Quando nel 1217 l’Ordine francescano fu suddiviso in Province, la prima si chiamò Tusciae, ma comprendeva, oltre alla Toscana, anche il Ducato di Spoleto (Umbria) e il Ducato Romano (Lazio). La Provincia Toscana sta per nascere.
La Provincia Toscana (1230)
Nel 1230 questa primitiva vasta provincia fu divisa in tre: Tuscia propriamente detta, Provincia S. Francisci o Seraphica (Umbria), e Provincia Romana.
Avvenne così la fondazione di una Provincia Toscana ad opera del Ministro Generale Giovanni Parenti (1227-1232), toscano, la cui effigie si trova in uno dei medaglioni del corridoio S. Bonaventura nel dormitorio del convento.
Nella Provincia Toscana fiorirono presto gli studi (a Lucca, Siena, Pisa e Firenze), ma si sviluppò prestissimo anche una vocazione missionaria verso il mondo arabico prima e mongolico poi (toscani sono alcuni dei cinque protomartiri del Marocco e dei sette martiri di Ceuta) che sarà espressa con tutta evidenza dai tondi di Gerino.
La Provincia Tusciae, dal XIII secolo agli inizi del Cinquecento, comprendeva la Toscana, con l’esclusione però di S. Sepolcro (appartenente, allora, all’Umbria) e di Pitigliano (che faceva parte della Provincia Romana), e con l’aggiunta invece di La Spezia (che poi passerà alla Liguria) e di Città della Pieve (convento che sarà successivamente ceduto all’Umbria).
Alla fine del Trecento, la Provincia Tusciae comprendeva 50 insediamenti, principalmente nel nord della Toscana: la distribuzione dei conventi toscani sembrava infatti dimostrare una diffusione e concentrazione verso settentrione, seguendo la traiettoria della Cassia e della Francigena, e soprattutto un’attenzione dell’Ordine verso i centri urbani, a preferenza dei romitori. Caratteristiche di romitorio avevano solo La Verna, le Celle di Cortona, Bosco ai Frati e l’eremo del Colombaio.
L’Osservanza in Toscana
Anche in Toscana, a partire dal 1392, ai conventi dei frati “di comunità” o Conventuali si aggiungono i luoghi dei frati “de familia” o “de observantia”, gli Osservanti, inizialmente romitori destinati a non più di quattro o cinque religiosi. Fu l’azione apostolica voluta da S. Bernardino a segnare un vasto e rapido successo dell’Osservanza, sotto il pontificato di Martino V, grazie ad un programma pastorale capillare di predicazione, promozione delle associazioni laicali e costituzione di opere assistenziali; e influenzò anche il modo di concepire il convento. Infatti, a seguito della svolta apostolica promossa da S. Bernardino, gli insediamenti degli Osservanti si avvicinarono maggiormente agli abitati, soprattutto a borghi o paesi piuttosto che alle grandi città.
Nel Quattrocento solo S. Lorenzo a Bibbiena, e nei due secoli seguenti solo Ognissanti a Firenze e La Madonna a Livorno erano situati entro le mura, oltre alle sedi ricevute dai Conventuali.
In pratica, i complessi conventuali dell’Osservanza si potevano ripartire in tre categorie:
- edifici già appartenenti ai Conventuali, per lo più in disuso, o a carattere romitoriale, come appunto la Verna, o ad altri ordini religiosi, solitamente femminili, come il convento di Fiesole delle Agostiniane, il romitorio di Montorsaio, il convento di S. Croce delle Domenicane di Pisa, il convento di S. Cerbone delle Cistercensi di Lucca;
- conventi ricavati da dimore civili extraurbane donate all’Ordine, come S. Salvatore al Monte presso Firenze, e il Palco di Prato;
- conventi edificati dagli Osservanti su terreni donati, spesso in prossimità di santuari o cappelle.
L’architettura dell’Osservanza
L’architettura dell’Osservanza toscana è prevalentemente basata sull’adattamento e sul riutilizzo di fabbriche preesistenti: dei 68 conventi aperti in oltre due secoli (ma di questi, solo 46, nel 1672, continuavano ad appartenere all’Osservanza), quasi la metà erano donati o concessi da altri ordini religiosi o da benefattori, mentre è solo dalla fine del Quattrocento che si intensificano le costruzioni ex novo. Il tono generale degli edifici costruiti dagli Osservanti è modesto, rispetto alle fabbriche dei Conventuali; lo stile decorativo è arcaicizzante, adeguato alla tradizione locale, spesso realizzato con materiali di riuso.
I luoghi dell’Osservanza assunsero progressivamente il carattere di conventi veri e propri, in posizione eccentrica rispetto ai nuclei urbani, e con organizzazione in corpo architettonico unico articolato in tre spazi essenziali (coro, chiesa, dormitorio: manca la sala capitolare, le cui funzioni sono svolte nel refettorio), forniti di chiostri e dormitori, foresterie e refettori, infermerie, barberie, canove e dispense, officine, giardini, passando dalle prime humiles aediculae agli elegantia coenobia resi necessari dall’accrescimento numerico e dal ministero svolto presso ogni classe sociale da frati dotti che mettevano la loro dottrina a servizio dell’apostolato.
Il caso della Verna
Il caso della Verna, che negli anni immediatamente successivi alla morte di Francesco era venuta a rappresentare un luogo forte della sua memoria, l’unico in cui si conservasse il ricordo di un suo soggiorno prolungato e altamente significativo, fu del tutto particolare. Questo insediamento, nato come eremo a custodia della memoria delle Stimmate, con l’Osservanza divenne un grande convento, centro di servizio per la predicazione al popolo e meta di pellegrinaggi. Le vicende del passaggio della Verna agli Osservanti furono molto travagliate, ma una volta divenuti, nel 1431, i nuovi custodi della Verna, essi vi instaurarono subito un clima di maggiore spiritualità e nuove devozioni, soprattutto la pratica della processione quotidiana al luogo delle Stimmate, sul modello della processione al S. Sepolcro coniata dai confratelli di Terra Santa: pratica osservata fedelmente nei secoli fino a tutt’oggi.
Fonti di questo frammento di storia alvernina:
P. M. Bertagna, Frati Minori in Toscana in Frati Minori d’Italia a cura di P. L. Canonici, Città di Castello, Ed. Porziuncola, 1981, 42-72, pp. 43 s.).
A.M. Amonaci, Conventi toscani dell’Osservanza francescana, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale 1997
Gerino da Pistoia alla Verna. Un ciclo cinquecentesco di affreschi restituito alla luce, di Anna Giorgi, Maria Dell’Amico, J. Rogers Mariotti, Pazzini, 2007