Lettura continua della Bibbia. La povertà della Natività (Lc 2,1-20)

La povertà della Natività
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A differenza del racconto di Matteo, il Vangelo dell’Infanzia di Luca è pieno di luce. Una luce che si diffonde in tutto il mondo: perché l’evangelista ha cura di ricordare il censimento di tutta la terra (un’ovvia iperbole in un tempo in cui l’impero romano sembrava riunire in sé tutto il mondo conosciuto), conferendo al viaggio dell’umile coppia di Nazareth uno sfondo universale. Che “tutta la terra” fossero semplicemente le colonie romane ha poca importanza: tutto il mondo sarà chiamato alla salvezza.

La povertà della Natività

Il mondo, apparentemente dominato dai romani, sta invece rispondendo alla volontà salvifica di Dio secondo cui il Messia doveva nascere a Betlemme, dove il figlio di Maria viene alla luce. Il quadro della Natività è quello di una grande povertà di mezzi umani: non c’è posto per l’umile coppia nel katalyma, sarà invece una mangiatoia ad accogliere il Figlio dell’Altissimo avvolto nelle fasce.

La locanda o caravanserraglio ospitava per la notte viaggiatori abbienti con i loro animali: ma non è in un ospizio per gli uomini che Gesù trova posto, è invece un ricovero per gli animali quello che lo accoglie. “Veniva al mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo… Venne fra la sua gente [in casa sua] ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,9.11).

L’asino e il bue… ci sono o non ci sono?

Asino e bue, tradizionali compagni di stalla del Bambino di Betlemme, non sono menzionati nei Vangeli canonici, neppure in Luca, ma sono plausibili presenze intorno al Bambino, immagine supportata dal richiamo di Is 1,2. Se il Bambino viene deposto in una mangiatoia, significa che si trova in una stalla dove ci sarà anche qualcuno che mangia, ed ecco il nostro bue; l’asinello era il normale compagno di viaggio della famiglia…

Nelle icone greche, la loro presenza si giustifica maggiormente, suggerita com’è dalla traduzione di Ab 3,2 “Ti manifesterai in mezzo a due animali” propria dei Settanta: una traduzione, a dire il vero, stranissima, di cui non si capisce l’origine. Ma tant’è: in qualche modo si è adempiuta…

La povertà della Natività annunciata ai poveri

In Luca, testimoni del Bambino sono gli ultimi fra gli uomini: il mestiere del pastore, considerato infimo fra tutti, era disprezzato dai maestri della legge come inadatto ad una perfetta osservanza delle prescrizioni rituali ed esposto a tentazioni di furto, e rendeva quindi inabili non solo a fungere da giudici, ma anche a testimoniare in tribunale perché la testimonianza di un pastore era considerata, per definizione, inattendibile.

Proprio ai pastori perciò è rivelata, affinché la testimonino per primi, la grande gioia della salvezza; ma c’è una vena di sofferenza in questa gioia. Il Bambino viene dalla madre avvolto in fasce e reclinato, nell’atteggiamento di un corpo preparato per la sepoltura: è già il preludio alla passione, quando il corpo di Gesù sarà avvolto in bende e deposto nella tomba, parallelismo colto nelle icone orientali che raffigurano il Bambino interamente bendato e deposto in un sarcofago, sullo sfondo dell’imboccatura della grotta, nera come la morte. La scena idilliaca volge in un dramma che ci dice tutta le tenerezza di un Padre che affida l’Unigenito, l’Increato alle deboli mani di una donna e lo consegna, così, alla sorte comune dell’umanità.