Viaggio nella Bibbia: La preghiera di Anna

La preghiera di Anna
Anna davanti ad Eli. Di Malnazar– Miniaturista armeno (circa 1630). Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=22182592

Anna moglie di Elkanah, dunque, è una amareggiata donna sterile, della classica serie biblica di donne sterili cui Dio darà il dono della maternità. Ma c’è una differenza con le altre.

Il dramma della sterilità di Sara lo conosciamo dal punto di vista di Abramo, mentre Sara entra in scena solo per prendere l’iniziativa umana di tentare di suscitarsi una progenie attraverso la schiava Agar. Sarà Abramo a ricevere per primo la buona notizia della imminente maternità di Sara (Genesi 17,15–22). È Isacco a pregare per la moglie sterile Rebecca (Gen 25,21), e così via. Ma qui non è Elkanah a rivolgersi a Dio per sua moglie. In contrasto con lo sfogo inutile di Rachele verso Giacobbe, “Dammi dei figli, altrimenti morirò” (Gen 30,1), Anna non si limita a recriminare: agisce in prima persona.

La preghiera di Anna al santuario

Anna non coinvolge il marito nel suo tormento. Va al Santuario da sola (v. 9). Si appella direttamente a Dio e dopo le prime parole la sua diga interiore si rompe, fluendo in espressioni che tuttavia a causa della sua amarezza non trovano voce se non nel pianto. Ma è un pianto che è esso stesso preghiera. E quando le parole trovano la strada, seppur senza suono, Anna trova il coraggio di negoziare con Dio verbalizzando la sua richiesta.

L’appello di Anna a Dio è inizialmente espresso nel linguaggio di un voto sacro, introducendo la sua supplica con il condizionale “se”, e qualificandosi “serva” di Dio:

E fece questo voto: «O Signore degli eserciti, se considererai l’afflizione della tua serva e ti ricorderai di me e non dimenticherai la tua serva, e se concederai alla tua serva un figlio maschio, lo consacrerò al Signore per tutti i giorni della sua vita e nessun rasoio toccherà mai la sua testa…» (1 Samuele 1,11).

Si rivolge a Dio con tanta fede e forza da far pensare che Dio non abbia altra scelta che soddisfare la sua richiesta. La preghiera di Anna è audace; se la sua infertilità è imposta da Dio, come crede la sua cultura («Il Signore aveva chiuso il suo grembo», v. 5), allora l’orante si propone di cambiare il decreto di Dio. La sua lunga preghiera — «continuava a pregare davanti al Signore» (v. 12) — diviene l’espressione di un cuore che trabocca di emozioni, ma soprattutto di un’anima che ha trovato un modo per parlare con Dio liberamente e apertamente.

Le parole di Anna conquistano il sommo sacerdote Eli

La comunicazione di Anna con Dio è un’esperienza interiore; perciò, il suo discorso è silenzioso. Ma quando Eli il sacerdote la affronta, chiedendole «Fino a quando sarai ubriaca?» (v. 14), Anna dimostra di saper parlare anche ad alta voce con eloquenza appassionata:

E Anna rispose: «Oh no, mio ​​signore! Io sono una donna molto infelice. Non ho bevuto né vino né altra bevanda forte, ma ho aperto il mio cuore al Signore. Non prendere la tua serva per una donna da nulla; ho parlato tutto questo tempo solo per la mia grande angoscia e angoscia» (1 Samuele 1,15-16).

L’esperienza della preghiera ha sbloccato la lingua di Anna e lei può rispondere al duro rimprovero del sacerdote, mentre prima non era stata in grado di rispondere né alle parole gentili di Elkanah né alle provocazioni di Peninnah. Eli è così colpito dal suo modo di parlare che cambia l’impressione iniziale di lei come ubriaca e la rimanda via con una benedizione (v. 17). La benedizione di Eli non fa che confermare ciò che la preghiera di Anna ha ottenuto.

Dopo aver trasformato il sacerdote severo in un amico, Anna si riunisce alla famiglia per il pasto celebrativo e appare finalmente calma e non più turbata: «La donna se ne andò, mangiò e non si sentì più abbattuta» (1Samuele 1,18).

Dopo aver stretto un patto con Dio, Anna raggiunge una pace interiore che non aveva mai posseduto prima.