Viaggio nella Bibbia. La saga dei patriarchi: la cornice storica

Di Jozsef Molnar (1850) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2684048

Dopo una minuziosa lettura di Genesi 1-11, dedicata ad una comprensione meno superficiale dei racconti delle Origini, ci accingiamo ad accostarci alla seconda parte del libro della Genesi, quella occupata dalla saga dei Patriarchi (Genesi 12-50). Entriamo nel vivo della storia della salvezza con la vocazione di Abramo: Esci dalla tua terra… (12,1).

Genesi 12-50: la saga dei patriarchi. La cornice storica

Non si parla tanto di storia da manuale quanto di cicli narrativi o racconti, imperniati su figure di antenati che rimangono sconosciuti alla storia profana. Quanto è riconoscibile di storico, confermato cioè dalla storia profana, è la cornice, perfettamente rispondente ai costumi dell’epoca.

Si tratta di seminomadi che vivevano fra il deserto e le terre coltivate, fra il XIX e il XIV secolo a.C. erano aramei, del ceppo amorreo.

L’organizzazione sociale era di tipo patriarcale, con particolare importanza attribuita alla solidarietà all’interno del clan, al dovere dell’ospitalità, al diritto di primogenitura.

La vita religiosa

I luoghi di culto erano costituiti da altari, costituiti da semplici pietre piatte (Gn 12,7 s.; 22,9; 26,25; 33,20). Non si conosce presso i patriarchi alcun atto religioso riguardante gli alberi, come avveniva invece nella religione cananea; ma spesso le rivelazioni divine sono avvenute presso alberi, come la quercia di Mamre per Abramo (Gn 13,18); forse perché in un paese così brullo un albero maestoso doveva sembrare segno di una misteriosa forza benefica.

Altro segno che si trova nei luoghi di culto patriarcali è la stele (mazzebah), eretta a commemorare una teofania o un defunto o la stipulazione di un patto. Sia nel caso degli alberi sacri, sia nel caso delle mazzeboth, i profeti si scaglieranno contro il loro culto in quanto culto eclettico, ma Genesi non ha una parola di biasimo. Del resto, i patriarchi non venerano questi oggetti, ma Dio che si manifesta in tali luoghi, e perciò essi non rappresentano niente di idolatrico.

Secondo lo Jahvista, i patriarchi offrono olocausti (come il sacrificio di Isacco: ‘olah) e sacrifici di comunione (che si concludono con la consumazione della vittima in un banchetto sacro, come fa Giacobbe per Labano). La tradizione P, poco interessata alla saga dei patriarchi, non menziona mai i sacrifici, che secondo questa corrente saranno istituiti da Mosè al Sinai. Manca del tutto, in Genesi, una casta sacerdotale: è il patriarca ad assolvere a tutti i compiti necessari alla propria famiglia.

Nella storia patriarcale la Divinità cui è orientata la vita religiosa porta lo stesso nome dei semiti occidentali, ’El (che si trova in testi accadici, arabi pre-islamici, aramaici, fenici). Spesso questo nome è accompagnato da qualche attributo:

  • ’El Shadday = Dio Onnipotente, o Dio delle Montagne (Gn 17,1; 28,3)
  • ’El ‘Elyon = Dio che sta in alto (Gn 14,22)
  • ’El ‘Olam = Dio Eterno (Gn 21,33)
  • ’El Ro’y = Dio che vede (Gn 16,13)
  • ’El-Qannah = Dio Geloso (Es 20,5).

La situazione del testo di Genesi 12-50