L’Ufficio delle Letture, che pochi laici conoscono, a totale beneficio delle Lodi e dei Vespri, ha la caratteristica di offrire, oltre ai testi biblici, un tesoro di commenti e riflessioni che vengono dai Padri della Chiesa ma anche dai Santi e dai documenti magisteriali. Voglio, così, proporvi un piccolo commento di Sant’Efrem Siro in relazione a questo: la ricchezza inesauribile della Parola.
Dai «Commenti sul Diatessaron» di sant’Efrem
(1, 18-19; SC 121, 52-53)
Chi è capace di comprendere, Signore, tutta la ricchezza di una sola delle tue parole? È molto più ciò che ci sfugge di quanto riusciamo a comprendere. Siamo proprio come gli assetati che bevono ad una fonte. La tua parola offre molti aspetti diversi, come numerose sono le prospettive di coloro che la studiano. Il Signore ha colorato la sua parola di bellezze svariate, perché coloro che la scrutano possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella sua parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una ricchezza in ciò che contempla.
La sua parola è un albero di vita che, da ogni parte, ti porge dei frutti benedetti. Essa è come quella roccia aperta nel deserto, che divenne per ogni uomo, da ogni parte, una bevanda spirituale. Essi mangiarono, dice l’Apostolo, un cibo spirituale e bevvero una bevanda spirituale (cfr. 1 Cor 10, 2).
Colui al quale tocca una di queste ricchezze non creda che non vi sia altro nella parola di Dio oltre ciò che egli ha trovato. Si renda conto piuttosto che egli non è stato capace di scoprirvi se non una sola cosa fra molte altre. Dopo essersi arricchito della parola, non creda che questa venga da ciò impoverita. Incapace di esaurirne la ricchezza, renda grazie per la immensità di essa.
Rallègrati perché sei stato saziato, ma non rattristarti per il fatto che la ricchezza della parola ti superi. Colui che ha sete è lieto di bere, ma non si rattrista perché non riesce a prosciugare la fonte. È meglio che la fonte soddisfi la tua sete, piuttosto che la sete esaurisca la fonte. Se la tua sete è spenta senza che la fonte sia inaridita, potrai bervi di nuovo ogni volta che ne avrai bisogno. Se invece saziandoti seccassi la sorgente, la tua vittoria sarebbe la tua sciagura.
Ringrazia per quanto hai ricevuto e non mormorare per ciò che resta inutilizzato. Quello che hai preso o portato via è cosa tua, ma quello che resta è ancora tua eredità. Ciò che non hai potuto ricevere subito a causa della tua debolezza, ricevilo in altri momenti con la tua perseveranza. Non avere l’impudenza di voler prendere in un sol colpo ciò che non può essere prelevato se non a più riprese, e non allontanarti da ciò che potresti ricevere solo un po’ alla volta.
Qualche riflessione
Credo che il nostro comune cammino all’interno della Parola e con la Parola possa essere incoraggiato da queste riflessioni di Sant’Efrem. I rabbini, a loro modo, dicevano: «Ogni parola della Torah ha settanta significati diversi». Questo detto non va preso alla lettera, il significato è simbolico: vuol dire che nella Parola di Dio c’è una tale ricchezza di sensi che ognuno vi trova quello che in un determinato momento della vita è il più importante per lui. Infatti settanta, per i rabbini, sono i popoli del mondo, quindi la totalità degli uomini.
Attenzione, però: nessuno di questi significati personali può contraddire il significato originario del testo. Il testo biblico ha un senso originario, autentico, che va cercato, studiato e scoperto con amore, e che rimane quello fondamentale; gli altri sono doni particolari per ciascuno ma non possono essere veri se sono in contraddizione con quello.
Un esempio
Faccio un esempio. È noto che Gesù pone il bambino come modello del discepolato dei credenti. Ma in che senso il bambino è un modello per il discepolo?
- Modello di obbedienza? No davvero, i bambini non sono obbedienti.
- Di purezza? Macché, la purezza dei bambini è solo un mito.
- Modello di mansuetudine? Ma non sapete che i bambini sono capricciosi?
- … e così via.
Molte risposte che si possono dare sono proprio sbagliate. Poi ve ne sono altre che sono plausibili e anche significative: una volta, qualcuno disse che i bambini sono modelli di instancabilità. Certo, questa è una buona risposta, coglie un aspetto della vitalità del bambino che spesso ci sfugge e da cui magari potremmo inparare. Ma non è certamente questo il motivo per cui Gesù ci propone il bambino come modello del discepolo.
Il motivo è un altro, ed è innegabile: il bambino sa di non essere autonomo. Sa di dipendere per forza da qualcuno, i genitori, gli educatori, qualcuno in cui pone tutta la sua fiducia. È minorenne, anzi «minore». È quel modello di abbandono a Chi è più grande di lui che rappresenta lo spirito filiale del Padre Nostro. Un modello di minorità che ad esempio San Francesco ha colto ed attuato molto bene.
Una volta compreso questo significato fondamentale, cerchiamo pure in questa Parola una nostra ricchezza personale e comunitaria. Ma nel far questo non possiamo e non dobbiamo ignorare quello.