, sempre pronto ad eliminare spietatamente qualunque persona sospettasse di volerglisi sostituire al potere, tanto che per questo motivo fece uccidere persino la moglie più amata, Mariamne, e tre suoi figli, uno dei quali cinque giorni prima di morire lui stesso.

Il contesto storico

Le stragi gli erano familiari, tanto che, per essere sicuro che alla sua morte Israele piangesse, fece raccogliere nell’ippodromo i capi delle principali famiglie ebree di tutto il paese e ordinò che alla notizia della sua morte fossero sterminati, in modo da assicurarsi il lutto, se non per sé, almeno per gli uccisi. L’ordine, per intervento della sorella di Erode, Salome, e di suo marito Alessa, non fu eseguito.

Per questo suo vizio, l’imperatore Augusto coniò una battuta, “meglio essere il maiale [hys] di Erode che il figlio [hyiòs]”, ironizzando sul fatto che Erode seguendo le leggi ebraiche non si permetteva di uccidere il maiale, ma non si faceva scrupolo invece di uccidere i propri figli.

Misteriosamente, l’eccidio degli innocenti appare legato ad un disegno di salvezza per gli altri. La crudeltà insensata di Erode entra nel gioco della storia e può vincere una battaglia ma non potrà vincere la guerra: il perdente, in definitiva, non sono i piccoli uccisi ma il re che passa alla storia con un marchio di infamia.

L’oracolo

Matteo evoca qui l’antica Rachele che nella profezia di Ger 31,15, dalla sua tomba presso Betlemme, piange i suoi figli sulla strada dell’esilio.

«Un grido è stato udito in Rama,

un pianto e un lamento grande;

Rachele piange i suoi figli

e non vuole essere consolata,

perché non sono più.

Dice il Signore:
Trattieni la voce dal pianto,
i tuoi occhi dal versare lacrime,
perché c’è un compenso per le tue pene;
essi torneranno dal paese nemico.
C’è una speranza per la tua discendenza:

i tuoi figli ritorneranno entro i loro confini”» (Ger 31,16-17).

La profezia di Geremia è di speranza, ma in Matteo non è presente la consolazione: solo la morte del Cristo, dell’Innocente per antonomasia, prefigurata dalla morte di questi innocenti, porterà consolazione al mondo. Il muto martirio di questi infanti è la prima testimonianza del Martire per eccellenza, Gesù Signore.

Anche questo mi fa pensare: perché Matteo, se ha inventato l’episodio per inserirlo nella serie delle citazioni bibliche, perché ha colto solo l’aspetto drammatico del pianto della matriarca e non quello della consolazione? Infatti, la citazione appartiene al cosiddetto Libro della Consolazione di Geremia…

Tutto avviene in un pianto silenzioso, così come nel silenzio dei grandi della terra i piccoli del Terzo Mondo muoiono per malnutrizione, così come in silenzio i martiri di Cristo sono ancor oggi uccisi nelle terre dilaniate dall’odio, e le guerre fanno le loro vittime. Ma anche il Silenzio può essere Parola, e persino grido.

Nazareth: l’uomo del sì silenzioso

Modesto Faustini, Bottega di san Giuseppe falegname, 1886 – 1890.Di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=58223341

Matteo 2,19-23

19 Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20 e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino». 21 Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d’Israele. 22 Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea 23 e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazareth, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

Il ritorno

Con la morte di Erode cessa il pericolo imminente, ma rimane un pericolo strisciante, sordo, costituito dai suoi successori: il dispotico e brutale figlio Archelao in Giudea, tanto crudele che persino l’imperatore Augusto giunse a rimuoverlo, e nel 6 d.C. lo esiliò in Gallia; Antipa, anch’egli violento e tirannico ma indolente, etnarca di Galilea e Perea (anche lui finì esiliato in Gallia, nel 39 d.C.); mite e generoso fu invece il più marginale Filippo, cui andò la regione a nord est del lago di Tiberiade, Gaulanitide e Traconitide.

L’angelo in sogno avverte Giuseppe: “sono morti quanti cercavano la vita del bambino” (2,20). Questo plurale (visto che qui si tratterebbe di un solo uomo, Erode) riecheggia la vicenda di Mosè: “Va’, torna in Egitto, perché sono morti quanti cercavano la tua vita” (Es 4,19). La famiglia di Giuseppe ripercorre all’inverso i passi della famiglia di Mosè. Notiamo che Giuseppe non dice mai una parola, è l’uomo del sì silenzioso: ascolta, quindi obbedisce (obbedire, obaudire contiene in sé, prima di tutto, l’ascoltare). Ascoltando la voce dell’angelo, prende con sé Maria sua sposa e il bambino che ne è generato, porta la famiglia in Egitto, la riconduce in terra di Israele, non in Giudea però dove regna il crudele Archelao erede in tutto di suo padre Erode tranne che della grandezza politica, ma nella più marginale Galilea, nella cittadina di Nazareth: qui crescerà Gesù.

Nazareth

Anche Nazareth è avvolta nel silenzio. Il fatto che Nazareth non sia mai menzionata nell’Antico Testamento e neppure nel Talmud ha suggerito a critici troppo “critici” la strampalata ipotesi che una cittadina di questo nome non sia esistita anticamente e che sia stata inventata dai cristiani per giustificare l’appellativo dato a Gesù. Ma perché inventare un luogo di nessuna importanza come centro di crescita del Salvatore? “Da Nazareth non può uscire niente di buono”, si diceva infatti. I ritrovamenti archeologici dimostrano che il luogo è stato abitato fin dall’età del bronzo e che nel periodo romano Nazareth era un insediamento ebraico.

Sarà chiamato Nazareno

Il mistero, invece, è rappresentato dalla profezia addotta secondo il suo solito da Matteo come adempiuto dall’evento: Gesù viene chiamato Nazareno, nazoraios in Matteo come in Giovanni (mentre Marco e Luca usano di preferenza nazarenos), ma nessuna profezia lega il Messia, esplicitamente o implicitamente, alla cittadina di Nazareth. Evidentemente i lettori diretti di Matteo erano capaci più di noi di comprendere il riferimento. Oggi si propongono queste soluzioni:

  • nazur (Is 49,6): preservato, superstite
  • nezer (Is 11,1 e molti altri passi profetici): germoglio
  • nazir (Gdc 13,5.7), in greco naziraios / nazireo (consacrato), per alcuni il più probabile per l’assonanza con nazoraios.

Probabilmente si tratta di una combinazione di tutti questi temi in cui la tradizione di Matteo ha voluto ravvisare una prefigurazione della provenienza nazaretana di Gesù.

Tutto lo strapotere di questo mondo non potrà prevalere sulla volontà divina. Il Nazareno, questo fragile germoglio, sarà la chiave di volta del progetto salvifico di Dio.

Il silenzio di Giuseppe avvolge anche il Figlio di Dio: della vita di Nazareth nulla sappiamo.

Poi troveremo direttamente il Battista come Precursore e Gesù che gli dichiara di voler adempiere ogni giustizia, cioè la volontà di Dio rivelata nella Scrittura – tipico tema matteano – mente la voce del padre lo proclama Figlio diletto, e tale si manifesterà Gesù stesso nelle tentazioni messianiche cui risponderà sempre con parole della Scrittura… adempiendo cioè quanto era stato promesso nella sua nascita.