
Alla base di ogni legge in Israele sta la sacralità della vita umana: di ogni vita, anche del debole, dello straniero, del nemico. Il rigore della pena di morte potrebbe sembrare in contrasto con la sacralità della vita umana, ma si basa su un principio che invece la conferma…
La sacralità della vita umana: c’è omicidio e omicidio…
Esodo 2112 Colui che colpisce un uomo causandone la morte, sarà messo a morte. 13Però per colui che non ha teso insidia, ma che Dio gli ha fatto incontrare, io ti fisserò un luogo dove potrà rifugiarsi. 14Ma, quando un uomo attenta al suo prossimo per ucciderlo con inganno, allora lo strapperai anche dal mio altare, perché sia messo a morte.
15 Colui che percuote suo padre o sua madre sarà messo a morte. 16 Colui che rapisce un uomo e lo vende, se lo si trova ancora in mano a lui, sarà messo a morte. 17 Colui che maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte.
Omicidio volontario, preterintenzionale e colposo
È notevole, in una legislazione dell’antichità, trovare la netta distinzione fra omicidio volontario, commesso con premeditazione, e omicidio preterintenzionale e colposo, cioè dovuto ad uno scatto d’ira non voluto oppure ad un incidente.
Nella società più arcaica, l’amministrazione della giustizia mediante il giudizio e la messa in atto della sanzione spettava al capofamiglia, in assistenza di un sistema pubblico di giudici e tribunali. L’esecuzione della condanna era compito del Go’el, che è originariamente il Vendicatore del sangue, ma che passa presto ad indicare il parente più prossimo che ha il diritto-dovere di riscattare la vita del familiare caduto in schiavitù o prigionia. Il Go’el doveva perseguire il reo fino a punirlo con la morte, ma per gli omicidi commessi senza intenzione saranno fissate delle Città di rifugio dove usufruire del diritto di asilo: al loro interno il Go’el non poteva entrare. Questo solo per gli omicidi involontari; perché se l’omicidio era stato intenzionale non c’era diritto di asilo che tenesse, e l’omicida doveva essere strappato anche dall’altare di Dio.
Nella stessa logica, se un padrone di casa uccide un ladro mentre questi di notte si introduce nella sua dimora per svaligiarla, non vi sarà vendetta, perché si è trattato di legittima difesa. Ma se il sole si era già alzato quando avviene l’incursione ladresca, il proprietario dovrà pagare per l’uccisione: perché avrebbe potuto gridare e dare l’allarme, e i vicini sarebbero accorsi in suo aiuto (22,1-2).
La sacralità della vita umana e la dignità della persona
L’’analisi del testo dimostra che in due casi di violenza fisica con esito letale (Es 21,12 e 21,22ss.) la disposizione anteriore è stata soppressa e sostituita con la pena più severa, mediante un passaggio stilistico alla forma apodittico – personale. Una disposizione più blanda, che forse determinava un risarcimento (Numeri 35,31), è stata radicalmente corretta secondo lo spirito della fede jahvistica, comportante la sacralità della vita umana e la sua appartenenza a Jhwh, per cui non poteva essere oggetto di trattative fra le parti in causa.
Tra l’altro, le pene del Codice di Hammurabi sono graduate in base alla posizione sociale, mentre il Codice dell’alleanza nasce dal principio dell’uguaglianza giuridica di tutti di fronte alla legge e dall’idea della solidarietà umana. Anche questo carattere più umanitario è effetto di un maggiore spirito religioso.
Molto forte è l’obbligo di tutelare il debole e di rispettare il diritto del prossimo, addirittura del nemico. Si insiste pure sul rispetto del Ger / straniero, lo straniero che convive con il popolo di Israele e ne condivide la vita semplice e povera. I Gerim sono tutelati dal Codice dell’alleanza, perché Israele deve ricordare di essere stato lui pure straniero in Egitto. Anche le vedove e gli orfani sono il ripo dell’indigente che non ha sostegno né reddito sicuro. Non solo la vita, ma la vita dignitosa dell’uomo è tutelata: il suo minimo vitale, il suo buon nome, persino la carità verso il nemico.