
Sentite quanto si dà da fare la Sapienza nel libro dei Proverbi al capitolo 8:
Proverbi 8 1 La Sapienza forse non chiama
e la prudenza non fa udir la voce?
2 In cima alle alture, lungo la via,
nei crocicchi delle strade essa si è posta,
3 presso le porte, all’ingresso della città,
sulle soglie degli usci essa esclama:
4 «A voi, uomini, io mi rivolgo,
ai figli dell’uomo è diretta la mia voce.
5 Imparate, inesperti, la prudenza
e voi, stolti, fatevi assennati…».
La Sapienza in Proverbi 8: la Sapienza insegna agli uomini
Le porte all’ingresso della città erano i luoghi pubblici dove tutti si incontravano, trattavano affari, discutevano le cause. La Sapienza, rappresentata come una figura femminile, si pone in un luogo pubblico e insegna agli uomini! È, in quella cultura patriarcale, un’immagine azzardata. Nella cultura antica, in particolare nel mondo biblico, la Sapienza come virtù pratica era appannaggio di tutti e soprattutto delle donne di casa, delle madri di famiglia che dovevano essere sagge amministratrici della vita familiare. Ma come virtù di riflessione era prerogativa degli uomini, dei sapienti, e i sapienti erano maschi; e invece la Sapienza è femmina.
Questa figura femminile che insegna agli uomini è già dirompente, ma andando indietro nel tempo, alle origini del creato, troviamo una immagine anche più forte: la Sapienza di Dio ha presieduto alla creazione.
La Sapienza in Proverbi 8: la Sapienza di Dio nella creazione
Nei Libri Sapienziali, con l’ovvia esclusione del Qoheleth, la Sapienza di Dio presiede alla creazione. Prima però devo commentare un errore di traduzione.
In Proverbi 8,22 c’è una traduzione che non va bene:
«Il Signore mi ha creato [sic!] all’inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, fin d’allora.
Dall’eternità sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della terra, quando non esistevano gli abissi Io fui generata; quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua…».
Quando Dio creava il mondo, la Sapienza era lì. Ma il primo verbo non è non è tradotto bene perché segue la traduzione greca, invece il verbo ebraico non è bara’ che significa creare, è qanah che significa produrre, acquistare, avere, possedere, costituire. Si può tradurre in molti modi tranne che col verbo creare! È nel greco che i traduttori, con la loro mentalità filosofica, hanno messo il verbo ktízo che significa proprio creare dal nulla, ma il senso ebraico è piuttosto quello che viene espresso dopo: io fui generata…
La Sapienza di Dio è creata o generata?
Capite che diverso è essere creati ed essere generati: si genera un essere della nostra natura, si crea una cosa diversa da noi.
Nell’Antico Testamento confluiscono, e hanno praticamente le stesse caratteristiche, la Parola e la Sapienza; forse entrambe accentuano l’aspetto del Logos mentre lo Spirito accentua maggiormente la forza sul campo; ma gli effetti poi sono gli stessi, cioè la realizzazione della Volontà divina, anche se nel caso della Sapienza si arriva addirittura alla personificazione degli attributi divini.
È nel Cristo che invece avviene la rivelazione di una realtà divina una come natura ma differenziata come persone, stessa natura specificata nelle persone.
Alla base sta l’idea che la Realtà divina è così traboccante, così piena, e questo lo dicono benissimo anche le «Lettere di Berlicche» in modo ironico, che non s’accontenta di essere una pura unità matematica: no, pretende di essere una Trinità in modo da riversare meglio, come in una danza circolare, questo amore. È, la sua, la comunicazione di una ricchezza così grande che non si accontenta della ristrettezza o monoliticità di una persona sola; non solo, ma poi esonda nel creato.
Finché siamo sul terreno puramente biblico è un conto; quando si va sul terreno dogmatico specialmente in questo ambito il discorso si complica, ma a volte è solo una questione di linguaggio che magari con le migliori intenzioni dall’ortodossia porta all’eresia. I primi «eretici» magari non volevano essere eretici, volevano solo spiegarsi meglio la dottrina cristologica e trinitaria. È anche potuto accadere che delle espressioni che erano state condannate in un certo momento siano state recuperate in seguito perché si è precisato meglio quello che volevano dire.
Cosa c’entra Italo Calvino?
Cosa c’entra Italo Calvino? Niente. Ma questo proposito mi viene sempre in mente Il visconte dimezzato che fa parte della Trilogia degli antenati. È un bellissimo racconto fantastico e non vi sto a dire la trama principale. È ambientato in un qualche paese della Liguria e il protagonista è un bambino che assiste ai fatti. In una valle vicina ci sono gli ugonotti: fuoriusciti dalla Francia perché perseguitati, si erano rifugiati lì dove venivano lasciati tranquilli. Era un gruppo familiare che faceva parte per se stesso e non aveva contatti con gli altri, nemmeno con la madrepatria. In tale isolamento, avevano un tale terrore di dire delle eresie secondo la propria fede che non solo non ne parlavano affatto, ma finivano anche per pregare senza nemmeno più pronunciare le parole: per paura di dire una parola sbagliata, eretica, si limitavano a borbottare anche quando pregavano. A volte, come loro, siamo su una lama di rasoio…
L’arianesimo
Dico questo perché ci si fece d’oro Ario, che era il campione della guerra contro la divinità di Cristo. Ci si fece d’0ro con questo versetto perché lui leggeva nel greco dei Settanta, quindi leggeva che la Sapienza era stata creata. Allora, se era stata creata, era solo una creatura, anche se la più grande e la prima di tutte le creature! E invece il testo ebraico non dice questo. Anche se lo dicesse, poi, non è questo il problema, perché l’Antico Testamento non contiene la forma ultima e definitiva della Rivelazione, ma ne è la fondamentale e indispensabile premessa.
L’Inno (Proverbi 8,22-31)
22 Il Signore mi ha posseduto all’inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, fin d’allora.
23 Dall’eternità sono stata costituita,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
24 Quando non esistevano gli abissi, io fui generata;
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;
25 prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io sono stata generata.
26 Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi,
né le prime zolle del mondo;
27 quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull’abisso;
28 quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso;
29 quando stabiliva al mare i suoi limiti,
sicché le acque non ne oltrepassassero la spiaggia;
quando disponeva le fondamenta della terra,
30 allora io ero con lui come architetto
ed ero la sua delizia ogni giorno,
dilettandomi davanti a lui in ogni istante;
31 dilettandomi sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo.
La Sapienza di Dio in Proverbi 8: alcune considerazioni
Preferisco lasciare l’Inno alla sua bellezza, senza farne un commento puntuale. Mi limito ad una considerazione: l’atmosfera di gioia che ne promana. L’azione creatrice esprime di per sé amore e gioia per questo creato cui la Sapienza presiede con tanta cura, ma questo senso giunge al culmine nei versetti finali, quando nell’Inno per tre volte compaiono verbi come dilettarsi, giocare, deliziarsi… in un contesto di intimità e di compiacimento che forse abbiamo dimenticato per troppo tempo.