Viaggio nella Bibbia. La responsabilità di David

La responsabilità di David
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Se David si vede punito, è perché ha il senso della propria responsabilità nella scelta: è lui che ha scelto di far effettuare il censimento. La responsabilità dunque è di David e se la assume interamente. Ma il testo attribuisce l’incitamento a Dio in persona…

Secondo la mentalità biblica più arcaica, ogni atto viene fatto risalire direttamente a Dio, saltando le cause intermedie che lo hanno posto in essere. Ricordate la celebre espressione «Il Signore indurì il cuore del faraone…» che significa, nel nostro linguaggio più preciso da un punto di vista concettuale, «Il Signore permise che il cuore del faraone si indurisse…». Dietro ogni nostro atto c’è una volontà di permissione del Signore, altrimenti niente sarebbe fatto e niente esisterebbe, se Dio non lo volesse // permettesse.

Quindi, Dio permette che David ordini di fare il censimento, ed è questi che se ne assume tutta la responsabilità. Perché non vi siano equivoci, il passo parallelo del Primo libro delle Cronache (21,1) attribuisce ad un nemico (un satana) l’azione di istigare David a fare il censimento. Piuttosto che presentare un Dio che prima chiede una cosa e poi la contraddice, il Cronista preferisce sdoppiare il personaggio: uno è il nemico che istiga al male, altro è Dio che giudica la responsabilità umana.

Siamo semplicemente di fronte ad un tipo di linguaggio, e non davanti ad una specie di schizofrenia che fa chiedere una cosa e il suo contrario. Il fatto assodato è la responsabilità morale di David. Dio ha permesso l’istigazione e l’ha resa una prova da cui David avrebbe potuto uscire migliore. Invece David cade, ma sappiano già che c’è un «dietro le quinte»: qualcosa di buono nascerà anche da questo. Noi non lo sappiamo, ma Dio lo sa. Niente gli sfugge.

Il paradosso iniziale, quindi, si è risolto.

Le conseguenze del peccato

Con tutto ciò, ancora siamo davanti alla concezione della sofferenza come castigo del peccato? E non solo del colpevole (David), ma anche degli innocenti?

Il fatto è che il peccato ha sempre delle conseguenze. Non accade e finisce lì, ma accade e ha inevitabilmente degli effetti negativi pesanti, sulla persona e sulla società. Ha una potenzialità distruttiva di cui a volte ci si rende ben conto. E Dio non farebbe il nostro bene se lo passasse sotto silenzio. Ma non abbandona mai.

Nella storia di David, Dio manda il profeta Gad a parlargli. Gli annuncia il giudizio, ma anche la possibilità di riconciliazione. Davide riconosce di avere sbagliato (v.10 e 17). Il pentimento è la chiave della ripartenza. Questo è il senso dell’espressione secondo cui Dio «si pentì» (v. 16). Non è Dio che cambia idea, ma è l’uomo che comprende che la giustizia di Dio è accompagnata dalla misericordia. Il giudizio durerà tre giorni (v.13) e poi ci sarà il ritorno alla vita per il popolo. 

Tre giorni: c’ è un tempo per morire e un tempo per rivivere. Così sarà nella Pasqua di Gesù. Il luogo dove l’angelo ritira la sua mano sarà il luogo dove sorgerà il tempio e Israele avrà il perdono dei suoi peccati. Tra alti e bassi, la vicenda di David si conclude nel luogo del perdono (il resto, narrato all’inizio del Primo libro dei Re, è senescenza).